Dai poveri della Russia ai cittadini del nuovo mondo
di Antonio Stanca
Una breve raccolta di racconti, In quel cortile di Mosca, della settantenne scrittrice sovietica Ljudmila Ulickaja è stata recentemente pubblicata dalla casa editrice E/O di Roma nella serie Tascabili con la traduzione di Raffaella Belletti. La Ulickaja è nata nel 1943 a Davlekanovo, Bashkiria, nella regione degli Urali, in una famiglia di intellettuali, è cresciuta a Mosca dove ancora vive, qui ha studiato e si è laureata in Genetica presso la Moscow State University. Agli inizi ha lavorato in un Istituto di ricerca genetica ma nel 1970 è stata licenziata e arrestata perché accusata di diffondere libri di autori russi e stranieri non condivisi dalla censura che allora vigeva in Russia. In seguito visse di stenti poiché, morti i genitori e separatasi dal primo marito, era rimasta senza lavoro e con due figli piccoli. Nel 1980 fu assunta come direttrice artistica al Teatro Ebraico di Mosca ed agli anni ’90 risale l’inizio della sua attività letteraria. Il romanzo breve Sonja, del 1995, è una delle sue prime opere, quella che la farà conoscere negli ambienti culturali non solo russi ma anche europei. Da allora la produzione e la notorietà della Ulickaja andranno sempre crescendo. Diventerà autrice di romanzi, testi teatrali, racconti compresi quelli per bambini, sarà tradotta in molte lingue e numerosi saranno i premi conseguiti in ambito nazionale e straniero. L’immenso romanzo Daniel Stein, traduttore del 2006, costato tanto tempo e tanto lavoro all’autrice che vi scrive dell’Olocausto ed esorta ad una combinazione tra ebraismo, cristianesimo e islamismo, è stato un successo mondiale. La Ulickaja è considerata ormai una delle maggiori scrittrici contemporanee. Degni di nota sono anche i suoi interventi su giornali e riviste riguardo a questioni sociali ed i suoi progetti di carattere filantropico, di diffusione della cultura da attuare ovunque nel mondo ci sia bisogno tramite quelle istituzioni internazionali, UNESCO, Istituto di Tolleranza della Biblioteca Stabile di Letterature Straniere, Parlamento Culturale Europeo, delle quali è membro. Un’azione rivolta a promuovere l’incontro, lo scambio, la comunicazione tra società, culture, religioni, tradizioni, lingue diverse svolge la Ulickaja. Un’aspirazione è la sua al raggiungimento della libertà dell’individuo, alla realizzazione delle sue capacità, all’annullamento di ogni distanza e differenza, di ogni odio e violenza, alla formazione di un’umanità nuova perché libera e unita. E come la donna anche la scrittrice è mossa da questi intenti. Ovunque, nelle sue opere, si ritrovano situazioni difficili, di emarginazione, incomprensione, esclusione, povertà ed ovunque si spera di cambiare, di liberarsi dei problemi, di progredire. Sempre scrive in esse della Russia del passato prossimo, delle grandi rivoluzioni, delle guerre, del secondo dopoguerra, delle gravi condizioni sofferte da masse di popolazioni dimenticate tra le infinite distese delle steppe o tra l’orrore dei ghiacciai, della Mosca delle periferie invasa, dopo la seconda guerra mondiale, da proletari di ogni provenienza e vissuta nella miseria. Di queste zone ultime della sua nazione narra la scrittrice, di chi vi abita dividendo lo spazio di una stanza, il cibo, la legna, senza, però, rinunciare ad una propria dignità, a pensare, agire in modo esemplare. Figure eccezionali sono quelle della Ulickaja e generalmente sono figure di donne poiché le donne, nella Russia compresa tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo, furono le vere protagoniste della vita familiare e sociale essendo stati gli uomini chiamati a partecipare ai tanti movimenti rivoluzionari ed alle guerre che in quel periodo si verificarono.
Ed ancora di donne dicono i racconti di In quel cortile di Mosca, di donne che, bambine, giovani, vecchie, sono nate, sono giunte, vivono in uno dei quartieri malfamati della capitale russa. Buchara, Ljalja, Bron’ka, Gulja, Genele, Zinaida sono le protagoniste delle brevi storie narrate. In ambienti poveri, tra case buie, cortili maleodoranti, vicoli ciechi, esse si svolgono e la scrittrice le riporta in ogni loro verità compresa quella sessuale, in ogni aspetto della vita privata e pubblica, nei rapporti tra vicini, nei problemi di sussistenza. Non si ferma in superficie, però, la Ulickaja, va in profondità, indaga nell’anima dei personaggi, nei segreti del loro spirito, dei loro pensieri, dei loro amori, dei loro corpi, ne coglie quanto si salva dallo scorrere del tempo e rimane a valere per sempre. Anche il corpo vale per la scrittrice perché anch’esso è una verità, anch’esso ha la sua importanza. E’ un elemento nuovo questo nella letteratura contemporanea e sarà stata la cultura da genetista della Ulickaja a farglielo considerare. Per lei la persona è anche corpo e le qualità, le capacità, la forza, la bellezza di questo sono valori che lo distinguono, gli procurano una dimensione superiore, ideale. Non poteva essere diversamente per una scrittrice che vuole risalire allo spirito da ogni materia, vuole giungere dai poveri della Russia ai cittadini del nuovo mondo, vuole fare della sua opera l’annuncio, il messaggio di tale rivoluzione. E tutti gli aspetti di un messaggio da estendere ovunque essa contiene anche perché è espressa in una lingua molto semplice, molto chiara, una lingua che sembra il riflesso naturale di quanto rappresentato, che mostra come nessuno sforzo richieda a chi la usa.
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