Scuola come ambiente di apprendimento

Scuola come ambiente di apprendimento
Una trasformazione non più rinviabile

 di Umberto Tenuta

tenutaDal  discorso  socio-psico-pedagogico degli ultimi secoli emerge l’inderogabile esigenza che le aule scolastiche si trasformino in ambienti di apprendimento[1] finalizzati ad assicurare a tutti gli alunni la piena formazione della loro personalità, attraverso l’acquisizione di conoscenze, capacità e atteggiamenti: sapere, saper fare, saper essere[2].

È ormai inaccettabile che i docenti continuino a tenere lezioni dalla cattedra, nella classica configurazione del pontifex che dall’altare legge[3] i libri sacri (testi scolastici), anche se oggi il docente può utilizzare le tecnologie interattive multimediali (LIM), mentre gli alunni (come ieri i fedeli) stanno seduti nei banchi a due posti, anziché a otto o dodici, come nelle cattedrali medioevali  e nelle scuole fino ai primi decenni del XX secolo.

Occorre che i banchi biposti o, peggio, monoposti siano raggruppati per costituire tavoli per tre/cinque alunni, opportunamente motivati ad operare con materiali concreti (comuni e strutturati), prima che virtuali, iconici o simbolici[4].

L’attività didattica (matetica) deve svolgersi attraverso le unità di apprendimento[5], anziché attraverso le unità didattiche.

Clayton[6] offre il seguente schema:

<<Il docente dovrebbe:

a. determinare i risultati auspicati;

b. esaminare i singoli alunni e valutare i loro livelli di sviluppo e di apprendimento, i loro stili ed i loro ritmi di apprendimento;

c. specificare gli obiettivi dell’insegnamento alla luce dei punti a) e b);

d. selezionare le informazioni, i temi di studio, i metodi e le tecnologie educative e didattiche;

e. motivare gli alunni ad impegnarsi in attività che presume li portino all’apprendimento;

f. dirigere e guidare le attività di apprendimento;

g. offrire la sintesi magistrale dei risultati cui gli alunni sono pervenuti attraverso le attività di ricerca;

h. promuovere attività di consolidamento delle conoscenze, delle capacità e degli atteggiamenti acquisiti;

i. valutare i risultati del processo di apprendimento di ogni alunno;

j. attivare interventi compensativi, di recupero, di approfondimento e di arricchimento.

Una tale impostazione dei processi di apprendimento si configura come un radicale cambiamento della consueta impostazione didattica fondata sulla lezione ovvero sull’insegnamento[7].

Le unità di apprendimento debbono essere realizzate soprattutto in forma cooperativa (Cooperative learning)[8], muovendo da situazioni vissute dai singoli alunni in forma problematica (Problem solving)[9].

Questa esigenza di cambiamento non può essere disattesa per nessun motivo, nemmeno dalla inadeguata retribuzione dei docenti, perchè costituisce la ragione di essere della scuola[10].

Se questo cambiamento non si attua, la scuola può essere chiusa, paradossalmente con minor danno, anzi col vantaggio che la mancata frequenza della scuola almeno non danneggia gli alunni demotivandoli, in quanto la scuola che per motivare gli alunni utilizza i voti negativi, anziché motivarli, li demotiva, come denunciava Don Milani[11].

Altri paesi hanno capito questa esigenza e ne ha hanno tratto vantaggio gli alunni, la convivenza civile, l’economia ecc.

 

Bisogna lanciare questo grido di allarme, uscendo dal tunnel dell’indifferenza, della mancanza di coraggio nel denunciare questa situazione, tra le più critiche della nostra società.

La scuola costituisce il bene più grande di una nazione e, perciò, la sua efficienza e la sua efficacia costituiscono il principale impegno di tutti i cittadini prima che del Governo e del Parlamento.

I problemi che affliggono la nostra società non si risolvono solo con misure economiche ma soprattutto con misure educative.

Pertanto, i cittadini, i genitori, i docenti, i dirigenti, i sindacati debbono ritrovarsi impegnati a chiedere che finalmente in Italia sia risolto il problema della efficacia e della efficienza del suo sistema educativo, costi quello che costi, perché è la priorità assoluta della nazione.

