Continuità dell’apprendimento e curricoli verticali

Continuità dell’apprendimento e curricoli verticali

di Anna Marra Barone

 

1°  intervento

Parlerò della ricerca-azione sui curricoli verticali di Scienze, riguardante gli Istituti comprensivi che ho coordinato in Campania,  e di un progetto in rete interregionale riguardante la costruzione di standard di competenze.

La ricerca-azione degli istituti comprensivi è stata preceduta da un analogo lavoro  progettato da

Berlinguer  su 21 istituti sperimentali, per accertare la validità dell’autonomia. Oggetto dell’indagine erano: 1) La flessibilità, con particolare riguardo alla personalizzazione degli eventi; 2) L’integrazione,  interna ed esterna, secondo la legge 112 del ’98 che ha trasferito alcune competenze agli enti locali (comuni, province, regioni)  considerati partner delle scuole; 3)La responsabilità, cioè la scelta di decisioni individuali e collegiali con particolare riferimento alla leadership.

 

Il progetto sui curricoli verticali, ai quali  mi riferisco, aveva come scopo quello di promuovere una analisi sugli obiettivi formativi declinati in verticale e sulle competenze degli allievi, per differenziare

progressivamente l’organizzazione dei saperi.

Il progetto si è articolato in quattro poli territoriali: 1) Il Piemonte, capofila,  per la matematica,

coordinato dall’ ispettore Militerno; 2) La Campania, capofila per le scienze, coordinato da me

insieme al prof Guidoni, al prof. Balzani e a un tecnico dell’IRRSAE; 3) La Toscana, per la lingua italiana; 4) L’Emilia Romagna per la storia.

Era  presente  anche un gruppo nazionale che ha svolto funzioni di coordinamento e di organizzazione dei seminari di formazione.

 

I primi documenti su cui si impostò il lavoro furono quelli prodotti dalle commissioni Berlinguer e

Di Mauro sulle indicazioni curricolari, che vennero confrontate con i piani di studio personalizzati degli istituti comprensivi in esame. In seguito, si dovette tenere conto dei documenti e delle nuove raccomandazioni presenti nella riforma Moratti, che intanto aveva avviato una sperimentazione nella scuola dell’infanzia e nelle scuole elementari.

Le raccomandazioni erano soltanto orientative e davano grandissima importanza alla condivisione

di un lessico comune e ai concetti di capacità, competenze, abilità e attitudine degli allievi.

L’impostazione del lavoro partì poi da alcuni seminari di formazione cui hanno partecipato, quali esperti, anche  il prof. Guidoni e il prof.  Balzani.  Con altri esperti del gruppo nazionale. sono state

poi prese in considerazione tutte le esperienze pregresse degli istituti comprensivi, le attività di ricerca

fatte dall’università di Napoli con alcune scuole e le iniziative del progetto SET – Scienza e

Tecnologia-.impostate  su temi della scienza legati al vissuto quotidiano e  molto sentiti dagli allievi.

Per quanto riguarda poi l’ impostazione dei curricoli verticali, voglio ricordare che la continuità

nell’apprendimento è stata istituita con la legge 148 del ’90, seguita dai decreti ministeriali e dalla

circolare 339, poco applicata nelle scuole, ma che conteneva  indicazioni operative fattibili e concrete.Si constatò,  infatti,  che i  documenti successivi (la legge 30 del 2000 e la legge Moratti) costituivano   un ampliamento e un potenziamento dei precedenti documenti, nei quali  era  sempre raccomandata la continuità  dell’ apprendimento  e  l’ adattamento delle conoscenze ai diversi livelli di età. La continuità dell’ apprendimento va sempre legata all’orientamento, inteso come scoperta

delle attitudini, delle inclinazioni, degli interessi degli allievi  e che iniziano già nella scuola dell’infanzia e che successivamente devono essere potenziati.

Questa continuità è senz’altro comunicazione, coordinamento, lavoro cooperativo, costruzione di progetti in verticale. E questo e’  proprio  il difficile ! Anche nella riforma Moratti, come nelle riforme precedenti, si parla di progettazione verticale, passando dalla logica dei programmi alla logica del curricolo e del processo.  Questo è ciò che si intende per continuità.!

