Programmare e certificare per competenze: lo stigma

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Programmare e certificare per competenze: lo stigma

di Gennaro Palmisciano
Dirigente Ispettore Tecnico

 

Introduzione: Verso le competenze e non più solo conoscenze

I recenti processi di riordino in Italia, sia della scuola primaria che di quella secondaria, tanto di primo quanto di secondo grado, hanno evidenziato la necessità di sviluppare pratiche didattiche centrate sullo sviluppo di competenze come obiettivo di apprendimento. Ciò rispecchia il quadro comunitario dei sistemi d’istruzione, che è stato strutturato nell’ultimo decennio intorno al concetto di competenza, attraverso passaggi normativi e raccomandazioni che hanno introdotto un nuovo paradigma della formazione: verso le competenze e non più solo conoscenze.

In questa evoluzione si possono riconoscere alcune tappe fondamentali: il Parlamento europeo e il Consiglio hanno approvato il 18 dicembre 2006 la Raccomandazione 2006/962/CE relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente, il 23 aprile 2008 la Raccomandazione 2008/C 111/01 sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente, il 18 giugno 2009 la Raccomandazione 2009/C 155/01 sull’istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell’istruzione e della formazione professionale e la Raccomandazione 2009/C 155/02 sul sistema europeo di crediti per l’istruzione e la formazione professionali (ECVET). Il termine competenza è stato riferito a una combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti appropriati al contesto.

La differenza fondamentale tra conoscenza e competenza sta nel fatto che, in una determinata situazione di bisogno, chi ha competenze adeguate è in grado di cavarsela anche senza una conoscenza specifica che permetta di risolvere il problema. Questo presuppone che lo studente non sia tenuto a sapere tutto, ma ciò che gli serve in modo essenziale nella vita, in particolare come utilizzare le conoscenze per risolvere autonomamente e con responsabilità le difficoltà. In una società così complessa come la nostra bisogna acquisire quelle competenze fondamentali per poter affrontare con relativa sicurezza i problemi della vita. Questo per dire che uno studente ha perso il suo tempo, se dopo cinque anni di aritmetica nella scuola primaria, tre anni di matematica alla media e altri cinque alle superiori, non è in grado, nel momento in cui acquista qualcosa, di fare un calcolo sulla convenienza o non è in grado, quando apre un conto corrente, di leggere gli estratti della banca o, ancora, non è in grado di confrontare le proposte d’investimento finanziario che gli propone una società assicuratrice.

Dovendo spiegare come programmare per competenze in educazione fisica, si può partire da un esempio molto semplice. Supponiamo di vedere, di fronte all’ingresso di una scuola, due alunni giocare nel giardino antistante aperto al pubblico. Si stanno tirando un piccolo sasso a turno, cercando ovviamente di prenderlo. Quali possono e anzi devono essere le conoscenze, le abilità e gli atteggiamenti di quei due alunni per poter giocare proprio lì? Ecco alcune delle possibili risposte:

CONOSCENZE

1. Devono sapere se quello è un luogo adatto per fare quel gioco.
2. Devono sapere che se tirano il sasso troppo forte, possono colpire qualcuno.
3. Devono sapere che con un sasso appuntito rischiano maggiormente di farsi male.
4. Devono sapere che con un sasso troppo grosso hanno il medesimo rischio.
5. Devono sapere che, se la distanza tra loro è troppo piccola o troppo grande, il gioco non riesce o diventa addirittura pericoloso.

ABILITA’

1. Devono cercare di prendere il sasso quando l’altro lo tira.
2. Devono cercare di tirare il sasso in modo che l’altro sia virtualmente in grado di prenderlo.
3. Devono saper calcolare la parabola che il sasso deve fare in rapporto al suo peso e alla distanza tra i due, proprio per non farsi male, per non far male ad altri, per poterlo prendere con relativa sicurezza e per poter continuare il gioco.

ATTEGGIAMENTI

1. Sono convinti di riuscire a capire il problema e a trovare una soluzione da applicare alla situazione (ogni problema ha, minimo, una soluzione).
2. Credono che non esistano fallimenti, ma solo risultati, i quali  sono lezioni di vita, che spingono a migliorare (cosa posso imparare da ciò?).
3. Sono orientati a vedere la parte positiva delle persone e delle situazioni ed ad evitare di condividere le notizie negative.

Nella didattica tradizionale dove sono le competenze? Il docente in genere ritiene che non ci debbano essere. Il suo ruolo trasmissivo lo induce ad affermare alcune delle seguenti prescrizioni:

1. a questo tipo di gioco qui non si può giocare, perché è troppo pericoloso;
2. se volete giocare senza fare del male né a voi né agli altri, dovete usare una pallina di gomma;
3. le regole per giocare con una pallina di gomma sono queste … e memorizzatele!

Invece, un ruolo innovativo dell’insegnante in rapporto ad una didattica basata anche sulle competenze deve essere impostato sulle domande, non sulle risposte.

