Sentenza d’appello nel processo per il crollo del controsoffitto di un’aula al liceo Darwin

Sentenza d’appello nel processo per il crollo del controsoffitto di un’aula  al liceo Darwin il 22 novembre 2008 –Lettera aperta al Ministro Maria Chiara Carrozza-

 

L’Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici (ANDIS) del Piemonte ha provato sconcerto alla lettura delle pene inflitte con la sentenza d’appello per il processo che doveva individuare gli eventuali responsabili per il crollo del controsoffitto sulla classe IV G, a.s. 2008/2009, del liceo Darwin di Rivoli.

Accadde, il terribile e tragico evento, improvvisamente, alla fine del primo intervallo, alle h.10,15, quando  in classe erano presenti diciassette studenti, durante un sabato mattina in cui la scuola aveva organizzato uno dei suoi open day e un vento fortissimo stava sferzando le città e i paesi all’imbocco della Val di Susa e tra essi, appunto, Rivoli. L’edificio che ospitava, e ospita, il Liceo Scientifico Charles Darwin e l’Istituto di Istruzione Superiore Oscar Romero, è una imponente e solida costruzione la cui prima pietra fu posta, per volontà del cardinal Maurilio Fossati, a metà degli Anni Trenta del secolo scorso per costruire un importante Seminario Vescovile che entrò in funzione al termine degli Anni Quaranta e ospitò fino al 1973  un buon numero di seminaristi tra i quali  non pochi presero i voti sacerdotali. Ancora oggi, tra gli abitanti del territorio circostante, tale edificio è conosciuto come Il Seminario.

Sulla collina morenica di Rivoli, il Seminario compete in imponenza con il Castello, attuale Museo di Arte Contemporanea. Costruzioni, alla vista, solide, forti, sicure, fatte per durare nei secoli.

 

Gli anni Sessanta e Settanta hanno visto, come conseguenza dello sviluppo economico -il boom- e del recente assetto democratico, l’innalzamento dell’obbligo scolastico e imponenti flussi migratori dal  Sud verso le grandi città industrializzate del Nord del Paese.  Comuni e Province si sono trovati a dover  improvvisamente rispondere all’impellente bisogno di scuole di ogni ordine e grado. La ricerca di soluzioni di veloce realizzazione era pressante: non bastò costruire nuove scuole in muratura, si dovette ricorrere a prefabbricati leggeri e pesanti, a volte ad alloggi trasformati in aule scolastiche -che in alcune realtà nazionali sono ancora operanti- e alla ricerca di edifici con altra destinazione d’uso. A Rivoli, ridente cittadina nell’area metropolitana di Torino,  l’occhio cadde sul Seminario che si era nel frattempo svuotato per l’emorragia di vocazioni; aveva  una cubatura davvero importante e una struttura solida -così almeno appariva ed appare- ed era immerso in un parco invidiabile. La cittadinanza  chiedeva  una Scuola Superiore e parve di reciproca convenienza, si presume, per la Curia e per la Provincia, operare il passaggio di proprietà e trasformare il Seminario in Scuola. Anzi, in Due Scuole: un liceo ed un istituto tecnico e professionale che vennero intitolati allo scienziato Charles Darwin l’uno e a monsignor Oscar Romero l’altro.

Furono necessari interventi di un certo rilievo per aprire aule laddove c’erano stanze per i seminaristi, predisporre uffici, palestre e spazi adatti  all’essere scuola. Interventi spesso parziali, che si susseguirono negli anni, secondo una visione progettuale in capo all’Ente Proprietario. La percezione era di interventi “a spizzichi e bocconi”, come risposta all’emergenza e mai come progetto complessivo in vista di una stabilità di lungo periodo. A dir il vero un bisogno di lungo periodo cui rispondere fu preso in considerazione, non solo per l’ex Seminario, ma in modo generalizzato per gli edifici con alti soffitti, in genere edifici storici: quello del risparmio sul riscaldamento. Fu così che si diffuse a macchia d’olio e divenne consuetudine abbassare i soffitti per diminuire la cubatura da riscaldare, nelle scuole dell’ex Seminario e in moltissime altre e, pessima ma altrettanto diffusa abitudine, depositare e nascondere le macerie sui controsoffitti per evitare le spese di smaltimento.

