Lessico pedagogico 1

Lessico pedagogico 1
Nomina sunt numina rerum-i nomi sono i simboli delle cose

di Umberto Tenuta

 

I nomi sono i simboli delle cose: dicono che cosa sono.

E, pertanto, forse è opportuno prendere in considerazione alcuni dei nomi più comunemente utilizzati nella scuola:

 

INSEGNANTE

Colui che insegna, dal latino in-signo,tradurre in segni (parole, suoni, gesti… lettere, cifre, grafici) o, ancora peggio, incidere nella mente, come fa l’incisore sul bronzo.

Ma noi ora sappiamo che l’insegnante non può imprimere le conoscenze nella mente degli studenti, come pure si prevedeva nei Programmi didattici del 1867: <<Il maestro si astenga dal dare dimostrazioni che in quella tenera età non sarebbero intese. Si limiti ad imprimer bene nelle menti degli scolari le definizioni e le regole>>[1].

Quindi, nella scuola non usiamo più questa parola!

 

DOCENTE

Dal latino doceo, insegno, ha lo stesso significato di insegnante.

Quindi, aboliamo anche questo termine.

 

PROFESSORE

Colui che esercita la professione di insegnare.

Aboliamo anche questo termine!

 

MAESTRO

Dal latino magis, colui che è di più del discente (qualcuno dice magis-ter: tre volte di più).

Chi è il maestro se non colui che è più cresciuto, diventato adulto, alto: colui che ha acquisito competenze più alte dell’alunno.

In quanto più alto, può aiutare ad alimentarsi (alunno) e quindi a crescere, come il tutore della pianta, anzi di più, perché ha già percorso la strada e sa come ci si alimenta per crescere, come si impara, come si apprende.

Maestro −adulto, più alto−, si pone come meta che sfida l’alunno a crescere, che lo motiva, che lo guida, che lo orienta nel suo alimentarsi,

Tu sei lo mio maestro e lo mio autore, dice Dante a Virgilio.

Maestro, il titolo più bello per gli insegnanti, per i docenti e per i professori!

Maestro, titolo di gloria finanche per i Professori universitari!

 

SCOLARO, ALUNNO, STUDENTE

Scolaro, colui che va a scuola. Ma non dice quello che fa. Termine inadeguato!

 

Alunno, colui che si alimenta (dal latino alere, alimentarsi per alto, adulto).

In ambito agricolo, si chiamano alunni le pianticelle dei vivai e i piccoli degli animali!

Termine non specifico!

 

Studente (Dal latino studium, amore, passione).

Scrive F. Ferrarotti che <<La scuola non sembra in grado di stimolare e far scoprire ai giovani la gioia della lettura, e di riportare lo studio al suo significato originario di studium, ossia amore, passione, avventura[2]

Ecco, studente sembra essere il titolo più qualificante per i giovani che debbono alimentarsi per crescere, divenire alti, adulti, umanizzati.

Scrive Kant: <<La bestia è già resa perfetta dall’istinto… L’uomo invece… non possiede un istinto e deve quindi formulare da sé il piano del proprio modo di agire… La specie umana deve esprimere con le sue forze e da se stessa le doti proprie dell’umanità. Una generazione educa l’altra… L’uomo può diventare tale solo con l’educazione>>[3]

 

LEZIONE, SPIEGAZIONE, VALUTAZIONE

Dal latino lectio, lettura.

I primi maestri utilizzavano i testi da leggere ai giovani, perché questi li memorizzassero.

A volte (ma quante volte!), i docenti leggono o parlano e gli studenti ascoltano: se ascoltano e non si distraggono, se ascoltano e non ricordano!

CONFUCIO: Se ascolto, dimentico!

 

SPIEGAZIONE

Spiegare, dal latino explico, tolgo dal plico, dispiegare, spiegare la pergamena, il foglio scritto.

Comunque, un tentativo di rendere esplicito quanto è oggetto della lezione.

Ma, forse, è meglio che la spiegazione se la facciano gli studenti!

 

PROGRAMMI, PROGRAMMAZIONE, PIANI EDUCATIVI PERSONALIZZATI

PROGRAMMI

Dal greco: pro, prima, grafo, scrivere: scrivere prima quello che si deve fare.

Elenco o descrizione delle conoscenze (saperi), delle capcità (saper fare) e degli atteggiamenti (saper essere) che si ritiene gli studenti dovrebbero perseguire e conseguire in un determinato anno, ciclo, corso di studio.

I Programmi valgono per tutti gli studenti: le stesse conoscenze, le stesse capacità, gli stessi atteggiamenti per tutti gli studenti.

Chi non li raggiunge nell’anno, nel ciclo, nel corso viene lasciato indietro (respinto).

Pensate un po’: per tutti gli studenti le stesse conoscenze, le stesse capacità, gli stessi atteggiamenti.

Come per i robot!

 

PROGRAMMAZIONE

Beh, facciamo un passo in avanti!

