Didattica high-tech: l’aula 3.1 e il social reading. In Puglia, l’ultima frontiera

da OrizzonteScuola.it
19 febbraio 2014

Didattica high-tech: l’aula 3.1 e il social reading. In Puglia, l’ultima frontiera

di Eleonora Fortunato

Si sperimenta a Lecce, nel polo professionale “Scarambone”, una soluzione evoluta di laboratorio multimediale e linguistico che si combina con la classe 2.0, la video produzione, la video proiezione, la didattica sociale. Ce la racconta Dario Cillo, dirigente dell’istituto e direttore responsabile di Educazione&Scuola (edscuola.it).

Qual è la principale differenza tra una classe 2.0 e una classe 3.1? Come siete arrivati a questa sperimentazione?

In realtà la denominazione Aula 3.1 è in parte un gioco funzionale al proliferare di versioni numeriche riferite alla scuola.

Dalle vecchie aule e laboratori costruiti su una didattica esclusivamente frontale ed analogica si è passati alle Classi 2.0, corredate da LIM o monitor e caratterizzate da un rapporto 1 a 1 studenti/computer (in versioni variegate: desktop, notebook/netbook, tablet).

Poi l’attenzione si è spostata sulle scuole come open space con risultati molto interessanti prevalentemente nell’Europa settentrionale (Svezia, Olanda, Danimarca) e si è cominciato a parlare di Scuole 2.0 (intese per lo più come scuole con larga diffusione di Classi 2.0).

Di recente si è cominciato a parlare di Aule 3.0, sulla scia delle esperienze del Future Classroom Lab di European Schoolnet e del modello TEAL (Technology-Enabled Active Learning) proposto dal MIT, riscoprendo ruolo e funzione del laboratorio come micro-rappresentazione di spazi aperti, mobili e componibili per la didattica digitale.

La scuola che dirigo, il Polo Professionale “L. Scarambone” di Lecce, è stata fra le prime in Italia, a partire dal 2009, ad adottare Classi 2.0 (ne sono previste 14 entro la fine del 2014), a sperimentare l’uso del tablet e delle reti wireless nella didattica.

Ora con l’Aula 3.1 propone una soluzione evoluta di laboratorio multimediale-multifunzionale in cui, in circa 150 m”, si compongono strutture fisse e mobili (arredi, computer e rete) e che può ospitare sino a 70 studenti, combinando il classico laboratorio (multimediale e linguistico), la classe 2.0,  la video produzione, la video proiezione, la didattica sociale.

Aula 3.1

  • 32 PC/Mac/Tablet (Windows, OsX, iOS, Android)
    • LIM 90″ mobile con Notebook
    • arredi: 28 postazioni fisse e 16/38 mobili
    • rete – didattica e linguistica – analogica e wi-fi
    • scanner e stampante laser
    • mixer e digital video-audio recorder
    • videoproiezione su maxi-schermo a parete

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La sperimentazione è già partita? Quali i tempi e i modi? Quali le risorse economiche? C’è stato il coinvolgimento delle istituzioni?

La sperimentazione – realizzata con il contributo mirato dei PON-FESR – è attiva dal 2009 ed inserita in un progetto organico (i.School) che coinvolge l’intera Istituzione scolastica. Il lavoro che andiamo componendo ha preceduto alcune soluzioni adottate dal Ministero. I capi dipartimento Biondi e Stellacci sono venuti a visitare le nostre strutture.

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Quali metodi per la didattica?

Siamo partiti dallo specifico della nostra scuola (un polo professionale) per concentrarci su una didattica laboratoriale poggiata sul ‘learning by doing’. L’idea è quella di spazi classe/laboratorio che consentano e facilitino l’uso dei sensi e della manipolazione per l’apprendimento anche di contenuti astratti.

Le possibilità sono comunque estremamente variegate e, in particolar modo nell’Aula 3.1, vanno dalla ricerca-azione al problem solving, dal brainstorming al collaborative e cooperative learning, per arrivare alle flipped-classroom

Alla luce del dibattito internazionale che si è sviluppato intorno ai potenziali rischi per la memoria e la capacità di concentrazione che un uso intensivo dei mezzi tecnologici comporterebbe, secondo lei è opportuno prendere delle cautele prima di convertire il sistema italiano a un learning interamente digitalizzato?

Ho l’impressione che tale dibattito sia più italiano che internazionale. Nel senso che esso trova particolare diffusione solo da noi.

Il problema di fondo è comprendere che le tecnologie sono per loro stessa natura ‘neutrali’ e prescindono dalle nostre valutazioni morali e/o umorali.

Il ‘libro’ è tecnologia, lo stesso dicasi per la stampa o la penna…

La diffusione della stampa dalla seconda metà del XV secolo ha modificato profondamente il nostro rapporto con l’apprendimento che prima aveva una base mnestica oggi inimmaginabile. Ha stravolto anche i contenuti ed i metodi dell’istruzione, e questo prescindendo dalla volontà o dal desiderio dei tanti scettici.

Le persone che animano tali dibattiti usano un wordprocessor per scrivere le loro idee, il web per diffonderle e gli smartphone per comunicarle. Questo in maniera assolutamente normale nel mondo ‘vero’.

Viceversa ritengono che la scuola rappresenti un mondo a se stante, assolutamente separato dal resto.

Personalmente ritengo che la scuola oggi abbia una mission fondamentale: aiutare i giovani non tanto nell’uso di queste tecnologie (in realtà gli adolescenti sono già più bravi degli adulti) quanto nel metodo con cui le usano, incrementando la loro capacità critica nella navigazione e nella ricerca.

Sono poi assolutamente convinto che sia sempre preferibile facilitare la trasformazione, mai imporla. E’ bene (ed è oggettivamente prevedibile) che vecchie e nuove tecnologie proseguano insieme ancora per un lungo lasso di tempo.

Una recente indagine della Fondazione Agnelli ha messo a fuoco che è nel coinvolgimento anziché nel miglioramento degli apprendimenti il vero valore aggiunto della didattica che fa un uso massiccio delle nuove tecnologie. Lei si è fatto un’idea diversa? Qual è stata la risposta degli studenti? E dei docenti?

Se il miglioramento degli apprendimenti è giustamente oggetto di analisi e potrà riscontrarsi sui tempi lunghi, certamente queste tecnologie facilitano il fare e l’apprendere sociali. Sono assolutamente convinto che l’accezione Web 2.0 sia priva di significato (come ho esplicitato altrove[1]) poiché è nella stessa natura del web e di queste tecnologie il concetto di ‘rete’.

A questo proposito segnalo che siamo in procinto di attivare, con una rete di circa cinquanta scuole in Puglia e con la supervisione del prof. Roberto Maragliano, un progetto di social reading che consentirà a studenti e docenti un confronto diretto su contenuti disciplinari e letterari

Gli insegnanti della sua scuola ricevono incentivi economici per formarsi all’uso delle nuove tecnologie? C’è, grazie ad esse, un’espansione della loro relazione con gli allievi anche al di fuori del tempo scuola? 

Purtroppo gli incentivi per gli inseganti si limitano alle scarse disponibilità del FIS, che pure sono polarizzate dal POF verso l’uso progettuale di questi strumenti.

Da anni la nostra pagina su FB è un canale diretto fra docenti e studenti che va ben oltre le mura della scuola

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[1] WEB in AA.VV., Voci della Scuola VI,  Tecnodid, 2007

Wiki e Collaborative working in AA.VV., Voci della Scuola IX, Tecnodid, 2010

 

 

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