Non ci è dato conoscere i parametri utilizzati per prendere quelle -ed altre- decisioni operative, né se il rapporto tra spesa per costruire in modo diffuso controsoffitti e risparmio energetico produsse un risparmio reale e, se sì, in quanti anni. Sappiamo invece che, proprio in alcuni comuni della provincia di Torino, pochi anni fa, nel corso di un inverno particolarmente freddo, durante le vacanze natalizie fu spento il riscaldamento nelle scuole e scoppiarono i tubi a causa dell’acqua che vi ghiacciò dentro. Ci fu risparmio o maggiore spesa? Se ci fu maggiore spesa in quanti anni venne ammortizzata? Così come non ci è dato sapere se chi ci ha amministrato e governato nell’ultimo cinquantennio si sia mai posto il problema; se i decisori della spesa pubblica, dal cuore dello Stato fino agli Enti Locali,  abbiano mai considerato i fabbisogni reali e le priorità in una prospettiva di lungo periodo ed in un’ottica di sistema, considerando anche il contesto (i riscaldamenti spenti durante l’inverno e i tetti piatti costruiti al Nord sono emblematici), così come farebbe un “buon padre di famiglia”, secondo buon senso ed esperienza. Non lo sappiamo per i decenni di vacche grasse, quando il PIL era in crescita ed erano possibili sprechi e cattiva gestione, a maggior ragione non lo sappiamo oggi quando la risposta ai bisogni legittimi e legittimati delle scuole è diventato un mantra: “non ci sono soldi”. Già, per le scuole “non ci sono soldi”, come se le scuole fossero un aspetto marginale e fastidioso, un buco nero possibilmente da evitare per non esservi risucchiati, e non il luogo dove si produce e riproduce -e si dovrebbe ampliare- il Patrimonio di Conoscenza di una Nazione. Si produce e riproduce il capitale umano, il fondamento dell’economia, nelle scuole e nelle università. Si educano e formano le generazioni, nelle scuole. Passano, dalla Scuola, tutti i bambini e ragazzi per almeno dieci anni della loro vita, e molti, moltissimi, per sedici anni, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado. Insieme ai propri figli ci passano anche i genitori, i nonni, gli zii, le tate, i vicini di casa. La Scuola è il nostro patrimonio, la nostra storia, il nostro domani. La Scuola è ben oltre e ben più di un edificio. E’ organizzazione di un servizio vasto e complesso, rapporto con i soggetti del territorio e con le famiglie, formazione del personale, procedure e procedimenti per forniture, gestione  e valorizzazione delle risorse, di tutte le risorse, attenzione al miglioramento degli apprendimenti, personalizzazione degli apprendimenti per chi ne ha necessità e tanto, tanto altro ancora.

Invece, negli ultimi anni, il problema degli edifici, del loro funzionamento e funzionalità  è diventato sempre più pressante, ci ha avviluppati in modo soffocante con una ricaduta abnorme in termini di impegno, tempo e responsabilità, sul nostro lavoro, la nostra professione e sulla nostra vita. Noi, che ci riteniamo dirigenti a predominante connotazione formativa -non per nulla per accedere al ruolo è conditio sine qua non aver insegnato per un congruo numero di anni- siamo stati individuati come controllori, impauriti perchè non competenti, di strutture ed impianti.  Il dirigente scolastico sta dedicando parte sempre maggiore del suo prezioso tempo per tentare -sì, proprio tentare- di mappare e segnalare all’Ente Proprietario le magagne degli edifici, chiedere interventi che regolarmente non arrivano se non in fase di emergenza, predisporre documentazione delle segnalazioni per non incappare in procedimenti penali, nei quali incorrono, per altro, anche i più diligenti, attenti, responsabili; preparare documenti e “piani di fattibilità”, da quelli di valutazione del rischio, statici, dinamici, integrati, ai piani di evacuazione, organigrammi relativi al sistema di sicurezza, piani di formazione, di aggiornamento della formazione, per tutti i lavoratori, per i preposti, per gli addetti all’antincendio, al pronto soccorso e via di seguito. Una quantità abnorme di funzioni e di carte che di fatto non aiutano a costruire quella cultura della sicurezza e della tutela degli individui di cui ha bisogno non solo la scuola, ma la comunità nazionale intera .

Il dirigente scolastico, anche se supportato da insegnanti o altro personale interno dotato di specifiche competenze, o da “responsabili” esterni, è al centro di questa situazione paradossale: colui che risponde sempre, pur non avendo né competenze tecniche, né disponibilità finanziarie, né strutture organizzative di supporto. Per le “responsabilità” è un dirigente a pieno titolo, per le possibilità di intervento e spesa no. E’ un dirigente anomalo, dimezzato, privo di mezzi, caricato di responsabilità oltre la soglia dell’umana gestione. Emblematico di questa situazione è la rinuncia, nella regione Piemonte, di ben sette dirigenti di nuova nomina e la richiesta di tornare all’insegnamento non può non essere sintomatica dello stato di disagio che vive la nostra categoria. Non ci risulta sia mai successo negli anni precedenti.

