Assistenza domiciliare ai disabili, servizio vitale che rischia di morire

Assistenza domiciliare ai disabili, servizio vitale che rischia di morire

Roma e Napoli: sono due delle città in cui più forte si sente la crisi di questo pezzo fondamentale di welfare cittadino. Nella capitale la “coperta è troppo corta”, restano fuori la metà degli aventi diritto. A Napoli servizio interrotto per i 900 utenti

da Redattore Sociale
27 gennaio 2014

ROMA – Assistenza domiciliare, il servizio “scoppia”. L’allarme arriva principalmente da Roma e Napoli, ma la situazione è critica in molti comuni italiani: complice il taglio alle risorse degli enti locali, ma anche la mancanza di una gestione unitaria a livello nazionale, sono molte le persone con disabilità che vedono ridursi notevolmente (se non addirittura scomparire) un servizio fondamentale per la gestione della quotidianità propria e della propria famiglia. Così, a Napoli l’intera popolazione di oltre 900 cittadini con disabilità non può più contare sul fondamentale aiuto dell’assistente domiciliare inviato dal comune: un sostegno sociale (non sanitario) fondamentale per la gestione di piccole e grandi incombenze che, in assenza di questo servizio, gravano interamente sui familiari. La sospensione di un servizio così rimette infatti in discussione l’intera organizzazione familiare, soprattutto nei casi di più grave disabilità e di ridotta autonomia: abbandonare il lavoro diventa per molti caregivers una necessità, tanto più gravosa in tempi di crisi economica.

I problemi sono quelli comuni a tutti i principali servizi del welfare locale: liste d’attesa, insufficienza delle risorse, ritardi nei pagamenti dovuti dalle amministrazioni agli enti gestori, precarietà dei lavoratori impiegati nei servizi, inadeguatezza del sistema di verifica e misurazione del bisogno, ecc. Vediamo più da vicino cosa sta accadendo a Roma e a Napoli.
A Roma, sono circa 4.500 gli utenti disabili in carico al servizio di assistenza domiciliare a Roma: 2 mila, ovvero poco meno della metà, quelli in lista d’attesa. La situazione è ancora più critica per gli anziani: nel loro caso, il servizio prende il nome di Saisa e copre circa 4mila utenti, mentre ne lascia scoperti quasi altrettanti (3.700). La situazione non è migliorata, ma anzi pare addirittura peggiorata, con la delibera 355/2012, voluta dalla precedente giunta e avviata in alcuni municipi, i cui effetti più immediati sono stati ulteriori tagli alle prestazioni, con notevole disagio di utenti e famiglie. In termini numerici, l’applicazione della riforma, finora avvenuta solo in alcuni municipi, ha prodotto due risultati principali: da un lato, l’aumento del 13% del costo orario delle cooperative (da 19,17 a 21,92 euro); dall’altro, la riduzione fino al 29% delle ore di prestazione erogata alle persone con un bisogno assistenziale alto.

Intanto, a Napoli, Sergio e Giovanna Dell’Aversana, due fratelli cinquantenni, entrambi disabili gravi e completamente allettati, oggi possono contare solo sull’aiuto della madre anziana. Anche loro, infatti, come altri 905 disabili gravi e anziani del capoluogo campano, non avranno più l’Adi, il servizio di assistenza domiciliare integrata del comune di Napoli, gestito da un gruppo di cooperative e consorzi che qualche giorno fa hanno scritto al sindaco Luigi de Magistris e all’assessore alle Politiche sociali Roberta Gaeta, dicendo di aver avviato le procedure di licenziamento collettivo. La decisione è stata presa dopo mesi di incontri tra l’assessore Gaeta, i responsabili delle cooperative coinvolte e i rappresentanti sindacali, e dopo aver verificato che gli impegni assunti dall’amministrazione comunale,  più volte ribaditi anche a mezzo stampa, non sono stati rispettati. Risultato: enorme disagio per i cittadini disabili e le loro famiglie. (cl)