Its, più di un giovane su due trova lavoro subito

da Corriere della Sera

PASSAPORTO CONTRO la disoccupazione

Its, più di un giovane su due trova lavoro subito

I dati  Miur sulle prime 62 scuole biennali post-diploma ad alta specializzazione: coinvolti  finora quasi tremila ragazzi

Valentina Santarpia

Più della metà degli studenti con un lavoro in tasca subito dopo il diploma, una percentuale bassissima di ritirati, un vero exploit per le nuove tecnologie per il made in Italy: è positivo il primo bilancio degli ITS, le scuole post-diploma ad alta specializzazione nate due anni fa con l’intento di formare tecnici nelle aree tecnologiche strategiche. A presentare i datisulle performance dei 62 istituti sparsi in tutta Italia è stato giovedì  20 il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi, durante Job&Orienta, la 23esima edizione della mostra-convegno che si tiene a Verona su orientamento, scuola, formazione e lavoro. «Questi dati dimostrano- sottolinea il sottosegretario -che quando i ragazzi svolgono un percorso reale di formazione teorica insieme a una formazione pratica in azienda coerente con la qualifica e il lavoro che vorrebbero svolgere, questo sistema è assolutamente vincente anche nei numeri: per essere un percorso reale però- avverte Toccafondi- occorre che ci siano scuole professionali e tecniche che hanno ben compreso qual è il loro ruolo e che seguono i ragazzi passo passo e aziende vere sul territorio» .

SUBITO AL LAVORO- Su 2971 studenti che frequentano i 139 percorsi di studio attivati finora dalle 62 Fondazioni, si sono già diplomati 825 ragazzi, e circa 250 completeranno il corso biennale tra novembre e dicembre: 470 hanno già un posto di lavoro, il 56,96%. Ovviamente ci sono casi assolutamente virtuosi, come l’ITS Accademia mercantile di Genova, dove tutti e 65 i diplomati sono già occupati o l’ITS di Gallarate per la mobilità sostenibile, dove 24 ex studenti su 24 lavorano, o ancora l’ITS di Vicenza per la meccanica, dove sono 21 su 22 i ragazzi che hanno trovato un impiego. Ma ci sono anche casi meno positivi: l’istituto di Conegliano per il made in Italy agroalimentare ha un solo studente che è entrato nel mondo del lavoro contro 11 diplomati, quello di Ferrara per i Beni culturali ne conta 8 su 23, l’ITS di Pavia per il made in Italy nel settore della casa conta 5 lavoratori su 15.

PIU’ FORTI I MASCHI E IL NORD – Rispetto ai 3306 ammessi dopo gli esami di selezione, il 76%, poco più di 2500 studenti, è maschio: le femmine rappresentano solo un quarto della popolazione studentesca, circa il 24%. Ma sono quelle che, una volta entrate, non abbandonano facilmente: su un 10% generale di rinunce, il 75% è rappresentato dai ragazzi e il resto da ragazze. Cambiano con il sesso anche le inclinazioni e le preferenze: i ragazzi scelgono soprattutto le nuove tecnologie per il made in Italy, che rappresentano l’area più diffusa tra le specializzazioni per gli ITS, e in seconda istanza la mobilità sostenibile e le nuove tecnologie per la vita. Le ragazze invece sono orientate verso le tecnologie innovative per i beni e le attività culturali (circa la metà ha scelto quest’indirizzo) mentre disdegnano l’efficienza energetica, che ha attratto solo il 4% delle studentesse. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, gli ITS sono forti soprattutto nelle regioni del Nord e del Centro Italia: l’Emilia Romagna, come il Lazio e la Lombardia, contano 7 Istituti, con rispettivamente 18, 15 e 20 corsi già partiti. Fanalino di coda la Calabria dove, pur essendo nati 3 ITS, non è stato ancora attivato alcun corso.

PROMOSSI E BOCCIATI – Il primo resoconto serve anche a stilare una –seppur parziale- valutazione delle strutture accreditate dal ministero dell’Istruzione. Che infatti, in base alle linee guida e alla valutazione di alcuni aspetti ritenuti importanti per la governance di un ITS, ha stilato una sorta di pagella degli istituti (allega documento), prendendo in considerazione una serie di indicatori: l’attrattività (che si misura con il numero di candidati che ha sostenuto le prove di selezione, il tasso degli ammessi sugli idonei, il successo formativo) , ma anche l’occupabilità (quindi il tasso di occupazione degli studenti a sei e a 12 mesi dal diploma), la percentuale di docenti provenienti dal mondo del lavoro e dall’università, i laboratori realizzati nelle imprese e le ore trascorse fuori regione o all’estero per programmi di scambio. Gli ITS con pochi aspiranti, quindi bassa selezione, pochi contatti con le imprese e insegnanti poco qualificati rischiano di chiudere i battenti.