 

Questo appello −che per i genitori è un disperato grido di dolore− noi lanciamo con tutta la nostra forza, senza alcuna retorica, perché, come uomini di scuola, siamo troppo preoccupati per tutti i mali ai quali oggi vanno incontro i giovani, mali che sono tali anche per la società tutta.



[1] TENUTA UMBERTO, L’attività  educativa e didattica nella scuola elementare. Come organizzare l’ambiente educativo e di apprendimento secondo i nuovi programmi. Umberto Tenuta. Editrice La Scuola (Scuola d’oggi). 1989.

[2] In merito cfr.: Cresson, E., , Insegnare ad apprendere. Verso la società conoscitiva, Libro bianco su istruzione e formazione, Lussemburgo, Commissione Europea. 1995; Tenuta U.,  Atteggiamenti, capacità, conoscenze, http://www.edscuola.it/archivio/didattica/atteggiamenti.html .

[3] Dal latino Legere , da cui lectio (Lezione).

[4] A titolo orientativo, si possono consultare: AGAZZI R., Come intendo il museo didattico, La Scuola, Brescia, 1968; MONTESSORI M., La scoperta del bambino, Garzanti, Milano, 2000; BISSI R., I sussidi didattici, La Scuola, Brescia, 1976;DOMENIGHINI L., Sussidi didattici e scuola di base – Orientamenti educativi e metodologici, La Scuola, Brescia, 1980; UMBERTO TENUTA, L’attività educativa e didattica nella scuola elementare – Come organizzare l’ambiente educativo e di apprendimento, La Scuola, Brescia, 1989; UMBERTO TENUTA, Quarta Rappresentazione: Rappresentazione Virtuale, in http://www.rivistadidattica.com/metodologia/metodologie_60.htm

[5] In merito  cfr.: UMBERTO TENUTA, Unità di apprendimento, in: www.rivistadidattica.com

[6] CLAYTON T.E., Insegnamento e apprendimento, Martello, Milano, 1967, p. 14.

[7] Dal latino insigno, in – signo, segnare, incidere, imprimere  (nella mente)

[8]  In merito cfr. COMOGLIO M., Educare insegnando. Apprendere ad applicare il Cooperative learning, LAS, Roma, 1986; COMOGLIO M., CARDOSO M.A., Insegnare e apprendere in gruppo. Il cooperative Learning, LAS, Roma, 1996; COMOGLIO M. (a cura di), Il Cooperative learning. Strategie di sperimentazione, Quaderni di animazione e formazione, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1999; PONTECORVO C., AIELLO A.M., ZUCCERMAGLIO C., Discutendo si impara. Interazione sociale e conoscenza a scuola, NIS, Roma, 1991; PONTECORVO C. (a cura), La condivisione della conoscenza, La Nuova Italia, Firenze, 1993; PONTECORVO C., AIELLO A.M., ZUCCERMAGLIO C., (a cura), I contesti sociali dell’apprendimento.Acquisire conoscenze a scuola, nel lavoro, nella vita quotidiana, LED, Milano, 1995.

[9] In merito al Problem solving cfr.: MOSCONI G., D’URSO V. (a cura di), La soluzione di problemi. Problem-solving, Giunti- Barbèra, Firenze, 1973; KLEINMUNTZ B.(a cura di), Problem solving Ricerche, metodi, teorie, Armando, Roma, 1976; DUNC-KER K., La psicologia del pensiero produttivo, Giunti-Barbèra, Firenze, 1969; WERTEIMER M., Il pensiero produttivo, Giunti- Barbèra, Firenze, 1965; DORNER D., La soluzione dei problemi come elaborazione dell’informazione, Città Nuova, Roma, 1988. Per la problematica dell’ermeneutica, cfr: GENNARI M., Interpretare l’educazione. Pedagogia, semiotica, ermeneutica, La Scuo-la, Brescia, 1992; MALAVASI P., Tra ermeneutica e pedagogia, La Nuova Italia, Firenze, 1992.

[10] <<Ogni uomo è destinato ad essere un successo e il mondo è destinato ad accogliere questo successo>>

– FAURE E, (a cura di), Rapporto sulle strategie dell’educazione, Armando-UNESCO, Roma, 1973, p. 249 –

[11] DON MILANI, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina ,  2007.