1. Dato un certo contesto di spazio e tempo, cosa è possibile fare?
2. Qualcosa di utile o di giocoso?
3. Qualcosa di sicuro o di rischioso?
4. Se si sceglie qualcosa di rischioso, qual è il limite oltre il quale, in questo contesto, non è possibile andare?
5. Abbiamo i mezzi necessari o sufficientemente adatti per farlo?
6. Siamo capaci di usarli in maniera relativamente sicura o efficace?

Il compito principale dell’insegnante non è, dunque, quello di dire che cosa si deve fare, ma quello di porre le domande giuste per far ragionare i propri allievi, per indurli a prendere decisioni consapevoli e per agire in maniera responsabile e positiva, nella convinzione che il risultato finale, qualunque esso sia, dipenderà dal loro comportamento. In tal modo il ruolo dell’insegnante si avvicina a quello del facilitatore, esperto di domande maieutiche.  Detto questo, quali sono le competenze da acquisire?

Le COMPETENZE sono di tre tipi principali. Alcune sono strumenti generali, fondamentali per sviluppare abilità per la società della conoscenza (le competenze di base); altre sono specifiche, che preparano alla vita adulta lavorativa (le competenze tecnico-professionali) e ad ulteriori occasioni di apprendimento (le competenze trasversali).

In Educazione fisica una competenza fondamentale è, per i ragazzi, capire quando in un determinato contesto spazio-temporale esistono le condizioni fondamentali per potersi divertire senza mettere a repentaglio la sicurezza propria e quella altrui. Che si può riscrivere in questa maniera: i ragazzi devono essere messi in grado di capire se quello che stanno facendo, in una determinata condizione, rientra nella categoria del gioco o se, invece, rischia di essere un’occasione per fare male agli altri o a se stessi. Dicevo agli alunni, prima di iniziare la parte pratica delle lezioni, che il primo comandamento dell’attività fisica è: “Non procurare danno agli altri e a te stesso”.

Una programmazione per competenze rivendica un sapere utile, spendibile, pratico, efficiente e rifiuta un sapere astratto, puramente teorico, sganciato dalla realtà, la cui applicazione viene rimandata in ambiti extrascolastici. La competenza richiede uno stretto rapporto con il contesto o territorio, la realtà di riferimento degli apprendimenti scolastici. La scuola va posta al servizio del territorio e deve dialogare con le istanze delle realtà locali. L’approfondimento di qualsiasi contenuto didattico va rapportato a un’esigenza reale.

Le competenze sono le conoscenze e le abilità messe a frutto in maniera intelligente, in risposta a una richiesta d’impegno e di commisurazione delle proprie capacità. Facciamo un esempio. Nel mondo primitivo il giovane imparava a cacciare osservando l’adulto (conoscenza), poi adoperando l’arco o una trappola (abilità), ecc. La sua competenza veniva fuori quando per es. preferiva catturare un animale invece che un altro; quando decideva di non catturare più per un certo tempo un determinato animale, temendone l’estinzione; quando capiva se era meglio catturare con facilità un giovane animale o con difficoltà un animale adulto, un maschio o una femmina, un animale ferito o uno sano, un piccolo animale abituato a nascondersi o uno grande abituato agli spazi aperti. La competenza mette in gioco la responsabilità personale, una certa capacità decisionale (basata sul discernimento della soluzione migliore tra varie alternative), la necessità di guardare un determinato problema da varie angolazioni (perché il sapere va tenuto unito) e anche l’esigenza di lavorare in squadra, distribuendo le mansioni, coordinando i lavori e ragionando insieme, periodicamente, sui risultati raggiunti. Vari metodi sono adottabili allo scopo: per progetti, per padronanza, problem solving, ecc.

Programmare per competenze può comportare il superamento dello stesso concetto di “asse culturale”, in quanto, se l’Uomo e il suo Mondo sono unitari, non si capisce perché la programmazione su specifici argomenti debba essere divisa per “assi”. Come Maurizio Tiritticco (Rivista dell’istruzione, 5-2013) ha sottolineato in modo felice, le due macroaree di apprendimenti (individuate nel D.M. 139/2007: 1) competenze per l’esercizio della cittadinanza attiva e 2) competenze culturali, raggruppate quest’ultime in quattro assi pluridisciplinari) e la certificazione di cui al D.M. 9/2010 (delle competenze riferite agli assi) costituiscono  i risultati di un tentativo di mediazione tra insegnamento e valutazione tradizionali ed insegnamento per competenze e certificazione.

Nel 2015 si conclude la realizzazione del riordino Gelmini, il che costituisce un’occasione da non perdere per riallineare sia i modelli certificativi nazionali che le didattiche alle richieste dell’EQF, nell’ambito del sistema nazionale di certificazione delle competenze delineato dal d.lgs. 13/2013.

