Insegnanti, poca autonomia e stipendi bassi

da Corriere della Sera

Rapporto Ocse-pisa 2012

Insegnanti, poca autonomia e stipendi bassi

La spesa per studente è diminuita dell’8%. In Italia i presidi possono gestire libri e corsi, non il personale docente

Il mondo intero spende per l’educazione, mentre il Belpaese tira indietro la mano. È questo uno dei dati di cornice dell’ultimo rapporto Ocse-Pisa sulle competenze degli adolescenti di 65 nazionalità. Che per contestualizzare le performance dei ragazzi ha fornito, oltre alle prove per le singole discipline, questionari a studenti, genitori e scuola. Quello relativo alla scuola, compilato dal dirigente scolastico, raccoglie informazioni sulla struttura e l’organizzazione dell’istituto, sugli studenti e sul corpo docente, sulle risorse e l’autonomia scolastica, sulla didattica e il clima nelle classi.  Un primo dato risulta evidente: dal 2001 al 2012, la spesa per studente è cresciuta nella maggior parte dei paesi Ocse, ma non in Italia (e in Messico), dove è diminuita dell’8%.

La spesa per studente – Guarda

RISORSE UMANE – Da solo, questo dato – avvertono gli analisti dell’Ocse – non si traduce automaticamente  in livelli di competenza più bassi: tra il 2001 e il 2010, Italia e Singapore hanno entrambe speso circa 85mila dollari per allievo dai 6 ai 15 anni, ma laddove l’Italia ottiene 485 punti in matematica, nell’indagine Pisa 2012, Singapore ne totalizza 573. Peraltro, Italia e Norvegia hanno risultati simili (485 e 489 punti) ma livelli molto diversi di spesa (in Norvegia circa 124mila dollari; la media Ocse è di 83382 dollari). Il Messico, che pure non ha messo mano al portafogli, ha ottenuto l’incremento maggiore di tutti nella performance matematica, e un forte aumento lo ha registrato la Polonia, dove invece la spesa cumulativa per studente è raddoppiata. Un’altra, piuttosto,  è la correlazione che vale, secondo l’Ocse: nei paesi con un Pil pro capite  superiore ai 20mila dollari, hanno risultati migliori i sistemi in cui gli insegnanti ricevono retribuzioni più alte: oltre una certa soglia di spesa, cioè (individuato in 50mila dollari), a fare la differenza sono più le risorse umane che non le infrastrutture e i materiali. In generale la spesa per studente in Italia è in linea con la media Ocse (84.416 dollari contro 83.382), in presenza di un Pil pro capite di 32.110 dollari contro un dato Ocse di 33.732 dollari.

GLI STIPENDI – È questo il punto su cui ministeri e organizzazioni sindacali  si trovano più distanti. I rappresentanti sindacali sottolineano che in molti Paesi le retribuzioni degli insegnanti non corrispondono a quelle di altre figure professionali a cui si richiedono competenze analoghe. In Italia, gli stipendi di prof e maestri sono notoriamente  tra i più bassi d’Europa. Diminuiti, peraltro, dell’1% dal 2000 al 2009, mentre nel resto dei Paesi Ocse si sono registrati aumenti medi del 7%.

CARRIERA – In occasione di un recente meeting internazionale, l’«International Summit on the teaching profession», il ministro dell’Educazione finlandese ha un po’ folcloristicamente esemplificato la questione affermando che «se paghi in noccioline, avrai delle scimmie». Per inciso, in Finlandia (che si conferma a livelli molto alti nei test),  gli insegnanti vengono arruolati tra il 10% dei migliori laureati del Paese. Tutti d’accordo, in quell’occasione, nel dire che per bilanciare il problema della domanda e dell’offerta è necessario fare dell’insegnamento una professione socialmente rispettata, rendendola un’opportunità di carriera più attraente dal punto di vista sia intellettuale che economico.

LA RICETTA OCSE – L’Ocse conferma: un sistema scolastico non può essere migliore dei suoi insegnanti. E per avere un corpo docente all’altezza delle sfide, la ricetta è fatta di personale preparato, assunto in base a criteri rigorosi, sottoposto ad aggiornamenti continui (meno del 30% dei professori di matematica italiani ha seguito un programma di aggiornamento, nei mesi precedenti la rilevazione, secondo quanto riportato dai dirigenti scolastici, contro una media Ocse del 39%); un sistema  che prevede compensi adeguati e ricompense; e la possibilità di «invitare chi non è all’altezza» a cambiare mestiere. Una strada percorsa con decisione dal ministro dell’Istruzione britannico, Michael Gove, che passa per retribuzioni commisurate alle prestazioni. Sempre in Gran Bretagna, l’asso nella manica del governo, per migliorare la qualità dell’insegnamento nella scuola pubblica, è l’organizzazione non profit Teach First, che recluta i migliori studenti usciti dall’università per impiegarli nelle scuole statali.  In Italia le autorità nazionali o regionali sono responsabili del licenziamento degli insegnanti nel 78% dei casi, nella media dei Paesi Ocse, non si arriva al 34%.

AUTONOMIA – Nella maggior parte dei paesi Ocse sono i dirigenti scolastici e/o gli insegnanti ad avere maggiori responsabilità per selezionare, assumere, licenziare i prof e formulare il budget della scuola e la sua ripartizione. In Italia poche scuole hanno autonomia nello stanziamento delle risorse: il 93% degli studenti frequenta scuole con dirigenti senza potere decisionale in materia di spesa per il personale. Nell’insieme dei Paesi Ocse, il 70% dei dirigenti  riporta che solo le autorità nazionali dell’istruzione pubblica hanno responsabilità nella determinazione degli stipendi d’inizio carriera degli insegnanti e nel decidere gli aumenti di stipendio. E solo nel 24% dei casi la selezione degli insegnanti per l’assunzione è fatta dalle autorità nazionali o regionali. In Italia è così nell’86% dei casi. Alto (venti, trenta punti sopra la media), invece, il livello di autonomia nella determinazione  dei curricola scolastici: dalla messa a punto dei programmi alla scelta dei libri di testo.

I MIGLIORI – Il Rapporto Ocse Pisa racconta anche che i Paesi che hanno nettamente migliorato i propri standard al test (Estonia, Polonia, Brasile, Colombia, Giappone e Israele), hanno migliorato la qualità dell’insegnamento partendo dai titoli necessari per l’abilitazione, incentivando i laureati migliori a scegliere la carriera, aumentando le retribuzioni, offrendo incentivi per training supplementari.

I rapporti tra docenti e studenti – Guarda

IL CLIMA – Ma tornando alle performance degli studenti, di importanza fondamentale sono anche i buoni rapporti tra docenti e studenti: i ragazzi apprendono di più e sono più disciplinati se si sentono considerati. La qualità del rapporto tra gli  studenti italiani e i loro professori è misurata in un punteggio di 75, inferiore alla media Ocse di 82. Il benessere dei ragazzi sta a cuore agli insegnanti? 71 contro 77. Gli insegnanti ascoltano realmente quello che i ragazzi hanno da dire? 70 contro 74. Se il ragazzo ha bisogno di aiuto extra,  il professore è disponibile? 71 contro 82 (89 in Finlandia e in Corea, 90 negli Stati Uniti, 91 in Gran Bretagna).  L’Italia è sotto di poco, ma comunque sotto. Buono invece l’atteggiamento degli insegnanti verso i loro allievi: 81, in media perfetta.