Il caso “Volta” e la scuola italiana

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Il caso “Volta” e la scuola italiana

Lo scorso 27 gennaio il Dott. Saverio Ferrari è stato invitato presso il Liceo Scientifico “Volta” di Milano per tenere una relazione sul tema “I movimenti neofascisti  oggi in Italia e in Europa”. L’iniziativa faceva parte di una serie di manifestazioni dedicate alla “Giornata della Memoria” svoltesi in più giorni presso lo stesso istituto.

Saverio Ferrari  è ricordato per un passato che si potrebbe definire, senza eccessivo timore di smentite, turbolento. Militante di Avanguardia Operaia, egli è stato condannato  in via definitiva per l’assalto a un locale milanese frequentato da suoi avversari politici: nella circostanza furono feriti gravemente tre avventori, uno dei quali riportò danni fisici permanenti. Inoltre non risulta abbia mai dato luogo non si dice a un percorso di ravvedimento circa il suo passato, ma neppure ad un ripensamento in termini più sereni e obbiettivi dei fatti in cui fu coinvolto.

La conferenza del Ferrari al Volta ha prodotto tutta serie di polemiche. Alcune di queste originate proprio dal suo non aver rinnegato un passato fazioso e violento, altre dal fatto che il milanese Consiglio di zona 3 ha concesso un contributo per sostenere l’evento.

Come Associazione di docenti che si occupa di scuola, è però un’ altra la prospettiva secondo la quale vogliamo considerare questa vicenda. Confessiamo che la decisione del Consiglio di zona, considerata la sua composizione, non ci stupisce. E che anche la presenza del Ferrari che parla ex cathedra  nel liceo – di per sé – non ci amareggia troppo.

La questione è un’altra, e precisamente la seguente. Il  Dott. Ferrari è stato invitato a tenere la sua lezione dal Consiglio d’Istituto del Volta. Questo organismo, evidentemente, conosceva il suo passato e il suo presente: non possiamo pensare che sia mancata l’informazione al riguardo. Ne era certamente a conoscenza, inoltre, il Dirigente scolastico. Ci si chiede dunque non tanto perché egli sia stato invitato, ma perché gli sia stato permesso di tenere la sua lezione – di fronte ad adulti ma anche a molti giovani studenti – in totale mancanza di contraddittorio. Gli studenti, soggetti in formazione dei quali la scuola deve avere cura con delicatezza e senso di responsabilità, hanno udito il rintocco di una sola campana, senza poter ascoltare, nel merito dell’argomento che veniva affrontato, un’opinione diversa, allo scopo di potersene formare una personale con cognizione di causa. In altre e più succinte parole: non è stata fatta cultura, ma opera di indottrinamento.

Lasciamo pure stare, dunque, il Ferrari, che in fondo ha adempiuto al suo ufficio come ben si sapeva che avrebbe fatto. Il problema, ancora una volta, è quello della capacità educativa della Scuola di Stato, e del clima culturale che in essa si respira: un clima di uniformità ideologica in cui non c’è neppure bisogno di censurare chi (sia egli  docente, sia studente) voglia manifestare idee diverse da quelle imposte dal politically correct, poiché è egli stesso che si autocensura, per evitare di essere messo all’indice ed emarginato.

Che queste ultime osservazioni siano corrette, lo si deduce tra l’altro dal fatto che non risultano rimostranze da parte del personale insegnante dell’Istituto in ordine ai fatti descritti:  solo la protesta di un gruppo di giovani Consiglieri di opposizione del Consiglio di zona 3 ha reso noti i fatti e così  disperso il silenzio permeato di conformismo e di pavidità che avvolgeva il Volta, in questo copia-carbone di tante altre scuole di Stato.

Il presidente Prof. Angelo Ruggiero