 

L’insegnamento delle competenze nelle Scienze motorie e sportive

Il rinnovato insegnamento delle scienze motorie e sportive persegue le cosiddette competenze chiave di cittadinanza (key-competences). Ogni key-competence è tripartita in: competenze di base; competenze tecnico-professionali; competenze trasversali. La programmazione si articola in unità formative capitalizzabili (UFC).

L’Unità Formativa Capitalizzabile esprime tali competenze mostrandone, rispettivamente: 1) i saperi minimi per l’occupabilità per le competenze di base; 2) le attività di lavoro concretamente svolte in un processo organizzativo per le competenze tecnico-professionali; 3) le abilità cognitive e comportamentali per le competenze trasversali.

L’insieme delle UFC costituisce dunque il riferimento per la definizione degli standard minimi validi su tutto il territorio nazionale, in questo senso certificabili (secondo la logica dei crediti) e, per l’appunto, capitalizzabili. Allo stato repertori di UFC sono oggetto, attraverso attività di laboratorio, di una verifica tecnica condotta con la collaborazione della maggior parte delle Regioni, con riguardo a varie discipline, ma non ancora alle scienze motorie.

 

La valutazione delle competenze

Tali competenze devono essere valutate indipendentemente dai modi in cui sono acquisite (teoria, pratica scolastica, attività sportiva di livello o del tempo libero). In questo modo l’insegnamento delle attività motorie, fisiche e sportive viene inquadrato coerentemente alla nuova struttura del riordino dei cicli, imperniata in un’ottica comunitaria, invece che sul tradizionale sistema dei programmi e della certificazione dei percorsi formativi per anno scolastico, sui curricoli per unità capitalizzabili e sul libretto formativo, che costituisce un portfolio delle abilità e delle competenze.

Nella riforma contestuale al riordino il posto delle programmazioni tradizionali è stato preso dai curricoli, insiemi organizzati di moduli che conducono ad un itinerario di Unità capitalizzabili continuamente integrabile ed arricchibile, nell’ambito dell’autonomia e degli standard previsti a livello nazionale. L’organizzazione modulare si fonda su una successione di acquisizioni disciplinari di n livelli, ad ognuno dei quali (individuabile come a) corrisponde una determinata competenza in termini di sapere e saper fare, codificata a livello nazionale (ma tendenzialmente tarata su dimensione comunitaria). Ciascuna delle acquisizioni apprese sarà certificata e quindi spendibile per adire il livello a+1 del medesimo percorso.

Ogni modulo disciplinare si caratterizza per una diversa gradata interrelazione e dipendenza dagli altri, fino al limite della sua sostanziale indipendenza da altri appartenenti ad altre discipline che producono distinte competenze. Per l’individuazione del segmento minimo di riferimento è preferibile fare perno sull’area di attività (ADA), rispetto ai compiti, per evitare di parcellizzare la competenza e la formazione complessiva e puntare su insiemi significativi di attività operative.

La relativa brevità dei moduli permette di alternare in maniera agevole esperienze scolastiche con esperienze sportive e di favorire passaggi non solo dall’attività curricolare all’attività complementare sportiva, ma anche alla pratica amatoriale dello sport per tutti ed infine ad esperienze di attività sportiva agonistica.

I percorsi curricolari si articolerebbero per livelli, con esami/valutazioni di sbarramento e progressione non necessariamente uniforme. Inoltre, sarebbe possibile applicare crediti e debiti formativi. Le prime abilità da conseguire saranno quelle di base, trasferibili in tutti o in molti campi dell’attività, per passare poi a quelle tecnico-tattiche, disciplinari e settoriali. Infine, le competenze-abilità aspecifiche-trasversali, polivalenti e non connesse ad uno specifico professionale, sono in grado di attivare il massimo potenziale di trasferibilità, assicurando migliori performance di apprendimento e di lavoro e, di conseguenza, maggiori occupabilità e mobilità degli individui.

L’attenzione a queste competenze, definite “strategiche”, è centrale a livello comunitario, come sottolineato anche nel Libro bianco di Cresson, che propone nuovi percorsi metodologici di analisi e definizione dei contenuti di queste competenze nella prospettiva della ricerca di criteri per il loro accreditamento e riconoscimento europeo.

Le unità capitalizzabili consentono il succedersi dei moduli, conclusi positivamente con il raggiungimento di precisi obiettivi operativi, in modo da permettere la certificazione di quello che esattamente lo studente ha raggiunto in termini di abilità e competenze. L’organizzazione modulare potrà consentire anche l’accumulo di crediti formativi o la contrazione di un debito. Nel corso del periodo (anche dell’anno) successivo alla contrazione del debito lo studente, assieme ai suoi compagni eventualmente nelle stesse condizioni, sarà tenuto ad saldarlo. La competenza verrà acquisita, sia ripetendo il modulo, sia agendone appositi altri, anche individuali, di recupero.