Per tornare alla sentenza d’appello, di cui si è in attesa di pubblicazione, risulta particolare per almeno due motivi:

–     ad essere indagati, assolti in primo grado e condannati in secondo, sono stati gli RSPP che si sono succeduti nel corso degli anni (ben tre professionisti non hanno valutato il rischio “crollo soffitti” pur avendo le carte in regola, diplomi ed attestati, per ricoprire quella carica!);

–     il dolo pare (bisognerà leggere la sentenza) essere di non aver pensato di entrare nell’area tra il soffitto e il controsoffitto -in muratura!- per verificarne la stabilità.

 

Il pubblico ministero ha dichiarato che questa vuole essere una sentenza esemplare che deve produrre maggior consapevolezza e responsabilità da parte delle scuole e degli enti proprietari e che se le scuole non sono sicure si devono chiudere! Ma chi ci informa in merito al rapporto tra rischio e probabilità che un evento effettivamente accada? Chi ci dice qual è l’indice di sicurezza di una scuola e quando la si debba, in modo preventivo, chiudere. Siamo noi ex docenti, maestri, professori di italiano e latino, di inglese, di matematica, di arte, a doverlo stabilire? Grazie all’aver  imparato a memoria la legge 81? Grazie alle multe inflitteci  da Vigili del Fuoco e  SPRESAL  per omissioni o negligenze opinabili e spesso dipendenti dalle curvature dei punti di vista, dalla mancata rilevazione del rischio radon alla omissione del rischio di caduta dei controsoffitti, secondo visioni spesso particolaristiche  e sempre parziali?

Tutto ciò ha provocato nei dirigenti scolastici un timore generalizzato da inadeguatezza tecnica, un senso di impotenza per assenza o profonda carenza di strumenti, tecnici e finanziari, ed ora anche solitudine e sgomento a seguito delle dimissioni a catena, in molte scuole, delle figure  di supporto (ASPP, RLS e addetti vari).

Molte delle nostre scuole risiedono in edifici storici, alcuni dei quali destinati precedentemente ad altri usi. Molte altre sono state costruite quando vigevano norme differenti e non sempre possono essere adeguate alle più recenti. Con l’applicazione delle norme sulla sicurezza le scuole sono più sicure? E’ stato calcolato un indice di sicurezza? Quando, per quali motivi,  il dirigente scolastico può decidere di chiudere una scuola senza che questo venga considerato interruzione di pubblico servizio? Qual è il limite tra attività gestionale del servizio scolastico e responsabilità in capo all’Ente Proprietario? E dove si colloca la responsabilità di chi progetta materialmente i lavori o li esegue?  Chiediamo alle strutture competenti dello Stato di semplificare, adattare, regolamentare, rendere più chiara la normativa e più certe, meno opinabili, le responsabilità. Chiediamo l’emanazione, almeno, di un Regolamento specifico per la scuola. E chiediamo al nostro Ministero di farsi tramite presso altri ministeri e poteri dello Stato per concordare un Patto a favore della rinascenza della Scuola, del suo rifiorire e riprendere a dare i migliori frutti che nel passato produsse, nella pur difficile trasformazione in scuola di massa, quando era strumento di allargamento e diffusione culturale, ascensore sociale, vivaio a cui le aziende e i centri di ricerca hanno potuto attingere, luogo di formazione, ricerca, accoglienza, solidarietà, speranza di una nazione che guardava al futuro avendo cura del presente: i propri bambini, ragazzi, giovani.

 

Ciò che è accaduto al Darwin è evento tragico, tale da segnare in modo indelebile la comunità scolastica e l’intera società, che deve restare eccezionale e irripetibile; ma meno eccezionale e certo ben più frequente è tuttavia il distacco di parti di controsoffitti o di edifici, meno eccezionali sono altre evenienze causate da mal funzionamento di impianti elettrici o idraulici, o mancata tenuta delle strutture a seguito di scosse telluriche o fattori metereologici di particolare intensità su tutto il territorio nazionale.

Se davvero vogliamo evitare il ripetersi di simili tragedie bisogna porre da subito il problema della sicurezza nelle scuole come priorità nazionale assegnando tutte le risorse necessarie e mobilitando, in un piano di interventi agile, tempestivo e costantemente monitorato, le migliori competenze tecniche e gestionali del Paese.

