Verso Oriente
di Antonio Stanca
A Maggio del 2013 dalla casa editrice Il Mulino di Bologna, nella serie Intersezioni, è stata pubblicata l’opera Mercanti avventurieri (Storie di viaggi e di commerci) di Attilio Brilli, ordinario di Letteratura Americana presso l’Università di Siena. Dopo tanti altri è questo il lavoro più recente che il Brilli, tra i maggiori esponenti in Italia di Letteratura di viaggio, dedica ai suoi interessi specifici. In esso ha percorso un arco di tempo piuttosto lungo, dal Medioevo all’Età Moderna, ed ha illustrato uno degli aspetti che lo hanno caratterizzato, l’espansione verso Oriente che in Europa si è allora verificata grazie ai viaggi compiuti dai mercanti per via di terra e di mare. Anche altre direzioni avrebbe assunto alla fine questo movimento ma quella verso i paesi asiatici sarebbe stata la più importante, la più cercata. Il fenomeno era iniziato con le crociate e con le opere missionarie e sulle vie da esse tracciate avrebbero continuato a viaggiare i mercanti. I loro interessi, però, non erano religiosi, politici ma provenivano da uno spirito intraprendente, di avventura, dalla curiosità che terre sconosciute, misteriose come quelle dell’Oriente asiatico potevano suscitare, dalla possibilità di avviare con esse rapporti di commercio e ricavarne dei buoni guadagni. Si preparava, così, l’uomo dei tempi nuovi.
I primi mercanti avevano proceduto via terra e giunti in Oriente, anche se non ancora in India o in Cina, erano stati attirati dalla ricchezza di stoffe pregiate, seta, lana, di spezie, aromi, droghe, di pietre preziose, gioielli, diamanti, posseduta da quei popoli ed esposta negli empori, nei mercati. L’India, poi, si sarebbe rivelata ancor più ricca ed avrebbe rappresentato una meta costante per i mercanti di ogni nazionalità, fossero italiani, portoghesi, spagnoli, olandesi, inglesi, francesi. Molte possibilità di guadagno vi avevano intravisto, le avrebbero realizzate e più frequenti sarebbero diventati i loro viaggi. Non solo per terra ma anche per mare sarebbero avvenuti, con carovane o con navi, nell’Estremo Oriente sarebbero giunti, sarebbero durati anni, molti anni. Un’intensa attività di compravendita avrebbero svolto quei mercanti in ogni posto e con essa sarebbe stato loro possibile migliorare i viaggi, organizzarli meglio, sopportarne le spese, aumentare i guadagni. Si sarebbero instaurati rapporti duraturi con i nuovi paesi, ci sarebbero stati degli accordi, si sarebbe creata una fitta rete di scambi, di servizi postali, bancari, sarebbero sorte compagnie di viaggio. Vicino sarebbe diventato l’Oriente all’Occidente.
Il concetto di viaggio, osserva il Brilli, nel suo lavoro, aveva subito una grossa modifica rispetto ai tempi passati. Al viaggio necessario per la formazione era subentrato il viaggio fatto per arricchirsi, lo spirito era stato soppiantato dalla materia. Di viaggio di formazione si sarebbe tornato a parlare a fine Settecento e dopo ma intanto viaggiare significava studiare le tappe da percorrere per raggiungere l’Oriente, pensare alle merci da acquistare ed ai mercati dove venderle compresi quelli europei che ne facevano gran richiesta. Giungeranno gli stessi stati europei a promuovere, organizzare simili viaggi perché arricchita ne risultava la loro economia. Arriveranno essi ad aggiudicarsi delle vere e proprie zone d’influenza in Oriente, entreranno in contrasto tra loro, ci si avvierà verso la formazione delle potenze coloniali e verso la guerra. Tanta ricchezza attirerà briganti, banditi di ogni genere che si aggiungeranno ai già gravi pericoli che i nuovi territori, i nuovi mari comportavano per i viaggiatori. Alcuni di questi non faranno ritorno in patria perché vittime in terra di malattie, congelamenti, in mare di tempeste, bufere. Tutti, però, sentiranno il bisogno di registrare quel che avevano visto, sentito, fatto, vorranno scrivere o faranno scrivere di civiltà delle quali la cultura occidentale “non sapeva ancora calcolare l’origine” ed aveva saputo solo tramite la trasmissione orale. A questa, oltre a ciò che vedevano e vivevano, si riferivano quei “mercanti avventurieri” che scrivevano delle loro esperienze o le dettavano ad altri. Molti, moltissimi saranno i resoconti, i diari di viaggio, i libri e tramite essi giungeranno a noi le notizie di tanti usi, costumi, miti, leggende, di quanto di meraviglioso ma anche di orrendo si verificava in quei luoghi, di quante situazioni, buone e cattive, avevano vissuto gli autori di quella scrittura. Documentato per intero sarebbe stato da essa il fenomeno dei “mercanti avventurieri”, tutti i loro luoghi, tempi, personaggi sarebbero stati registrati. A tale scrittura si riferisce il Brilli nel suo libro, ognuna di quelle opere riporta, cita, commenta, di ogni loro autore tratta. Riesce egli a far rientrare, nella sua opera, gli infiniti avvenimenti di un tempo così esteso, ad osservarli, valutarli da un punto di vista critico ed a scriverne in maniera così chiara e scorrevole da meritare tutta l’attenzione che gli è stata accordata. Solo una conoscenza approfondita degli argomenti trattati, un’elevata capacità di giudizio ed un’abilità nell’esposizione possono permettere simili risultati e fare in modo che i libri del Brilli siano tradotti in molte lingue straniere.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.