Strumento della documentazione lungo il percorso educativo e formativo è il libretto formativo del cittadino, che riprende il concetto di portfolio arricchendolo delle abilità e delle competenze del singolo studente, nelle due fondamentali prospettive della formazione permanente e dell’orientamento nelle future scelte.

Necessario il sigillo delle istituzioni sulle competenze variamente acquisite, il che pone il problema di predisporre apposite modalità e nuovi criteri di certificazione, ma anche di comparazione, di riconoscimento e di accreditamento delle competenze comunque acquisite (la cosiddetta validazione). L’attività di certificazione rappresenta una delle principali misure trasversali, individuate nell’ambito degli obbiettivi del FSE, volte a creare i presupposti generali per il raggiungimento di obiettivi di qualità (efficacia ed efficienza) del sistema formativo e ad individuare strumenti e strutture per il rafforzamento dei sistemi di formazione ed occupazione. Partendo dalla definizione di criteri e modelli per l’individuazione di standard di qualità dell’offerta e delle strutture formative, vanno precisati i requisiti di qualità dei processi di apprendimento e delle strutture formative al fine di individuare soglie minime di performance, in accordo al Quadro di riferimento nazionale e comunitario in tema di trasparenza e certificazione e al Quadro normativo a livello regionale e nazionale.

Una tale impostazione si presterebbe, tramite la struttura per moduli capitalizzabili e libretto formativo e la certificazione di riconoscimento di esperienze motorie e sportive parziali, ad essere l’ideale veicolo per un’integrazione sinergica tra sistema dell’istruzione e sistema delle società sportive. Si configura un processo formativo complesso, che si inserisce nel quadro dell’educazione permanente e coinvolge i soggetti nel corso di tutta la loro vita.

Tale struttura di integrazione dell’offerta formativa consente ad ogni cittadino, anche nel settore delle attività motorie, sportive e del tempo libero, un continuo bilancio tra le diverse situazioni di apprendimento, siano esse organizzate, informali o non formali, in ambito scolastico o aziendale, teorico o pratico, agonistico e non agonistico. In tal modo la modularità si atteggia come una strategia che supera il pericolo di atomizzare i segmenti di curricolo, conferendo  a ciascuno di essi funzionalità, flessibilità e spazi di integrazione. Con la modularità sarà possibile integrare i curricoli con segmenti formativi tarati su specifiche esigenze. Questo non può e non deve significare dare ingresso nella scuola a localismi o provincialismi, poiché il fine precipuo dell’istruzione non è quello di coltivare il particolare, ma il glocale, ovvero di aprire al discente gli orizzonti del cosiddetto villaggio globale promuovendo la conoscenza del locale, in un circuito didattico virtuoso che si autoalimenta dalla capacità di dialogo e di integrazione tra i sistemi.

La certificazione, mirando al riconoscimento degli esiti del processo formativo ovunque realizzato, in maniera intenzionale o non intenzionale, dà concreta operatività a strumenti quali la trasparenza delle qualifiche, i crediti formativi e la personalizzazione dei percorsi formativi. Si tratta del più decisivo collante di un sistema polifonico ma unitario, necessario per far prevalere una regia di sistema sulle logiche e le culture parziali degli stessi.

Allo stato la polifonia del sistema di istruzione, in particolare della formazione professionale, è notevolmente dissonante e lontana da metodologie di valutazione autentica, ricorrendo eccessivamente ad una monocorde testificazione.

La competenza della certificazione, sempre di natura pubblica, andrebbe mantenuta separata dai diversi attori dell’acquisizione delle competenze. Un allenatore non può fungere nello stesso tempo da osservatore; analogamente, mentre gli insegnanti dovrebbe essere titolari della valutazione formativa, un’agenzia esterna dovrebbe certificare gli apprendimenti.

Tre, inoltre, sono gli ambiti delle aree certificabili: il saper e il saper fare, verificabili oggettivamente (con prove strutturate o semistrutturate); le competenze, legate al contesto culturale, professionale, artistico e sportivo; le attività pratiche ed il tirocinio, in strutture abilitate ed in contesti significativi.

Senza una concertazione sugli standard e sulla loro validazione, la certificazione dei crediti da recepire nei curricoli dovrebbe essere rimessa alla responsabilità della Scuola in fase transitoria, approntando comunque commissioni in cui siano presenti, oltre che docenti, esperti dei diversi settori.

Le certificazioni linguistiche comunitarie, basate sugli standard del QCER (Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue) e operate da soggetti terzi accreditati, costituiscono la buona pratica da estendere.

