Tecnologie digitali: come e quando utilizzarle

Tecnologie digitali: come e quando utilizzarle

di Umberto Tenuta

 

Uomini  non si nasce ma si diventa[1].

A questa consapevolezza si è giunti soprattutto nell’età moderna e contemporanea[2].

Tuttavia va preso atto che anche nelle epoche più remote il problema del processo attraverso il quale il figlio di donna diventa uomo si è posto come problema fondamentale che la famiglia e la società debbono assumersi, utilizzando le strategie più efficaci per raggiungere risultati ottimali[3].

In questa sede non intendiamo ripercorrere il cammino che ha portato alle attuali consapevolezze delle strategie da seguire per ottenere i risultati, non solo più elevati, ma anche e meglio rispondenti alle esigenze personali, sociali, politiche ed anche e economiche.

Invece, vogliamo soffermarci, anche se non a livello approfondito, sulle migliori strategie dell’apprendimento formativo[4], che oggi dovrebbero essere utilizzate in tutte le scuole, tenute ad assicurare a tutti i giovani i più alti livelli della loro integrale formazione della personalità nei suoi molteplici aspetti, da quello sociale a quello intellettivo, estetico, morale, civile, religioso ecc.

Evidentemente, la scuola dell’istruzione non basta più, ma forse non bastava nemmeno in passato.

Pertanto, oggi la scuola non può non impegnarsi al massimo, in continuità con l’azione formativa svolta dalle famiglie e dalle istituzioni sociali, civili, religiose ecc. che debbono integrare le loro azioni formative (sistema formativo integrato)[5].

In questa sede ci soffermiamo soprattutto sull’azione formativa che è chiamata a svolgere la scuola pubblica e privata per dare un contributo essenziale alla formazione integrale della personalità dei giovani che la frequentano.

Per assolvere questo compito la scuola non può non realizzare una sua profonda trasformazione da scuola dell’insegnare a scuola dell’apprendere[6].

Purtroppo, la scuola, salve limitate eccezioni, continua ad operare secondo una metodologia fondata sulla lezione dei docenti, cioè sull’insegnamento[7].

Questa impostazione non può continuare ad essere presente nella realtà nella quale oggi viviamo.

Occorre una a rivoluzione copernicana che veda studenti e docenti coprotagonisti dei processi di formazione dei singoli alunni.

Le aule scolastiche debbono trasformarsi in laboratori di apprendimento formativo[8] che vedano gli alunni e i docenti interagire nelle attività di apprendimento che i singoli alunni realizzano attraverso i processi di problem solving[9], in un contesto di cooperative learning[10].

Il modello rimane quello chiaramente delineato e sperimentato da Maria Montessori già un secolo fa[11].

In sintesi, i tavolinetti debbono essere raggruppati a due a due, a tre a tre e intorno ad essi debbono stare seduti tre/cinque alunni[12].

Sui tavolinetti debbono essere disponibili i materiali concreti, digitali, iconici e simbolici che gli alunni debbono utilizzare per riscoprire, reinventare, costruire i concetti, lavorando assieme, cioè cooperando, seppure con l’aiuto dei docenti che offrono indicazioni utili per le attività che gli alunni debbono svolgere con tali materiali ai fini della riscoperta dei concetti.

Come afferma il Piaget e ribadisce il Bruner[13], solo dopo aver operato con il proprio corpo (con le mani, con i piedi …), gli alunni possono operare a livello di immagini e poi di simboli degli oggetti o dei concetti.

È questo il punto cruciale della trasformazione che si richiede da tempo alla scuola: l’apprendimento iniziale di qualsiasi concetto deve cominciare dall’attività di manipolazione di oggetti concreti anziché dalle parole dei docenti o dalle immagini.

Si comincia dall’orbis rerum, il quale viene sostituito prima dall’orbis digitalis , poi dall’orbis rerum sensualium pictus[14] ed infine dall’orbis simbolicus[15].

Da Rousseau[16] al movimento delle Scuole attive (scuole nuove)[17] si è posta l’attenzione sull’importanza di tale momento delle attività di apprendimento e, quindi, di formazione delle capacità e degli atteggiamenti, oltre che di acquisizione delle conoscenze.

In un secondo momento, ma solo in un secondo momento, agli oggetti concreti possono essere sostituiti gli oggetti virtuali[18], cioè digitali quali oggi possono essere resi disponibili dai personal computer[19], anche nelle loro versioni più aggiornate dei notebock, dei tablet, degli smartphone.

Evidentemente, l’utilizzo degli strumenti didattici virtuali andrà incontro a  notevoli insuccessi ove essi non siano preceduti dall’utilizzazione di materiali concreti, almeno fino all’adolescenza, e quindi per tutta la scuola dell’obbligo. Anche nella scuola secondaria l’utilizzo di materiali digitali avrà pieno successo solo se gli alunni nella scuola dell’obbligo avranno utilizzato adeguato materiale concreto prima che digitale.