Programma-zione, azione programmatoria, programma in progress

Perché un’azione programmatoria continua e non una programmazione predefinita?

Ovvio!

Perché tutto scorre, si muove, cambia, diviene diverso…

E della diversità occorre tener conto nella scuola del diritto alla piena formazione della personalità dei singoli studenti, uno diverso dall’altro, come diversi sono i sette miliardi di esseri umani che popolano la terra!

La scuola non serve a selezionare i piani alti della stratificazione piramidale della società e perciò non può avere carattere selettivo: i saperi (sapere, saper fare, sapere essere) non possono essere uguali per tutti gli studenti!

Chi li consegue avanza, chi non li consegue viene respinto, non sale la scala sociale.

In una società del diritto all’educazione per tutti i cittadini, i Programmi debbono essere modulati secondo le caratteristiche personali dei singoli studenti, cioè dei loro livelli di sviluppo e di apprendimento, dei loro ritmi e stili di apprendimento.

Pertanto, la Programmazione si traduce in un PIANO DELL’OFFERTA FORMATIVA (POF) che ogni scuola elabora sulla base delle esigenze formative che sono proprie dei singoli studenti nel loro particolare contesto socioculturale: nel POF si sintetizzano i PIANI EDUCATIVI PERSONALIZZATI (PEP) dei singoli alunni.

 

INDIVIDUALIZZAZIONE, PERSONALIZZAZIONE

Stante la diversità dei singoli alunni, per ognuno di essi si elabora PIANO EDUCATIVO PERSONALIZZATO (PEP).

Nel passato, si parlava di PIANI EDUCATIVI INDIVIDUALIZZATI, in riferimento alla individualità dei singoli studenti.

Considerato che ogni essere umano non è un individuo come qualsiasi altro essere vivente, ma una persona portatrice dei valori che sono propri dell’uomo, oggi si preferisce parlare di PERSONALIZZAZIONE EDUCATIVA  e quindi di PIANI EDUCATIVI PERSONALIZZATI (PEP).

 

VALUTAZIONE, Valutazione selettiva, valutazione formativa

In una società stratificata in classi sociali qual era quella antecedente alla Costituzione Repubblicana del 1948, la scuola aveva carattere selettivo, in quanto mirata a conservare lo status sociale di appartenenza di ogni individuo, lasciando poco sazio alla mobilità sociale, condizionata ai livelli di formazione ritenuti necessari per le singole classi sociali.

Chi acquisiva le necessarie competenze ascendeva nella piramide sociale.

Tracce di questa concezione si ritrovano perfino nella Costituzione repubblicana del 1948, laddove si parla di capaci e meritevoli.

Come ha ben denunciato Don Milani in Lettera ad una professoressa, di norma i figli del dottore erano ritenuti portatori di cromosomi più potenti ed i respinti si ritrovavano soprattutto negli studenti provenienti dalle classi sociali più basse.

La situazione non è cambiata di molto nella scuola odierna, nella quale continua la selezione, seppure in forma più modesta, come si rileva dall’appartenenza sociale della gran parte degli alunni respinti nella scuola secondaria, soprattutto di secondo grado.

Come precisa l’art. 3 della Costituzione italiana del 1948, << È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese>>.

Sulla base del diritto di ogni cittadino al pieno sviluppo della sua personalità, nella norma positiva di cui all’art. 1 del D.P.R. 275/1999, si afferma che << L’autonomia delle istituzioni scolastiche … si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento>>.

 

Ad ogni figlio di donna va garantito il <<successo formativo>>.

Tale principio si ritrova confermato <<ogni uomo è destinato ad essere un successo e il mondo è de-stinato ad accogliere questo successo>> nel rapporto FAURE[4].

Ne consegue che la scuola ha il dovere di garantire ad ogni studente la piena, integrale, originale formazione della sua personalità.

Respingere gli studenti significa violare il diritto al successo formativo,

Ciò significa che la scuola deve utilizzare tutti gli strumenti che le scienze dell’educazione oggi mettono a disposizione dei maestri per garantire il successo formativo di tutti gli studenti.

E, pertanto, la valutazione non serve più per promuovere o respingere, ma per progettare interventi formativi personalizzati che garantiscano a tutti gli studenti di raggiungere il successo formativo.

La valutazione non ha più carattere selettivo, ma assume carattere formativo[5].

 

 

 

 



[1] LOMBARDI F.M., I Programmi per la scuola elementare dal 1850 al 1985>, La Scuola, Brescia, 1987, pp. 49-50.

[2] FERRAROTTI F., Leggere, leggersi, Donzelli, Roma, 1998.

[3] KANT E., Pedagogia, O.D.C.U., Rimini, 1953, pp.25-27.

[4] FAURE E, a cura di, Rapporto sulle strategie dell’educazione, Armando-UNESCO, Roma, 1973, p. 249.

[5] (ZAVALLONI R., Valutare per educare, La Scuola, Brescia, 1961).