 

Un esempio di certificazione in Scienze motorie

La competenza generale “avere consapevolezza dell’importanza che riveste la pratica dell’attività motoria e sportiva per il benessere individuale e sociale e saperla esercitare in modo efficace”, di cui alle Linee Guida, si può scomporre in 5 competenze operative, per ciascuna delle quali si possono configurare 4 livelli di padronanza: 0 insufficiente, 1 base, 2 intermedio e 3 avanzato. Un’ipotesi di descrizione è:

 

IN OCCASIONE DELLA CERTIFICAZIONE DELL’OBBLIGO D’ISTRUZIONE

SVOLGERE ATTIVITÀ MOTORIE, ADEGUANDOSI AI DIVERSI CONTESTI RICONOSCENDO LE VARIAZIONI FISIOLOGICHE

3 Mostra adeguate conoscenze e realizza attività motorie differenti adeguandosi alle diverse situazioni.

2 Esegue differenti azioni motorie mettendo alla prova le proprie capacità.

1 Mette in atto gli adattamenti necessari se riferiti ad un’attività motoria abituale.

ESPRIMERE ATTRAVERSO LA GESTUALITÀ AZIONI, EMOZIONI, SENTIMENTI, ANCHE UTILIZZANDO ANCHE SEMPLICI TECNICHE

3 È in grado di esprimersi in modo sciolto e spontaneo assegnando significato al movimento.

2 Sa utilizzare correttamente modelli proposti.

1 Si esprime riferendosi ad elementi che appartengono ad un ambito conosciuto o familiare.

CONOSCERE E PRATICARE IN MODO CORRETTO ED ESSENZIALE I PRINCIPALI GIOCHI SPORTIVI E SPORT INDIVIDUALI

3 Mostra lealtà, sicurezza tattica e buone abilità nella pratica di varie attività sportive.

2 Conosce la tattica e sa giocare con sufficienti abilità a varie attività sportive, mostrando correttezza e rispetto delle regole.

1 Conosce le regole, le tecniche e le tattiche di base degli sport praticati.

CONOSCERE LE NORME DI PRIMO SOCCORSO E DI UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE E ASSUMERE COMPORTAMENTI RESPONSABILI NELLA TUTELA DELLA SICUREZZA

3 Mette in atto comportamenti adeguati per tutelare la sicurezza propria ed altrui. Possiede alcune conoscenze di primo soccorso e di alimentazione.

2 Svolge attività codificate e non, nel rispetto della propria e della altrui incolumità e sa riconoscere i danni causati dall’utilizzo scorretto di carichi. Conosce le norme basilari del primo soccorso.

1 Utilizza in modo appropriato strutture e attrezzi, applica alcune tecniche di assistenza e conosce il 118 e la sua funzione.

UTILIZZARE MEZZI E STRUMENTI IDONEI A PRATICARE ATTIVITÀ IN AMBIENTE NATURALE

3 Elabora semplici strategie per la pratica di attività sportive e ricreative in ambiente naturale.

2 Seleziona gli opportuni strumenti e attrezzature da utilizzare nei diversi ambienti.

1 Applica concetti tecnici acquisiti per muoversi adeguatamente in ambiente naturale.

 

IN OCCASIONE DELLA CERTIFICAZIONE DELL’ESAME DI STATO

SAPER ADATTARE TEMPI E RITMI NELL’ ATTIVITÀ MOTORIA E SPORTIVA RICONOSCENDO I PROPRI LIMITI E LE PROPRIE POTENZIALITÀ

3 Mostra buone conoscenze ed é in grado di organizzare un proprio piano periodizzato di allenamento.

2 Realizza attività motorie differenti in relazione agli altri e all’ambiente mostrando di possedere adeguate conoscenze.

1 Ha consapevolezza delle proprie capacità e svolge attività in coerenza con le competenze possedute.

RIELABORARE CREATIVAMENTE IL LINGUAGGIO ESPRESSIVO, ADATTANDOLO A CONTESTI DIFFERENTI

3 Sa applicare e rielaborare le tecniche espressive in diversi ambiti, sapendo assegnare qualità al movimento.

2 È in grado di interagire con i compagni adeguandosi, apportando contributi personali.

1 Sa individuare e trasferire specificità combinando e sintetizzando informazioni provenienti da fonti diverse.

CONOSCERE STRATEGIE DI GIOCO E DARE IL PROPRIO PERSONALE CONTRIBUTO AL GIOCO INTERPRETANDO AL MEGLIO LA CULTURA SPORTIVA

3 Mostra notevoli abilità tecnico-tattiche nella pratica di vari sport, collabora mantenendo corrette e leali relazioni, coopera con ruoli definiti, approfondisce i significati dello sport.

2 Sa mettere in atto le giuste strategie applicando il regolamento con imparzialità, mantenendo il fair play, è interessato ad aspetti teorici dello sport.

1 Conosce le tecniche di base e alcune tattiche di gioco degli sport praticati.

CONOSCERE LE NORME DI COMPORTAMENTO PER LA PREVENZIONE DI INFORTUNI, DEL PRIMO SOCCORSO E I PRINCIPI PER L’ADOZIONE DI CORRETTI STILI DI VITA

3 E’ in grado di ideare, progettare e realizzare, un’attività motoria finalizzata applicando norme e principi per la sicurezza e la salute.