 

Gli istituti comprensivi sono solo il 43% delle scuole, ma presentano adeguatamente  le condizioni di fattibilità del progetto di continuità, perché hanno un collegio dei docenti e un consiglio di istituto unitario, con possibilità di scambi reciproci. Per esempio.  i  docenti di lingua  straniera vanno ad insegnare nelle classi  della scuola elementare. Docenti di educazione fisica fanno anche educazione motoria ai bambini delle classi elementari. Il docente di tecnica unisce alunni della scuola elementare e della scuola media e anche nei corsi di recupero e sostegno possono essere  utilizzati, indifferentemente, docenti della media e delle elementari.

Lo scambio dei docenti facilita senza dubbio  il confronto tra docenti ed alunni.  Infatti, nei seminari di formazione gli insegnanti della scuola elementare hanno ringraziato quelli della scuola media per la disciplinarietà offerta, mentre quelli di scuola media hanno ringraziato i docenti della scuola primaria per le possibilità di comprensione dei problemi più svariati.  Solo un dato è risultato molto negativo,  il fatto, cioè,  che alcuni istituti comprensivi dipendevano da più comuni, anche 5 o 6, e ciò  limitava  notevolmente   la fattibilità dei progetti.

In Campania è stata costruita una rete di scuole che consente di lavorare  “on line”. A questa rete   partecipano non solo i docenti delle 15 scuole che l’hanno formata, ma anche docenti dell’università e di altri istituti.. E’ in corso, inoltre, un monitoraggio che riguarda più aree: la progettazione curricolare, la gestione del curricolo, gli esiti dell’ apprendimento sia in senso orizzontale che verticale. Tutti lavorano insieme per migliorare la qualità dell’apprendimento e dell’insegnamento, legati alla valutazione degli esiti. E’ un esempio autentico di trasversalità della scuola.

 

2° intervento

Per rispondere alla domanda sull’importanza dei laboratori, voglio far presente che nel lavoro

di ricerca-azione, condotto negli istituti comprensivi, si è evidenziata la carenza dei laboratori, intesi in senso stretto, cioè come luoghi attrezzati per esperienze specifiche.

E’ stata data però grande importanza al concetto di laboratorio allargato, inteso  come  possibilità che gli studenti, in gruppi elettivi secondo gli interessi, possano  sperimentare all’esterno della scuola occasioni di apprendimento, le  più svariate possibili.  E’ comunque innegabile che i laboratori specifici sono carenti e colgo l’occasione  per ricordare che ad essi devono provvedere gli enti locali, ai sensi della legge n. 112.

Qualcuno poi ha fatto riferimento anche alla  figura del “tutor”, introdotto  sia nella scuola elementare  che nella media.  Con la nuova riforma  bisogna tenere presente che il  tutor è una figura  di grande importanza, con funzioni di coordinamento anche con l’équipe pedagogica che lavora nelle classi e con le famiglie. Le figure di sistema però,  come si ricava dall’esperienza delle figure obiettivo, non hanno funzionato a dovere,  in quanto  non hanno saputo coordinarsi tra di loro né con i dipartimenti, con i consigli di classe, con il dirigente scolastico.

Nel nostro progetto di ricerca-azione la figura del tutor ha rivestito grande importanza in quanto

ha rappresentato  il punto di avvio dell’ aggiornamento, ha coordinato i percorsi didattici in verticale con l’assistenza  di  docenti esperti, ciascuno  nel proprio  campo scientifico ( a seconda se era un progetto di fisica, di chimica, di  biologia o geologia)..

 

 

Nel suo libro Guarire dal mal di scuola” Romeo diceva La figura del singolo docente, motivato e appassionato, rimane comunque fondamentale.  Ma  come possiamo motivare gli studenti se non siamo noi stessi veramente motivati?”

 

Riferendomi ad un altra situazione, colgo l’occasione per ricordare  l’Ispettore Sergio Beer, un uomo altamente  illuminato ed  esperto nel campo delle scienze, A quei tempi si parlava  rigidamente di programmi e  io, che insegnavo in un istituto magistrale,  gli chiesi un giorno  se potevo  anticipare

alcuni argomenti  di chimica organica perché, a mio parere, propedeutici al corso di Biologia. Lui condivise pienamente  la mia opinione ma purtroppo mi disse con dolcezza: professoressa, si tenga però a posto con le “carte” perché i programmi si devono seguire!

 

ANISN -XIII Convegno Nazionale. Torino, 23-27 marzo 2004