Pertanto, i materiali digitali dovranno innanzitutto essere costituiti dalla riproduzione di oggetti concreti in forma virtuale (digitale).

Ai fiori concreti da collocare nei portafiori a seconda del loro colore potranno seguire i fiori digitali che gli alunni dovranno collocare nei portafiori digitali (rappresentazione digitale).

Alla rappresentazione digitale potrà far seguito anche quella iconica, utilizzando anche qui, sia il disegno con le matite concrete, sia i disegni digitali.

Solo alla fine si utilizzano i relativi simboli.

E, pertanto, occorre evitare l’utilizzo delle tecnologie digitali all’inizio dei processi di apprendimento, in quanto le esperienze concrete, lo si ribadisce, non possono essere eliminate senza andare incontro agli insuccessi, che non dipendono dalle tecnologie digitali ma dall’improprio utilizzo che di essi viene effettuato dagli alunni, in sostituzione delle esperienze concrete che essi debbono necessariamente effettuare.

Al riguardo, doverosamente aggiungiamo che, ove non sia comunque possibile utilizzare le esperienze concrete, le esperienze effettuate dagli alunni con i software digitali che obbediscano agli standard SCORM risultano certamente utili e comunque da preferire sicuramente ai materiali iconici e assolutamente alla lezione verbale ed ai libri di testo.

Comunque, occorre tenere presente che questi ultimi cambiano la loro valenza didattica quando, anziché limitarsi a presentare in forma digitale il testo verbale, offrono applicazioni digitali che gli alunni possano utilizzare per effettuare appropriate esperienze digitali, sostitutive di quelle concrete.

Ma, su questa utilizzazione ci soffermeremo in una successiva nota, anche se in tanti saggi dello scrivente si trovano utili indicazioni al riguardo[20].

In conclusione, vorremmo sottolineare che le tecnologie digitali sono uno strumento estremamente utile se vengono utilizzate, non dagli insegnanti, come avviene prevalentemente con le LIM, ma dagli alunni per effettuare manipolazioni di oggetti virtuali.

 

Pertanto, non si tratta di dire sì o no alle tecnologie digitali, ma occorre precisare quale utilizzo di esse si vuole realizzare.

Tuttavia non sembra che su questo ci si stia soffermando abbastanza, per cui la querelle in ordine alle tecnologie digitali risulta estremamente equivoca.

 

Concludiamo, dicendo che noi siamo estremamente convinti dell’utilità delle tecnologie digitali e, quindi, le riteniamo, non solo necessarie, ma indispensabili, in una scuola che, ai fini dell’acquisizione delle conoscenze, ma soprattutto dell’acquisizione di capacità e di atteggiamenti, alla lezione del docente sostituisca le attività di ricerca/riscoperta/ reinvenzione/ ricostruzione dei concetti (problem solving nella forma del cooperative learning).



[1] Scrive Kant che <<La bestia è già resa perfetta dall’istinto… L’uomo invece… non possiede un istinto e deve quindi formulare da sé il piano del proprio modo di agire… La specie umana deve esprimere con le sue forze e da se stessa le doti proprie dell’umanità. Una generazione educa l’altra… L’uomo può diventare tale solo con l’educazione>>[1].(KANT E., Pedagogia, O.D.C.U., Rimini, 1953, pp.25-27)

[2] In merito, è opportuno riandare alla Storia della Pedagogia ed agli sviluppi delle Scienze umane soprattutto nell’Età contemporanea.

[3]  <<L’autonomia delle istituzioni scolastiche …si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento>> (D.P.R. 8.3.1999, n.275−Art.1(Natura e scopi dell’autonomia delle istituzioni scolastiche).

[4] Definiamo come apprendimento formativo l’apprendimento che mira, non solo all’apprendimento dei saperi, ma anche alla formazione delle capacità (saper fare) e degli atteggiamenti (saper essere) (Umberto Tenuta). In merito  cfr.: Cresson, E., , Insegnare ad apprendere. Verso la società conoscitiva, Libro bianco su istruzione e formazione, Lussemburgo, Commissione Europea. 1995; TENUTA U., I contenuti essenziali per la formazione di base: TENUTA U., I contenuti essenziali per la formazione di base: homo patiens, habilis, sapiens, in Rivista dell’istruzione, Maggio-li, Rimini, 1998, N. 5; TENUTA U., Verificare le conoscenze essenziali, ma soprattutto le capacità ed anche gli atteggiamenti, in Rivista dell’istruzione, Maggioli, Rimini, 2002, n. 4; TENUTA U., Atteggiamenti: non solo conoscenze, non solo capacità, Il Dirigente scolastico, ScuolaSNALS, Roma, gennaio 2002; TENUTA U., Conoscenze Capacità Atteggiamenti; TENUTA U., Obiettivi Formativi da Raggiungere; TENUTA U.,Obiettivi Formativi e Competenze; TENUTA U., Obiettivi Specifici di Apprendimento; TENUTA U., Obiettivi: come districarsi?; TENUTA U. , Atteggiamenti Capacità Conoscenze, nel sito http://www.edscuola.it/archivio/didattica/index.html