2 Esegue autonomamente assistenza al compagno. E’ consapevole dei disturbi alimentari e dei danni indotti dalle dipendenze.

1 Mostra comportamenti idonei a prevenire infortuni durante le diverse attività motorie e sa agire in caso di infortunio. Conosce e sa applicare i principi per un corretto stile di vita.

ELABORARE E PIANIFICARE AUTONOMAMENTE PROGETTI, PERCORSI, ATTIVITÀ IN AMBIENTE NATURALE

3 Programma, organizza e pratica attivamente adeguate attività in ambiente naturale.

2 Conosce e pratica molteplici attività in coerenza con l’ambiente naturale.

1 Gestisce autonomamente la propria attività programmata in ambiente naturale.

 

La programmazione per competenze obbliga a valutare l’apprendimento riferendosi a standard, mentre tradizionalmente gli insegnanti valutano le conoscenze secondo una scala decimale. Come conciliare la valutazione decimale disciplinare con la valutazione fondata su standard?

Un elemento altamente critico è il modello italiano di certificazione alla fine dell’obbligo. Se si procede a un confronto tra il descrittore del livello EQF 2 (corrispondente all’obbligo di istruzione comunitario) e il modello di certificato allegato del D.M. 9/2010 per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione nazionale, si possono osservare, infatti, gravi criticità:

1) Le competenze di base nel modello dell’obbligo non si traducono in descrittori transdisciplinari, ma in criteri monodisciplinari, tra l’altro non esemplificati né articolati.

2) Non è chiaro quale criterio può, anche con molta buona volontà e in una dimensione parziale, essere riferito alle Scienze motorie e sportive.

3) I livelli di acquisizione delle competenze (distinti in base, intermedio, avanzato) propongono descrittori che di fatto alludono, nelle fasce intermedio e avanzato, ad anticipazioni di quanto nell’EQF ritroviamo dichiarato per livelli superiori al 2°, rispettivamente al 3° e al 4°. In effetti, la differenza negli standard dei livelli doveva trovare fondamento per es. nel tempo nel quale gli alunni raggiungevano il comportamento competente e non nella complessità della richiesta-risposta.

4) Purtroppo molti collegi docenti sono andati oltre, suggerendo un automatismo altamente negativo, quello tra la scala grafica di valutazione decimale e la scala di valutazione basata su standard di competenza, che non solo è impraticabile su un piano docimologico, ma apre al pericolo gravissimo di una semplificazione del percorso tra voto disciplinare e valutazione della competenza.

Nelle mie lezioni, faccio spesso un esempio di prova valutativa. Si tratta di un compito di realtà, che spero possa essere adottato: l’alunno alla fine del biennio dell’obbligo d’istruzione accede a un colloquio transdisciplinare, in cui viene simulata una selezione per l’ammissione al lavoro, nella quale deve presentare se stesso, utilizzando le prove e le valutazioni decimali disciplinari. Tale prova viene valutata con una scala graduata su livelli, che caratterizza la propria certificazione di competenze alla fine dell’obbligo d’istruzione.

È una condizione di esame altamente motivante, perché è una situazione che per l’alunno si presenterà nella vita. Nella preparazione, l’alunno può collaborare con i propri compagni ma nello stesso tempo, dovendo presentare autenticamente se stesso, tra l’altro non può copiare passivamente. Infine, si pensi che il sistema italiano, del resto, è l’unico, nell’Europa comunitaria, in cui alla fine dell’obbligo dell’istruzione non è previsto un esame.
La valutazione basata su standard di competenza

In termini generali, possono essere definiti 4 Livelli relativi alle competenze.

1) Livello di base non raggiunto

Nel caso in cui non sia stato raggiunto il livello di base è riportata l’espressione livello base non raggiunto (con indicazione della relativa motivazione).

2) Livello  di base

Lo studente svolge compiti semplici in situazioni note mostrando di possedere conoscenze ed abilità essenziali e di saper applicare regole e procedure fondamentali.

3) Livello  intermedio

Lo studente svolge compiti e risolve problemi complessi in situazioni note, compie scelte consapevoli, mostrando di saper utilizzare le conoscenze e le abilità acquisite

4) Livello avanzato

Lo studente svolge compiti e risolve problemi complessi in situazioni anche non note, mostrando padronanza nell’uso delle conoscenze e delle abilità. Sa assumere autonomamente decisioni consapevoli e responsabili evidenziando buone capacità espressive e relazionali.

 

Valutazione, validazione e certificazione: lo stigma

La valutazione apprezza il processo soggettivo di apprendimento. La certificazione attesta l’oggettivo possesso di competenze graduate. Tra le due c’è la validazione, processo mediante il quale l’esperienza maturata da una persona in contesti non formali e informali viene ricostruita, documentata e descritta in termini di competenze e, successivamente, posta a confronto con standard istituzionalmente definiti, in funzione del riconoscimento dei crediti formativi corrispondenti.  Tali standard dovrebbero essere le unità di competenza (le già viste UFC: unità formative capitalizzabili), distinte alcune a seconda delle Figure professionali nazionali di riferimento.

