Scuola senza timone

Scuola senza timone

di Stefano Stefanel

Il Ministro dell’Istruzione cambia: di fatto è il terzo ministro nel giro di dodici mesi. Siamo andati alle elezioni nel 2013 con Profumo, abbiamo passato un anno di assoluta stasi con Carrozza, adesso proviamo a vedere cosa potrà fare Giannini. Al di là dei Ministri che cambiano ci sono delle evidenze molto forti che non si possono ignorare e che stanno accumulandosi e sedimentandosi dentro dibattiti asfittici e proclami privi di seguito. Non è neppure più possibile fare una lista delle cose da fare, essendo queste cose da fare sempre troppe e il tempo a disposizione sempre troppo poco. Ci sono però alcune emergenze e alcuni cambiamenti in corsa che potrebbero devastare ancora di più il mondo della scuola se non fossero coordinati in modo efficace da un unico disegno riformatore. So bene che evocare oggi un’altra riforma dopo che per quasi quindici anni siamo stati bersagliati dalle riforme avviate e poi cancellate è poco logico, ma tutti i tentativi di modificare assetti inefficienti per via amministrativa non sono andati da nessuna parte.

Un dibattito che ha del surreale se non stesse dentro una delle più forti criticità del sistema scolastico nazionale è quello relativo alla durata del percorso scolastico. Gli insegnanti della Scuola secondaria di secondo grado sono compatti nel chiedere che venga tagliato un anno di scuola primaria o che venga imposto l’ingresso a scuola a 5 anni. Gli insegnanti della scuola primaria tacciono, ma ritengono che il percorso debba semmai tagliare un anno alle secondarie di secondo grado. Ma che modo è questo di dibattere? E’ possibile che un’idea di scuola debba sottostare a livelli occupazionali? E possibile che i dati che vengono portati in questo dibattito siano tutti sbagliati citando sistemi stranieri senza uno straccio di documentazione?

La sperimentazione del Liceo di quattro anni in alcuni istituti privati viene dipinto da coloro che citano la Costituzione solo per conservare tutto come sta (privilegi inclusi) come un ennesimo esempio di illegalità e non come una sperimentazione laterale che non inciderà sul sistema scolastico nazionale statale come mai hanno inciso le sperimentazioni fatte nel sistema provato dell’istruzione. Il fatto sotto gli occhi di tutti è però un quinto anno che produce docenti e studenti stressati da un esame di fine ciclo che non vale più nulla nella sua ripetitività stantia, nel suo nozionismo obsoleto, nella sua demagogica prosopopea di grande prova finale. Sarebbe già una buona cosa partire dal merito della questione: è logico che i nostri studenti escano dal sistema dell’istruzione a 19 anni?

Non meno micidiale è il dibattito sugli stipendi e i contratti, con le categorie tagliuzzate di qua e di là e senza alcuna certezza reale sulla consistenza di uno stipendio che non regge nemmeno l’inflazione. Poiché è evidente che lo Stato non ce la fa a pagare quello che dovrebbe forse sarebbe il caso di vedere dentro il Contratto e dentro la normativa cosa fa spendere così tanto e in modo spesso improduttivo. Non certo gli stipendi di dirigenti, docenti e ata (già tagliati negli ultimi anni di 8 miliardi), ma le mille clausole che prevedono distacchi, benefici, giornate non lavorate ma pagate, tempi scuola troppo lunghi, progetti nazionali privi di senso e organici di Ministero e Uffici periferici utili a conservare se stessi, ma non a supportare le scuole.

Quando diventerà chiaro a tutti che i genitori portano i figli a scuola e non al ministero, vogliono didattica di qualità e non servizi aziendali di segreteria, vogliono studenti motivati e non personale ata che fa valere diritti a scapito del servizio forse qualche passo avanti si sarà fatto e magari si cominceranno ad eliminare le molte cose che rallentano l’efficienza e paralizzano l’efficacia dell’azione formativa.

Paradossale è anche la vicenda del Sistema Nazionale di Valutazione, approvato nell’estate e paralizzato subito dopo, con i Dirigenti scolastici che ancora una volta non vengono valutati (e se non veniamo valutati noi giustamente nessun’altro deve essere valutato nella scuola). La situazione è resa ancora più paradossale dal dibattito sull’Invalsi prima della nomina del nuovo Presidente Ajello, dove una parte della scuola senza neppure tanti giri di parole chiedeva di sospendere tutto. La parte che vuole paralizzare il sistema e farlo tornare indietro è formata da pochi estremisti, che però rappresentano una maggioranza silenziosa del personale della scuola propensa a ritenere che non bisogna disturbare mai l’insegnante che insegna, anche se non sa farlo.

La sciagura è che tutto è paralizzato da concorsi insufficienti, modifiche che si sommano ad altre modifiche, dichiarazioni che non hanno seguito. Poi ci sono i paradossi e uno proprio grosso lo stiamo vivendo in Friuli Venezia Giulia. In quanto Regione a statuto speciale il Friuli Venezia Giulia potrebbe avere una legge sulla scuola come ce l’hanno Trento, Bolzano, la Valle d’Aosta. Ora abbiamo un nuovo Governo regionale che sulla scuola lancia audizioni, dibattiti, ma nemmeno uno straccio di proposta (nonostante due proposte di legge regionale sull’istruzione siano depositate in Consiglio regionale da oltre 7 anni). In Italia non si fanno le leggi neppure quando sono possibili. E non si impara mai nulla da nessuno. Scambiando la conservazione per tutela dell’occupazione.