[5] In merito  cfr.:  Umberto Tenuta Sistema formativo integrato, in www.rivistadidattica.com  

[6] In merito  cfr.: UMBERTO TENUTA, Insegnare ed apprendere, in www.rivistadidattica.com ed UMBERTO TENUTA, Lettera aperta al Ministro della Pubblica istruzione, in https://www.edscuola.eu/wordpress/?wpfb_dl=837

[7] In merito  cfr.: ed UMBERTO TENUTA, Lettera aperta al Ministro della Pubblica istruzione, in https://www.edscuola.eu/wordpress/?wpfb_dl=837

[8] In merito  cfr.: UMBERTO TENUTA, Scuola e laboratori o scuolalaboratoriale, in www.rivistadidattica.com

[9] In merito al Problem solving cfr.: MOSCONI G., D’URSO V. (a cura di), La soluzione di problemi. Problem-solving, Giunti-Barbèra, Firenze, 1973; KLEINMUNTZ B.(a cura di), Problem solving Ricerche, metodi, teorie, Armando, Roma, 1976; DUNCKER K., La psicologia del pensiero produttivo, Giunti-Barbèra, Firenze, 1969; WERTEIMER M., Il pensiero produttivo, Giunti-Barbèra, Firenze, 1965; DORNER D., La soluzione dei problemi come elaborazione dell’informazione, Città Nuova, Roma, 1988. Pe la problematica dell’ermeneutica, cfr: GENNARI M., Interpretare l’educazione. Pedagogia, semiotica, ermeneutica, La Scuola, Brescia, 1992; MALAVASI P., Tra ermeneutica e pedagogia, La Nuova Italia, Firenze, 1992.

[10] In merito al Coperative learning, cfr. COMOGLIO M., Educare insegnando. Apprendere ad applicare il Cooperative learning, LAS, Roma, 1986; COMOGLIO M., CARDOSO M.A., Insegnare e apprendere in gruppo. Il cooperative Learning, LAS, Roma, 1996; COMOGLIO M. (a cura di), Il Cooperative learning. Strategie di sperimentazione, Quaderni di animazione e formazione, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1999; PONTECORVO C., AIELLO A.M., ZUCCERMAGLIO C., Discutendo si impara. Interazione sociale e conoscenza a scuola, NIS, Roma, 1991; PONTECORVO C. (a cura), La condivisione della conoscenza, La Nuova Italia, Firenze, 1993; PONTECORVO C., AIELLO A.M., ZUCCERMAGLIO C., (a cura), I contesti sociali dell’apprendimento.Acquisire conoscenze a scuola, nel lavoro, nella vita quotidiana, LED, Milano, 1995.

[11] In merito  cfr.:  MONTESSORI M., La scoperta del bambino, Garzanti, Milano, 2000

[12] <<Dovrà essere abolito quasi completamente l’attuale metodo di insegnamento in classe dove l’insegnante pontifica, in posizione di potere centrale, e dovrà essere sostituito con lo studio individuale ed a piccoli gruppi, usando materiale concreto ed istruzioni scritte, con l’insegnante che agisce come guida e consigliere>> ( DIENES Z.P., Costruiamo la matematica, ED. O.S., FIRENZE, 1962, p. 27).

[13] Scriveva il Piaget: <<…la parola non serve a nulla… il disegno non basta ancora, è necessaria l’azione. L’intelligenza è un sistema di operazioni, la matematica è tutta un sistema di operazioni. L’operazione non è altro che azione: un ‘azione reale, ma interiorizzata, divenuta reversibile. Perché il bambino giunga a combinare delle operazioni, si tratti di operazioni numeriche o di operazioni spaziali, è necessario che abbia manipolato, è necessario che abbia agito, sperimentato non solo su disegni ma su un materiale reale, su oggetti fisici…” ( Piaget J., Avviamento al calcolo. La Nuova Italia, Firenze, 1956, p.

E aggiungeva il Bruner:: <<Se è vero che l’abituale decorso dello sviluppo intellettuale procede dalla rappresentazione attiva, attraverso quella iconica, alla rappresentazione sim-bolica della realtà, è probabile che la migliore progressione possibile seguirà la stessa direzione>> (BRUNER J. S., Dopo Dewey, Armando, Roma, 1964, p. 17).

[14] Libera interpretazione dell’Orbis (rerum) sensualium pictus di Comenio..

[15] In merito  cfr.: Cassirer E., Saggio sull’uomo, Armando, Roma, 1971.

[16] ROUSSEAU J.J., Emilio o dell’educazione, Mondadori, Milano, 1997.

[17] In merito  cfr.: ROMANINI L., Il movimento pedagogico all’estero (vol. I – Le idee; vol. II – Le esperienze), La Scuola, Brescia, 1955

[18] In merito  cfr.: Quarta rappresentazione (Virtuale) di Umberto Tenuta, in RIVISTA DIGITALE DELLA DIDATTICA:www.rivistadidattica.com