Il sacco del contratto scuola non si arresta?

da Tecnica della Scuola

Il sacco del contratto scuola non si arresta?
di Lucio Ficara
Il Governo sembra intenzionato a ridurre progressivamente gli spazi  riservati alla contrattazione per riportare gran parte delle materie nella sfera della legge.
Esiste uno  strumento rigoroso per distinguere i privilegi dei lavoratori dai loro diritti. Questo strumento è una analisi attenta e seria del contratto collettivo nazionale della scuola, dove si raccolgono i doveri e i diritti del personale scolastico. Servono lenti intraoculari multifocali per vedere con trasparenza adamantina, l’equilibrio esistente, tra i diritti e i doveri presenti nel testo del CCNL scuola 2006-2009. In questi ultimi anni, con la scusa di considerare la classe docente, una categoria d’intoccabili, la più sindacalizzata del pubblico impiego, una casta privilegiata che può fare qualsiasi cosa, sapendo di non potere essere licenziata, si è attuata una politica volta a cancellare diritti contrattuali vigenti, facendoli passare per privilegi, e ad aumentare i carichi di lavoro previsti dallo stesso contratto scuola. Un contratto che, fra le altre cose, è scaduto da 4 anni ed è stato bloccato ancora per tutto il 2014, e che, nel frattempo , è stato oggetto di un vero e proprio saccheggio normativo. Infatti il sacco del contratto scuola è stato pianificato dal ex ministro della funzione pubblica Renato Brunetta che, accecato da un odio dichiarato verso i sindacati, ha architettato il decreto legge 150/2009, per rendere legittima l’abrogazione di norme contrattuali utilizzando lo strumento legislativo. La forte idiosincrasia verso la vigenza del contratto nazionale scuola e le difficoltà di modificarlo, a causa delle resistenze sindacali, ha fatto si che il ministro Brunetta mettesse a punto, prima che il governo Berlusconi fosse costretto a cedere il passo al governo Monti, un decreto correttivo al decreto 150. Si tratta del decreto 141/2011, che in sostanza è nato per correggere in particolare il comma 5 dell’art. 65 del decreto Brunetta, che impone le disposizioni relative alla contrattazione collettiva nazionale di cui al presente decreto legislativo si sarebbero dovute applicare dalla tornata successiva a quella in corso, senza tenere conto che il reiterato blocco del contratto collettivo della scuola fino addirittura alla fine del 2014, rende inapplicabile il tanto discusso decreto Brunetta. Praticamente il decreto correttivo è stato pensato, su misura, per aggirare il continuo blocco contrattuale e quindi per potere applicare la norma del decreto 150/2009, secondo un principio di retroattività.   Quindi nonostante il contratto vigente sia quello antecedente allo stesso decreto Brunetta, e che non si sia intervenuti a rinnovarlo, si insiste a modificarlo, ritenendo legittimo a tutti gli effetti, in virtù del decreto correttivo 141/2011 su citato, il decreto Brunetta. Adesso il governo Letta avrebbe intenzione di utilizzare, dopo aver bloccato il contratto per un ulteriore anno, il principio legislativo per completare il sacco del contratto scuola. Attraverso un disegno di legge delega, collegato alla legge di stabilità, si vorrebbe, infatti, intervenire sui rapporti di lavoro del personale scolastico, non soltanto dal punto di vista giuridico, ma anche dal punto di vista economico, modificando ed abrogando parti consistenti del contratto vigente. Si tratta del rischio concreto, che sta avvenendo nel silenzio più assoluto, un silenzio assordante, che venga aumentato il carico orario del servizio settimanale dei docenti della scuola secondaria e che vengano definiti i percorsi di carriera giuridica ed economica degli stessi insegnanti. Inoltre si vuole riformare, presumibilmente sulla base della bozza Aprea-Ghizzoni  approvata dalla Commissione Cultura e Istruzione della Camera nella scorsa legislatura, la riforma degli organi collegiali. Senza tenere conto che è già in atto, senza che vi sia stata alcuna consultazione con il mondo sindacale e delle associazioni professionali, la sperimentazione per abbreviare di un anno l’istruzione secondaria di secondo grado. La domanda che nasce spontanea è: “forse sono questi i tabù da abbattere di cui parlava con qualche preoccupazione il ministro Carrozza?”. Adesso attendiamo le reazioni dei sindacati, che promettono, almeno attraverso dichiarazioni scritte, mobilitazioni forti, unitarie e incisive. Mentre il governo Letta sembrerebbe perdere una cospicua parte della sua maggioranza, i sindacati fanno sapere che reagiranno duramente a questi tentativi  di invasioni e saccheggi contrattuali. Vedremo presto come andrà a finire.