Medaglie del disonore, ancora!

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Medaglie del disonore, ancora!

di Umberto Tenuta

 

Ancora, ancora, ancora medaglie del disonore, come ieri gli albi del disonore!

Lasciatemelo gridare forte!

Lasciatemi gridare a squarciagola tutta la rabbia di un figlio di contadino che ha dovuto stringere i denti, rinunciare ai giochi, studiare con lume a petrolio e le narici sempre affumicate, per emergere infine, per diventare più di quello che mai aveva potuto sognare: Maestro, Sindaco, Dirigente scolastico, Dirigente superiore per i servizi ispettivi tecnici del Ministero dell’istruzione, Rinunciatario della nomina a Dirigente generale del Ministero della Ricerca.

Lasciatemi invocare misericordia, la misericordia di Papa Francesco, per i poveretti, per gli sprovveduti, per gli sfortunati che non sono nati nelle case del dottore di milaniana memoria.

Ma come?

Anche la scuola è un campo di battaglia, con lotte fratricide per la supremazia, per la medaglia al merito della Repubblica?

Suvvia, smettiamola di giocare al massacro dei figli di donna, i quali hanno tutti bisogno di alimentarsi alle fonti della cultura, per diventare tutti adulti, tutti grandi, tutti valorosi, tutti nati per seguir virtute e canoscenza!

Basta, per carità, Onorevole Ministra Carrozza!

Ma non Le è giunta notizia del ripristino glorioso delle medaglie della vergogna, della vergogna di chi non è stato aiutato dalla dea Fortuna a seguir virtute e canoscenza?

Ma Ulisse non aveva gridato ai suoi uomini, a tutti i suoi uomini, nessuno escluso: nati non foste a vivere come bruti , ma per seguir virtute e canoscenza? 

Tutti candidati alla condizione umana, tutti figli di donna, e non solo i figli del dottore di milaniana memoria.

Tutti meritevoli, nessuno meritevole di medaglie ed orpelli.

Ma perché non fate indossare agli studenti il gilet col medagliere?

Orsù! Come si fa a non capire che la nostra società è già abbastanza competitiva e che di incoraggiamenti alla competizione proprio non ha bisogno?

Semmai ha bisogno della cooperazione, della cooperazione dei popoli, dei popoli di tutte le terre, di tutti i contenenti, del globo terracqueo tutto!

Ma, allora, che ci fa l’ONU?

Ma, allora, volete davvero la competizione?

Non è bastata quella della bomba atomica?

Oddio, inorridisco!

Come ancora nella scuola italiana si possa incoraggiare la competizione con i medaglieri della vergogna, della vergogna del 99,9% degli studenti che non ottiene la medaglia, che non la porta superbamente sul petto gonfio, per ostentar la sua superiorità?

Si dirà che i giochi sono sempre competitivi, che le medaglie ci sono sempre state sui campi di battaglia.

Certamente!

Ma, Onorevole Ministra Carrozza, Le sembra che la scuola −dalla scuola del grembo materno (scholae gremii materni  di comeniana memoria) alla scuola cosiddetta secondaria di secondo grado, possa diventare un campo di battaglia, con l’astuto Ulisse e il piè veloce Achille che si combattono senza esclusione di colpi?

Ma, Onorevole Ministra Carrozza, vuole prendere atto che Ella non è la ministra dell’Educazione nazionale, ma è la Ministra della scuola del successo formativo costituzionalmente garantito a tutti, a tutti, nessuno escluso, i figli di donna?

Diritto al successo formativo garantito anche dal diritto internazionale, come recita il Rapporto Faure (<<ogni uomo è destinato ad essere un successo e il mondo è destinato ad accogliere questo successo>>[1]), e come è garantito finanche dal diritto positivo, all’art. 1 del D.P.R. 275/1999:

L’autonomia delle istituzioni scolastiche …si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento.

Ma smettiamola!

Mi si dirà, smettiamola di fraintendere.

Mica noi non vogliamo garantire il diritto al successo formativo a tutti gli studenti. Anzi!

Proprio con i premi intendiamo stimolare gli studenti a conseguirlo!

Oddio! Ma come si può, dopo tanti discorsi sociopsicopedagogici,  parlare di competizione scolastica?

Competizione prandiale, a chi mangia di può, a chi si alimenta anche con i surrogati per crescere, per diventare più adulto.

Ma non sono vietate tutte le sostanze per il doping?

Ma non nascono tutti i figli di donna affamati di latte materno.

Non nascono tutti i figli di donna con la bocca aperta per mangiare anche il cibo della conoscenza?