 

La sentenza del Darwin, condannando RSPP succedutisi nella scuola e dirigenti tecnici della Provincia di Torino, di fatto assolve chi progettò e chi costruì materialmente il controsoffitto omicida senza aver rimosso le macerie prodotte. Mette sullo stesso piano  di responsabilità del  sondaggio/monitoraggio della struttura ente proprietario e gestore. Ma deve veramente essere in carico all’affittuario la verifica delle strutture? Se così fosse occorrerebbe rivedere il profilo del dirigente scolastico, le sue competenze, la sua struttura di supporto, il budget a sua disposizione, i criteri di selezione.

La scuola tutta chiede di essere rispettata, tutelata, valorizzata e non considerata il capro espiatorio di una situazione paludosa e paradossale  in cui i decisori che stanno a monte di un servizio pubblico essenziale non predispongono le opportune garanzie a tutela dei cittadini, siano essi studenti o lavoratori, e di fatto scaricano anche le proprie responsabilità su coloro che direttamente si occupano di aprire le scuole ogni primo giorno di scuola e per tutti i giorni dell’anno, con o senza banchi, con finestre rotte e muri scrostati, con palestre proprie o prese in prestito.

E le apriamo, le nostre scuole, per la consapevolezza che la Scuola è il centro, il cuore pulsante della vita presente e futura di questo Paese e non può rinchiudersi in se stessa per il timore di possibili e  non improbabili capi d’accusa che vanno oltre la sacrosanta valutazione di rischi intrinseci e specifici all’attività lavorativa. Apriamo le nostre scuole e le teniamo aperte perchè questo è il rischio minore, non per noi dirigenti, ma per il nostro Paese. Le teniamo aperte nonostante sentenze disorientanti e assenze irresponsabili. Le teniamo aperte perchè sono rimasti i luoghi, tra i pochi, in cui la coesione sociale è possibile e diffusa, dove tutti hanno la stessa dignità indipendentemente dalla classe sociale o dal luogo di provenienza e dove i geni possono coesistere con gli svantaggiati.

 

L’edificio che contiene le autonomie scolastiche Darwin e Romero, con circa milleseicento ragazzi e duecento unità di personale, dove più di cinque anni fa crollò un controsoffitto e che prendiamo come caso esemplificativo di una situazione molto diffusa, a tutt’oggi presenta: -l’ala del crollo ancora sotto sequestro (il buon senso dice che il degrado si accentua con il passare del tempo se non si interviene) e pertanto interdetta ad ogni possibile opera di ripristino; -lavori di ristrutturazione del tetto iniziati nella primavera del 2012 grazie ad un finanziamento CIPE e attualmente interrotti a causa del mancato rispetto dei vincoli da parte della ditta appaltatrice (possibile, con  un ribasso d’asta di circa il cinquanta per cento!); -una serie di lavori appaltati a segmenti e pertanto a ditte differenti, per la messa a norma in vista dell’acquisizione del CPI (certificato prevenzione incendi) su progetto presentato da parte dell’ente proprietario nel 2009; -dirigenti scolastici ed rspp che passano buona parte del proprio tempo in riunioni per la  preparazione di DUVRI (documento valutazione rischio da interferenze), uno  per ogni nuova ditta che interviene e solo nel corso del 2013 ne sono passate ben cinque. Queste scuole, a distanza di cinque anni da un tragico evento fortemente mediatizzato, non solo non sono state ristrutturate, ma non sanno ancora quando lo saranno. E, nonostante i processi, gli innumerevoli servizi giornalistici e televisivi, le manifestazioni pubbliche e i tam tam sui social- network, gli appelli e gli impegni urlati da più parti ai sette venti, queste scuole non sanno quale sia il proprio indice di sicurezza strutturale.

Ci si sente davvero in balia del Caso.

 

Ciononostante siamo qui, a ribadire il nostro impegno, la nostra disponibilità a collaborare, la nostra forza d’animo, la nostra intelligenza, la nostra umanità per reggere insieme le nostre scuole ferite. E per guarirle.

 

Signora Ministro, abbiamo notato anche il suo di impegno, dopo anni di sacrifici -tagli sconsiderati- non sempre giustificati e giustificabili e le garantiamo, che se vorrà riportare la Scuola al centro delle scelte del Governo, ci avrà al suo fianco, sostenitori attenti e battaglieri, perchè se riparte la Scuola riparte il Paese.

 

Torino 11 dicembre 2013

 

 

Il Presidente Provinciale                      Il Presidente Regionale

ANDIS Torino                                    ANDIS Piemonte

Dott.ssa Maria Luisa Mattiuzzo                    Dott. Nicola Puttilli