Troppi compiti a Natale? È vero, si rischia il rigetto

da Tecnica della Scuola

Troppi compiti a Natale? È vero, si rischia il rigetto
di A.G.
A dirlo, schierandosi col ministro Carrozza, è il docente, scrittore e giornalista Marco Lodoli: gli alunni devono lavorare più in classe che a casa, altrimenti non c’è più tempo per la vita. La crescita è fatta di tanti fattori. Natale e i fine settimana sono periodi in cui i bambini si ricreano e crescono nell’educazione sentimentale. E’ importante che si dedichino al gioco, alle gite, alle passeggiate, allo sport, a stare in famiglia. E poi largo alla lettura: una edificante può essere “L’uomo che piantava gli alberi”, di Jean Giono.
Più tempo per gioco, famiglia, sport e letture piacevoli. Meno per i compiti. Marco Lodoli, scrittore, giornalista ma anche professore nelle scuole superiori e padre di due figli, è d’accordo con l’appello lanciato poche ore prima dal ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza. Interpellato dall’agenzia Ansa, il docente-scrittore-giornalista, autore tra gli altri di “Il rosso e il blu”, libro sulla scuola da cui è stato tratto il film omonimo di Giuseppe Piccioni (2012), ritiene che nel periodo natalizio, così come nei fine settimana e negli altri periodi di chiusura delle scuole, non occorre effettivamente assegnare troppi compiti. Molto meglio dedicarsi, invece, alla lettura. “Effettivamente – spiega Lodoli – la mole di compiti sui ragazzi è immensa. Una mole tra l’altro, stando almeno a quanto ci dice l’Europa (che ci posiziona indietro nelle classifiche legate ai risultati scolastici), cui non corrisponde neanche un grande risultato in termini di apprendimento. Lasciamo del tempo libero ai nostri studenti, esagerare con i compiti non serve, anzi rischiamo solo che abbiano crisi di rigetto”.
“L’invito a leggere del miniatro Carrozza è giusto – continua -. Credo che una lettura edificante per un pomeriggio possa essere “L’uomo che piantava gli alberi”, di Jean Giono: il racconto di un uomo che, indifferente a tutto ciò che lo circonda, va avanti per la sua strada e cambia la vita di un intero paese. Anche da questo si impara”.
Lodoli, da professore di un istituto professionale del quartiere romano periferico ‘Torrespaccata’, preferisce che i suoi alunni lavorino più in classe che a casa. “Altrimenti non c’è più tempo per la vita, la crescita è fatta di tanti fattori. E anche se può sembrare una bestemmia, non solo lo studio, ma anche il gioco è uno strumento di crescita. Natale e i fine settimana dovrebbero essere periodi in cui i bambini si ricreano e crescono anche nell’educazione sentimentale. E’ importante che si dedichino alle gite, alle passeggiate, allo sport, a stare con la famiglia”. Conti alla mano, sostiene il prof-scrittore, i giovani passano più tempo sui libri di quanto non facciano gli adulti nel lavoro: “Se pensiamo che trascorrono a scuola una media di 6 ore e poi per altre 3-4 ore sono alle prese con i compiti, è chiaro che alla fine ‘lavorano’ più di noi adulti. Almeno più di me sicuramente”. E se lo dice un prof impegnato su più fronti e di successo, allora sulla questione sollevata dal Ministro forse è proprio giunto il momento di riflettere.