Non muovono, i bambini, sin dai primi momenti della loro nascita, le gambine, le braccine, i corpicini per farli diventare più robusti, più forti, capaci di mordere, di prendere, di muoversi, e andare incontro alla conoscenza che li farà liberi, uomini liberi, persone umane, degne della più grande umanità, nani sulle spalle dei giganti di cusaniana memoria?

Non sapevo di queste esperienze e tuttavia avevo gridato il mio SOS alla scuola moribonda!

Avevo gridato con REIMER che occorre salvare la scuola italiana dalla sua morte avvenuta più che preannunziata.

Ora sono esterrefatto per i mezzi con i quali la si vuole resuscitare.

Ma come non ci rendiamo conto che siamo tornati indietro esattamente di un secolo, siamo tornati alla Riforma Gentile del 1923 che gli albi di onore pure prevedeva, ma che aveva l’onestà di dichiarare che non bisognava fare del figli dei contadini degli spostati, come nel 1939 proclamava l’allora ministro dell’educazione nazionale, Bottai, coerentemente con la concezione scolastica di una società piramidale, strutturata per classi sociali stratificate, come già quella dell’antichità che vedeva solo i figli dei poveri destinati ai negotia.

O Padri della nostra Costituzione repubblicana, quanta imprudenza in quel “capaci e meritevoli”, seppur motivato da “i più alti livelli”.

Ma, stiamo al diritto positivo.

Teniamo tutti sotto gli occhi l’articolo 1 del D.P.R. 275/1991.

La scuola italiana, Onorevole Ministra Carrozza, deve garantire il successo formativo a tutti i suoi studenti. 

Come garantirlo?

Non certamente con la competizione!

Quanti fiumi di inchiostro, chimico e digitale, sono stati versati sul Cooperative learning, sul Problem solving, sul Team Teaching… e soprattutto sulla Motivazione ad apprendere!

Sulla motivazione come coltivazione della innata curiosità umana[2].

Abbiamo tante volte scritto del filo d’erba che dalla pietra che lo schiaccia fuoriesce alla luce del sole che lo alimenta, che lo fa crescere, che lo fa diventare alto.

Ma, perché, perché, perchè dovremmo motivare i figli di donna ad alimentarsi, a crescere, a diventare adulti?

Non è questa la loro più profonda spinta che viene dal profondo del proprio io, quella forza che li spinge, tutti, a diventare grandi, tutti grandi, tutti excelsius!

 

Basta con questo mio predicozzo! 

Altri più autorevoli studiosi, a cominciare da Platone, hanno già detto che l’apprendere non può che essere un gioco.

Lo ha capito Vittorino da Feltre che ha creato la CA’ ZOIOSA!

Lo hanno capito le grandiose sorelle Agazzi.

Lo ha realizzato in forma moderna Maria Montessori, col grido della bambina: maestra, aiutami a fare da sola!

Maestre, a voi tutte, prima che ai miei colleghi maestri, dico:

Niente più competizione nella scuola, ma solo cooperazione!

Lavoro di gruppo, di gruppi di amici, tutti assieme impegnati a ripercorrere il lungo cammino dell’uomo dalle foreste africane alle Grotte di Neandertal, a Socrate, a Platone, a Cristo, a Dante, ad Einstein, a Papa Francesco!

Facciamo che ogni mattina i nostri giovani figli di donna si ritrovino tutti nelle aule laboratoriali della nostre ca’ zoiose, a lavorare assieme, aiutandosi l’un l’altro, secondo il precetto evangelico:

Ama il prossimo tuo come te stesso!

Che altro è lo studio se non amore?

Con impenitente pedanteria scrivo: studio, dal latino studium, amore del sapere, del saper fare, del saper essere, che la sciagurata Didone gridava all’uomo che la abbandonava, per compiere la sua missione, missione irrinunciabile, come quella di diventare uomini.

 

POST SCRIPTUM

Mi perdoni l’Onorevole Ministra Carrozza, mi perdonino gli uomini che hanno realizzato il progetto delle medaglie, certamente con le migliori intenzioni di questo mondo, convinti che anche questa fosse una strategia per garantire che tutti i figli di donna pervengano al loro successo formativo.

Mi perdonino soprattutto i Luminari delle Scienze pedagogiche, perché l’ultimo dei lavoratori della scuola italiana rifiuta la quiescenza, mosso dal suo élan vital, dal suo bisogno di vivere ancora qualche altro giorno della sua vita per la realizzazione di una scuola nuova, della scuola della gioia di imparare di tutti i figli di donna, compresi i figli delle contadine, qual era mia madre, madre amorevole, madre dolce, madre analfabeta e saggia!



[1] FAURE E, (a cura di), Rapporto sulle strategie dell’educazione, Armando-UNESCO, Roma, 1973, p. 249.

[2] HODKIN R.A., La curiosità innata – Nuove prospettive dell’educazione, Armando, Roma, 1978.