 

La Valutazione autentica

E’ necessario il passaggio DAI TEST A SCELTA MULTIPLA A UNA MULTIPLA SCELTA DI COMPITI DI REALTÀ, ovvero COMPITI AUTENTICI o COMPITI ESPERTI IN SITUAZIONI-PROBLEMA. Esempi: valutazione effettuata sulla risoluzione di problemi  reali (taken from life); prove plurime ed eterogenee (performance alternative or authentic assessment); focus su performance complessa; attenzione alle abilità cognitive complesse sottese al compito (definizione del problema e strategie di soluzione, etc.) e non solo alle conoscenze apprese, dichiarative o procedurali, e integrazione delle prove con colloqui di ricostruzione delle strategie cognitive; setting di valutazione che riproducono la situazione reale, con possibilità di consultazione delle fonti (open book) e di cooperazione, ecc.; ove opportuno o necessario, integrazione con prove oggettive tradizionali; confronto tra valutatori.

Il discorso vale per tutte le materie. Per ciascuna disciplina si possono individuare nodi disciplinari, a cui vengono dedicati moduli.

I compiti esperti rappresentano punti d’arrivo di progressiva padronanza del nodo disciplinare e del o dei modelli relativi. Per esprimere questo valore si usa il concetto di soglia di padronanza. Essa non deve identificarsi semplicemente con l’idea corrente di obiettivo che indica soprattutto il prodotto dell’apprendimento. A differenza di questo la soglia, che è molto vicina al concetto di competenza, esprime le tappe di crescita previste per l’allievo in termini di consapevolezza concettuale e processuale, ovvero indica il carattere, definito stigma, che la prestazione dovrebbe avere perché l’allievo ne abbia la padronanza ad un dato livello e qualifica il modo con cui il soggetto esercita abilità e prestazioni. Il percorso a fasi, che è inerente all’idea di soglia, sottende la direzione e i modi per realizzare la consapevolezza, cioè le condizioni, le procedure e anche i comportamenti che consentono le relazioni tra conoscenze, abilità e funzioni metacognitive.

La consapevolezza esprime il continuum di crescita, tramite esperienza (soprattutto informale e non formale), cognizione e metacognizione (formali), dei processi di conoscenza dichiarativa, procedurale ed immaginativa.

Con il compito di realtà si valutano insieme le competenze chiave (es.: *analizzare e valutare la situazione complessa; *diagnosticare e prefigurarne lo sviluppo; *applicare l’informazione acquisita; *proporre soluzioni originali ecc.) e le competenze disciplinari (*identificare la tattica dell’avversario nel gioco; *rilevare l’organizzazione di un territorio; *osservare, analizzare e descrivere fenomeni; *leggere, analizzare e comprendere testi attinenti le attività motorio-sportive; *effettuare procedure di calcolo, da quelle operative di tipo ottico-motorio a quelle complesse, scritte e mentali  ecc.). Risulta, così, amplificata la potenzialità interdisciplinare delle stesse competenze disciplinari.

L’apprendimento è situato perché la conoscenza è situata e sociale. Ogni apprendimento nasce in uno specifico contesto ed è influenzato da tre ordini di fattori: • elementi sociali; • stato del soggetto; • tipologia del compito.

L’apprendimento non si sviluppa solo in rapporto all’insegnamento, ma è un processo collegato ad una comunità, il cosiddetto contesto. Va sottolineato il concetto di partecipazione periferica legittimata (con conseguente visione di apprendimento complesso), caratterizzata da continua negoziazione e reificazione. Il soggetto realizza un apprendimento significativo quando apprende in modo attivo. La negoziazione sottolinea il fatto che l’alunno costruisce il significato delle informazioni negoziandolo socialmente e modificandolo per integrare le informazioni da apprendere a quelle precedenti. La reificazione, invece, si riferisce al processo mentale mediante il quale si da concretezza ad un oggetto astratto.

 

Alcune interpretazioni delle attività autentiche sono:

• attività basate su situazioni reali;

• attività basate sull’applicazione della conoscenza o delle abilità concettuali;

• attività che abbiano un aggancio attivo generativo nella definizione e soluzione dei problemi;

• attività che siano radicate nelle convinzioni e nei valori dell’allievo.

 

I QUATTRO COMPONENTI PER UN APPRENDIMENTO AUTENTICO SONO:

1. I problemi del mondo reale che coinvolgono:

• gli studenti nella loro vita quotidiana;

• le persone (cittadini) nel vivere sociale;

• i professionisti nel loro lavoro;

• i ricercatori per la generazione di nuove soluzioni.

