Chi ha ancora paura dell’Invalsi?

da Tecnica della Scuola

Chi ha ancora paura dell’Invalsi?
di Pasquale Almirante
La Voce.info entra nel merito della valutazione Invalsi, dopo le dimissioni da presidente dell’Istituto di Paolo Sestito e la nomina di una commissione ministeriale incaricata di selezionare i candidati
Ma l’aspetto più importante, più che la presidenza, è il processo di valutazione del nostro sistema scolastico e l’utilizzazione di misure oggettive delle competenze acquisite dai ragazzi, con tutti gli interrogativi sottesi alla possibilità che l’Invalsi riesca a continuare le importanti iniziative di misurazione degli apprendimenti fin qui attuate e cominci a operare come perno del sistema nazionale di valutazione (Snv). Le rilevazioni Invalsi sulle competenze acquisite al termine dei vari cicli dell’istruzione d’obbligo hanno consentito che anche l’Italia disponesse di affidabili informazioni oggettive sulle quali basare meditate analisi dei punti di forza e di debolezza delle singole scuole, pacate riflessioni sulle capacità del sistema scolastico, nel suo complesso, di trasmettere saperi indispensabili per partecipare alla vita associata e – questione, forse, ancora più importante – rigorose valutazioni della capacità delle singole misure di politica scolastica di raggiungere gli obiettivi formativi che esse si erano prefisse. Tuttavia, sottolinea La Voce, nostro paese, il dibattito su tutti questi temi è stato preda di pregiudizi ideologici e di sentenziosità arbitrarie, tralasciando il fatto più importante e cioè che anche in Italia si cominciassero a esprimere opinioni sulla scuola fondate sui fatti. Si può discutere se altre competenze, oltre a quelle fin qui considerate dall’Invalsi, dovrebbero essere fatte oggetto di analisi. E si può discutere su quali siano gli strumenti di misurazione più adeguati, ma senza la raccolta di solide informazioni oggettive e standardizzate sugli apprendimenti di chi frequenta i vari ordini e gradi del nostro sistema scolastico, nulla potrebbe essere fatto per porre rimedio a sue eventuali carenze formative, o di sue singole componenti, né diffondere le buone pratiche organizzative, pedagogiche e didattiche poste in atto da dirigenti e insegnanti. Per continuare in questa sua essenziale funzione di documentazione e di analisi del funzionamento del nostro sistema scolastico e per completarla, l’Invalsi abbisogna, oltre che di un vertice competente, di accrescere le proprie risorse scientifiche e tecniche e la propria strumentazione informatica, potenziando il suo personale e le sue dotazioni strumentali, l’innesco dei processi di autovalutazione, di valutazione esterna e di rendicontazione sociale delle singole scuole e del sistema scolastico nella sua interezza. Tuttavia rimane sempre un lato oscuro nei meandri di questo ragionamento, che a livello teorico è inoppugnabile, ma che si opacizza proprio sui livelli cosiddetti ideologici. Il timore più apparente dei docenti sta infatti nell’uso che di questi risultati se ne possa fare da parte di chi li gestisce, sfruttandoli sia in termini vessatori e sia di favore agevolante, con l’implementazione di graduatorie meritocratiche che non renderebbero un buon servizio alla serenità delle scuole. Ed è lo stesso dibattito politico-ideologico che fa innalzare le barricate dei sospetti, considerato che, per esempio, è tra gli obiettivi della destra quello di favorire le scuole private per cui qualsiasi mancanza pubblica, come è avvenuto finora, è servita come grimaldello per valorizzare il privato, mentre lo sfruttamento degli stessi docenti come vigilanti delle prove ha contribuito ad esasperare il già pesante lavoro d’aula.