Scuola e famiglia si parlano con la carta. Il web ancora non ce la fa, mancano i soldi

da Repubblica.it

Scuola e famiglia si parlano con la carta. Il web ancora non ce la fa, mancano i soldi 

La mancanza di risorse economiche ha finora impedito alle scuole di investire adeguatamente in tecnologia. Ancora eccessivo l’uso della carta. Gli insegnanti sono consapevoli dell’importanza del digitale ma ancora ricorrono a strumenti poco interattivi. L’Anp: “I metodi tradizionali sono poco coinvolgenti per gli studenti”

Ancora troppa carta, troppe circolati scritte e consegnate a mano, poca dimestichezza con la tecnologia, pochi computer, poca copertura wi-fi. E’ questo il quadro che emerge da un’indagine sulla comunicazione tra scuola e famiglie realizzata da Kion, società del Cineca specializzata in tecnologia per la didattica, coinvolgendo 420 presidi di istituti di ogni ordine e grado.

Dalla ricerca è emersa molta consapevolezza dell’importanza della tecnologia ma poca dimestichezza con essa. E il problema, spesso, ha una corrispondenza biunivoca, perché riguarda sia gli insegnanti che le famiglie degli alunni.

L’indagine. Stando ai risultati, quasi tutti i dirigenti (97%) sono al corrente della legge (135/2012) che prevede, oltre all’obbligo di introduzione del registro elettronico, anche l’invio delle comunicazioni agli alunni e alle famiglie in formato elettronico per l’anno 2013-2014, e ben conoscono l’impatto positivo della comunicazione digitale scuola-famiglia, capace di “avvicinare docenti e genitori” (secondo il 32%) o di “fare maggiore chiarezza” (34%). Tuttavia, accanto a modalità di comunicazione “prevalentemente cartacee” (31%), l’uso della tecnologia digitale è ancora limitato e il 69% degli intervistati ricorre alla “comunicazione digitale” (il 46% insieme alla carta, il 23% in “modo prevalente”) utilizzando il sito web della scuola (48%) e la posta elettronica (40%), con percentuali minori per sms (8%) e gestionali per la scuola (2%). “E’ un approccio – spiegano i ricercatori – che resta ancoràto a uno schema in cui la scuola è il soggetto ‘erogatore di comunicazioni’ a cui l’utente deve adeguarsi, senza una logica di reciprocità e di personalizzazione”.

Situazione disomogenea. “La situazione delle scuole italiane – spiega Licia Cianfriglia, vicepresidente ANP – Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola – è disomogenea: ci sono istituti ad un livello molto avanzato, punte di eccellenza che hanno aumentato la dotazione tecnologica anche grazie a progetti finanziati dal Miur o da aziende, e molte altre  indietro nell’acquisizione degli strumenti, spesso a causa di mancanza di risorse economiche”.

A monitorare la situazione ci pensa costantemente l’Osservatorio Tecnologico del MIUR e, stando alle ultime ricerche, uno dei problemi più sentiti dai dirigenti è la scarsa utilizzazione delle risorse tecnologiche per la didattica, laddove esistenti. “Sempre più insegnanti – continua Cianfriglia – usano il personal computer per le attività connesse all’organizzazione del lavoro e alla progettazione della didattica, ma ancora pochi usano adeguatamente le nuove tecnologie in classe. Il metodo didattico più diffuso è quello tradizionale, spesso ritenuto poco coinvolgente dagli studenti. E’ necessario un forte investimento, soprattutto sulla formazione degli insegnanti”.

Nelle scuole, ormai tutto viene scritto in forma digitale, dai documenti amministrativi, alle comunicazioni alle famiglie, alle circolari interne dirette al personale. La pubblicazione formale di documenti all’albo avviene per legge sul sito web, di cui sono dotate tutte le scuole. “Tuttavia – conclude Cianfriglia – non si è ancora abbandonata la pratica di realizzare e archiviare copie cartacee di ogni cosa. E’ necessario procedere gradualmente, ma con decisione, ad una completa dematerializzazione”.

Ecco perché Fondazione Telecom Italia e l’Anp hanno dato il via  alprogetto triennale “Innovative Design dei processi educativi  scolastici”, nato nel 2012 e rivolto a 100 docenti selezionati  in  97  Istituti  distribuiti  sul  territorio  nazionale, rappresentativi di  tutte le discipline, i livelli e gli ordini scolastici. In particolare,  il progetto punta a formare realtà scolastiche con competenze digitali  non omogenee e necessità differenti, attraverso una piattaforma web  univoca e trasparente e l’utilizzo condiviso di strumenti innovativi in  classe, come, ad esempio, la LIM (Lavagna Interattiva Multimediale).

Mancano i soldi per la “rivoluzione tecnologica”. “Premesso che parlo solo per la mia scuola – spiega Adriana Piccigallo, vicepreside del Liceo delle scienze umane Carducci di Pisa – posso dire che siamo attrezzati con laboratori di informatica, due aule LIM e un PC portatile per ogni classe, tutto in diretta conseguenza dell’introduzione del registro elettronico, sia di classe che del docente. L’introduzione dei tablet al posto dei libri, purtroppo, però, è ancora cosa lontana. Non abbiamo risorse economiche, né ora, né in prospettiva, per attuare quella “rivoluzione tecnologica” auspicata dall’ex Ministro Profumo”.

“La nostra scuola ha aule cablate e dotate di LIM, le comunicazioni alle famiglie vengono fatte tramite sms o via email, gli scrutini sono digitali da anni, e le comunicazioni di ambito generale vengono fatte attraverso il sito web – spiega spiega Annunziata Campolattano, dirigente scolastico del liceo scientifico Francesco Saverio Nitti di Napoli – ma questo non è sufficiente a colmare il ‘digital devide’. Le scuole non sono pienamente dotate della strumentazione necessaria”.

Insegnanti e genitori poco moderni. La colpa, però, non è solo della mancanza di fondi. Gli insegnanti, spiega ancora la vocepreside dell’istituto pisano, sono spesso piuttosto scettici di fronte alle novità, più che mai se si tratta di innovazioni tecnologiche. “Cercano di trovare tutti i difetti possibili – continua Piccigallo – e tendono a sottolinearne gli aspetti negativi, piuttosto che quelli positivi. Ma alla fine si adattano. Basta andare con gradualità nel proporre innovazioni. Quando sono arrivata in questa scuola, si scrivevano ancora gli scrutini ed i verbali a mano!”.

Un problema a parte è inoltre rappresentato dai genitori. “Molto dipende dalla classe sociale di appartenenza:  livello sociale più basso per la maggior parte dei casi corrisponde a  livello di informatizzazione più basso”, spiega Piccigallo. “Spesso gli insegnanti non sanno usare gli strumenti a disposizione e, in  generale, il livello di tecnologizzazione delle famiglie è basso. Pochi genitori usano quotidianamente il pc o lo smartphone – conclude Campolattano – mentre il tablet è appannaggio solo di coloro che lo usano nell’ambito della propria professione”.