Scuola, l’anomalia precari davanti alla Corte europea

da l’Unità

Scuola, l’anomalia precari davanti alla Corte europea

Oggi in Lussemburgo udienza sui contratti a tempo reiterati oltre i 36 mesi, la decisione sarà vincolante per i giudici italiani

Adriana Comaschi

Il conto alla rovescia comincia oggi. Gli occhi di centinaia di migliaia di precari della pubblica amministrazione, in primis quelli della scuola, sono puntati sul Lussemburgo, sulla Corte di Giustizia Europea chiamata a pronunciarsi sull’anomalia italiana del precariato sine die. Ovvero su quei contratti a tempo determinato da supplente su posti vacanti e disponibili, fatti sottoscrivere dai Provveditorati a settembre e chiusi a fine anno scolastico. Contratti rinnovati di anno in anno, per svolgere le stesse mansioni di chi è in ruolo (ma con stipendi inferiori). Su tutto questo, ora l’Europa potrebbe scrivere la parola ‘fine’. Se la Corte Ue giudicasse illegittimi i contratti a tempo determinato reiterati per più di 36 mesi (questione sottoposta da un giudice napoletano in seguito al ricorso di un’insegnante precaria) si capovolgerebbero le sorti di docenti e Ata (tecnici amministrativi) con almeno tre anni di servizio alle spalle, anche non continuativo. La decisione è infatti vincolante per i giudici italiani, dunque chiunque ne avesse diritto l’Anief stima 140 mila, 120 mila docenti e quasi 20 mila Ata potrebbe fare causa e vedersi assegnato il diritto al posto, o a un congruo risarcimento per il trattamento discriminatorio subìto. Non a caso in aula oggi siederanno gli avvocati dei sindacati, in prima fila Anief e Flc-Cgil che da tempo seguono e promuovono cause in questo senso. Così come da tempo invitano gli inquilini di viale Trastevere, e ora la neo ministra Stefania Giannini, ad affrontare con un piano straordinario la questione del precariato strutturale della scuola, una realtà vecchia di decenni che negli ultimi anni si attesta almeno sul 15% del totale dei docenti: «Ci sono almeno 125 mila posti disponibili, di cui 25 mila per gli Ata. Giannini ha già fatto sapere di non essere disponibile a una stabilizzazione di massa e questo ci dispiace osserva polemico il presidente Anief Marcello Pacifico -: come altro rispondere a una precarizzazione di massa?». QUEI MONITI DALL’EUROPA I numeri italiani sono in effetti del tutto sui generis, tanto da essere già finiti nel mirino della Commissione europea che a fine febbraio ha rilevato come «Non può ritenersi obiettivamente giustificata … una legislazione nazionale, quale quella italiana, che nel settore scolastico non prevede alcuna misura diretta a reprimere il ricorso abusivo a contratti dilavoro a termine successivi». Una presa di posizione che sindacati e mondo della scuola interpretano come un buon viatico. Domenico Pantaleo, numero uno della Flc Cgil, per una volta si dice «ottimista. Anche se non decidono oggi, la sentenza della Corte di Giustizia arriverà più avanti, crediamo in un possibile pronunciamento positivo, sarebbe coerente con la strada già indicata dalla Ue». I richiami in effetti sono stati diversi, a partire da una direttiva del ‘99 sul lavoro a tempo determinato, l’Italia però ha sempre tirato dritto. Ora lo spettro di ricorsi di massa o quello di pesanti sanzioni potrebbero costringerla a una brusca inversione a ‘U’, un po’ come è avvenuto per il sovraffollamento delle carceri con il governo che studia sconti di pena e rimborsi ai detenuti che hanno vissuto in condizioni condannate come «inumane» dall’Unione Europea. Intanto sono già centinaia i ricorsi a tribunali ordinari contro queste assunzioni usa e getta. «È finito in Europa un tema che qui non si è mai voluto risolvere politicamente rileva Pantaleo -, lo ribadiamo al nuovo governo: centralità e qualità della scuola non sono compatibili con il precariato strutturale». Che non solo penalizza i docenti e la continuità didattica, dunque gli studenti, specie sul sostegno. Ma a conti fatti non costituisce nemmeno un risparmio per le casse dello Stato. Ai precari infatti non vengono versati i contributi, che però sarebbero figurativi, mentre ogni estate debbono essere versati Tfr e indennità di disoccupazione. «La Ragioneria generale dello Stato ha calcolato che il mantenimento di una mole così alta di precari nella scuola è costata tra 2007 e 2012 ricorda Pacifico ben 350 milioni di euro»