2. Le attività di indagine e di pensiero in continua interazione tra pratiche e metacognizione.

3. Una comunità di soggetti in apprendimento.

4. La direzione di senso con la responsabilità degli studenti attraverso la scelta e la decisione.

 

La certificazione andrebbe operata, dai seguenti soggetti, secondo la priorità:

1) Soggetti terzi, esterni, non implicati nel processo formativo-lavorativo (Es.: ente pubblico, soggetti e agenzie accreditati, …) su Competenze (rispetto a standard).

2) Soggetti secondi, interni alla struttura, in rapporto diretto con la persona in formazione o lavoro (Es.: docenti, formatori, responsabili, tutor, dirigenti,…) su Conoscenze, Abilità e Competenze solo se con accertamenti intersoggettivi, per es.:

metodo triangolato (anche con soggetti terzi);

strumenti quali-quantitativi integrati;

con criteri su standard predefiniti;

in situazioni da simulate, a protette (semisimulate), a reali;

su problemi reali, via via più complessi, verso quelli inediti;

con controllo esterno.

3) Soggetto medesimo (autocertificazione) per i dati inconfutabili (e per quanto precedentemente certificato dalle parti 1 e 2).

 

I descrittori

Per definire le competenze in dettaglio si utilizzano i descrittori, che sono prestazioni che hanno la natura di comportamenti indicativi, al fine dell’espressione di un giudizio sul grado di possesso ed esercizio di quella competenza da parte dell’individuo.

Il primo passo della valutazione della prestazione è l’individuazione di tali descrittori, gli indicatori che consentono di valutarne l’efficacia. Ad esempio, considerando la prestazione  «ricerca le informazioni necessarie all’esecuzione di un compito», è possibile misurarne l’adeguatezza considerando alcuni elementi: 1) il numero delle informazioni cercate e trovate rispetto a quelle necessarie; 2) le fonti utilizzate rispetto alle fonti utili disponibili; 3) il tempo impiegato con il procedimento di ricerca utilizzato rispetto al procedimento di ricerca ottimale.

La prestazione può, perciò, essere valutata in funzione del risultato da conseguire (se non si identificano e recuperano tutte le informazioni mancanti, il compito non può essere eseguito correttamente), oppure di una specifica consegna ricevuta, oppure ancora in rapporto alla performance mediamente resa da un determinato gruppo di persone.

Dovranno essere costituiti dei repertori. Allo stato la maggior parte di quelli disponibili sono stati predisposti nell’istruzione professionale sulla base delle richieste delle aziende o degli standard professionali disponibili.

 

Vanno precisati i seguenti elementi in grassetto:

Prestazioni

Per ogni competenza definire le prestazioni che la dimostrano, derivandole da repertori.

Prestazioni nel contesto

Adattare, se necessario, le prestazioni rispetto alla situazione concreta e alle necessità degli attori coinvolti.

Attività  

In relazione a ciascuna prestazione, si tratta delle attività che si propongono agli studenti; possono essere curricolari o extracurricolari.

Indicatori di prestazione

Si tratta degli indicatori con cui misurare la prestazione, in relazione all’attività proposta (anche questi sono concordati tra gli attori coinvolti).

Metodi di rilevazione

Per ciascun indicatore va dettagliato come si intende rilevarlo e con quali strumenti: rubriche e griglie di osservazione (da consegnare agli alunni preventivamente e da allegare successivamente), controllo della documentazione, esame dei risultati ecc.

Scala di valutazione

Per ogni prestazione (e per gli indicatori corrispondenti) va precisato il peso percentuale, che essa assume ai fini della valutazione della competenza (attenzione: il peso di una stessa prestazione può variare a seconda dell’attività).

 

L’efficacia dell’azione didattica è connessa alla cura dell’ambiente di apprendimento: a) costruire attività accattivanti e motivanti; b) collocarle in situazioni reali di vita, anche ricreando a scuola contesti d’uso, realizzando prodotti autentici; c) governare il clima di classe, mentre si lavora sull’unità di apprendimento, per controllare sempre la collaborazione fra gli allievi e la disponibilità ad ascoltare da parte di tutti.

La comunicazione sulla valutazione agli alunni e alle loro famiglie deve essere regolare, dettagliata e chiara: gli alunni dovrebbero ricevere il feedback del voto alla fine di ogni lezione o sua parte significativa; i criteri di valutazione devono essere comunicati prima di ciascuna prova e il messaggio valutativo deve contenere indicazioni per lo sviluppo delle competenze; infine, il giudizio deve essere in un linguaggio ben comprensibile per chi lo riceve.

I sistemi di valutazione, comunque, vanno regolarmente rivisti e migliorati, nell’ottica di una valutazione totale ed autentica.

Il paradigma della valutazione da misurazione diventa triangolazione, perché più prove differenziate da diverse prospettive riescono meglio a cogliere l’unicità di ogni alunno, a svilupparne curiosità ed integrazione sociale e a nutrire i suoi bisogni di commisurazione e di movimento.