Ripristino degli organi territoriali

Ripristino degli organi territoriali
Quale modello per un governo del sistema

di Cinzia Olivieri

 

Nuovo Ministro. Nuove linee programmatiche

Appena a giugno scorso il ministro Carrozza preannunciava davanti alle VII^ Commissioni riunite di Camera e Senato (1) l’inserimento di una norma di delega nell’ambito del disegno di legge sulle semplificazioni per un nuovo testo unico in materia di istruzione, prevedendo  “uno specifico criterio” per la riforma degli organi collegiali. Durante il Consiglio dei Ministri  dell’8 novembre 2013 la notizia dell’avvio dell’esame di un disegno di legge delega quindi l’annunzio di una prossima Costituente della Scuola (2).

A febbraio però, quando eravamo ormai prossimi al suo avvio, con l’insediamento del nuovo Governo, il neoministro Giannini si è dichiarata quasi subito scettica in proposito (3) ed il 27 marzo, nel presentare in VII^ Commissione Senato le sue linee programmatiche ha manifestato la necessità di  “dotarsi di strumenti snelli” e di provvedere alla “revisione degli organi collegiali, dove sembra utile garantire la piena funzionalità dell’organo consultivo a livello nazionale, nonché degli organismi necessari ai diversi livelli di intervento locale”. Tali obiettivi sono stati ribaditi nel corso dell‘audizione in VII^ Commissione Cultura della Camera (video) svoltasi il 1° aprile (con previsto proseguimento per il giorno 8 aprile) senza manifestare attualmente alcuna esigenza o intenzione di procedere attraverso una previa ampia consultazione.

 

Si ritorna a parlare di CNPI e di organi territoriali

La questione della funzionalità dell’organo nazionale si pone con maggiore forza da quando alla fine del 2012 non è stato più prorogato il CNPI.

A seguito del ricorso presentato dalla FLC CGIL, il Tar Lazio aveva stabilito nell’ottobre 2013 che se il MIUR non avesse avviato, entro 60 giorni, le procedure per l’insediamento del Consiglio superiore della pubblica istruzione, previsto dal Dlgs 233/99, tale adempimento avrebbe dovuto essere compiuto da un commissario ad acta (individuato nel prefetto di Roma).

L’appello proposto quindi dal Ministero innanzi al Consiglio di Stato,  sul presupposto che il nuovo organismo previsto dal Dlgs 233/99 avrebbe violato la nuova ripartizione delle competenze stabilite dalla riforma costituzionale del titolo V, è stato infine respinto in quanto  l’Amministrazione “non può rifiutarsi di applicare una norma legislativa” per un “presunto vizio di legittimità” in merito al quale può pronunciarsi solo la Corte Costituzionale (4).

 

Dal Dlgs 233/99 ai giorni nostri

Occorre a questo punto ripercorrere ancora una volta un po’ di storia.

Il Dlgs 233/99, come previsto dall’art. 21 della L 59/97, aveva istituito i nuovi organi collegiali territoriali, precisamente i Consigli Scolastici Locali e Regionali ed il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione.

Per espressa indicazione dell’articolo 8 i “vecchi organi” previsti dal Testo Unico (Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, Consigli Scolastici Provinciali e Distrettuali) avrebbero dovuto restare in carica fino all’insediamento dei nuovi, previsto entro il 1 settembre 2001.  Ma, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, si dubitò della coerenza della norma con il dettato costituzionale e pertanto la L 463/01, intervenendo sul menzionato articolo 8 del Dlgs 233/99  precisò che  l’abrogazione sarebbe seguita solo  “con effetto della costituzione dei nuovi organi collegiali locali e regionali, circostanza che avrebbe dovuto realizzarsi “entro il 31 dicembre 2002”. Infatti, prima di tale scadenza, la L 137/02 aveva delegato il Governo ad emanare “entro diciotto mesi  uno o più decreti legislativi, correttivi o modificativi di decreti legislativi già emanati, ai sensi dell’articolo 21 della L 59/97” (tra i quali appunto il Dlgs 233/99), per adeguarli alle modifiche costituzionali. Decorso inutilmente tale termine, la L 186/04 aveva conferito al Governo una nuova delega, da attuarsi entro il termine di dodici mesi, anch’essa mai esercitata.

Poiché la Legge 463/01 si era espressa in merito alla vigenza delle disposizioni del Testo Unico, intanto avrebbero dovuto quindi rinnovarsi le componenti elettive degli organi territoriali previsti da tale norma, ma, nel fornire le annuali istruzioni per le elezioni, dapprima la CM 192/00 riconobbe la possibilità di indire solo eventuali suppletive e, l’anno successivo, la CM  141/01 espressamente escluse anche queste.

È comprensibile che tutti questi riferimenti normativi, con numeri e date, provochino un certo disorientamento. Ma la sintesi è che da allora, senza considerare gli ulteriori provvedimenti di esautoramento, i consigli scolastici distrettuali e provinciali sono stati cancellati di fatto, nonostante la vigenza di una legge ed i nuovi organi non sono mai stati istituiti né si sono definiti chiaramente gli aspetti di incompatibilità.

Purtroppo non era facile già allora per quelle componenti elettive lottare per la sopravvivenza di strumenti di partecipazione rimessi al gratuito impegno. Perciò, nonostante il ricorso al Tar Lazio presentato dal Codacons nel 2008 avverso la mancata indizione delle elezioni dei Consigli Scolastici Distrettuali e Provinciali (il cui esito – parziale – non è stato però altrettanto positivo) e dopo il  comunicato stampa dell’ottobre 2008, sostenuto dalle associazioni dei genitori del FoNAGS, di sollecito alle elezioni degli organi territoriali, tutto è caduto nella inevitabile dimenticanza. Ciò almeno finché sopravviveva il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, prorogato di anno in anno nella sua storica composizione sino alla fine del 2012.

L’assenza del CNPI  pone ora dubbi circa la legittimità di quegli atti per i quali esso era chiamato ad esprimere pareri obbligatori e vincolanti.

Ma la costituzione del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione è subordinata necessariamente a quella degli altri organi territoriali previsti dal decreto legislativo (consigli scolastici locali e regionali, aperti alla partecipazione di genitori e studenti),  non solo perché i termini e le modalità per le elezioni devono essere dettati dalla stessa ordinanza (che dovrà disciplinare anche le designazioni e le nomine dei componenti di suddetto consiglio), ma altresì in quanto la componente elettiva che rappresenta il personale delle scuole statali dei consigli scolastici locali è chiamata ad eleggerne quindici membri (art. 2 comma 5 lett. a)).

Nonostante la vittoriosa pronuncia, la FLC CGIL, ribadendo quanto richiesto in una lettera inviata nel luglio 2013 al ministro Carrozza insieme alle altre organizzazioni sindacali (CISL SCUOLA – UIL SCUOLA – SNALS CONFSAL – GILDA UNAMS), chiede di:

  • ripristinare subito la funzionalità dell’attuale CNPI in attesa dell’elezione di un nuovo organismo nazionale;
  • avviare un grande confronto con le scuole, le organizzazioni sindacali, le associazioni professionali e tutti i soggetti interessati per arrivare quanto prima al riordino complessivo degli organi collegiali scolastici inadeguati alla nuova configurazione dell’autonomia scolastica.(5)

Insomma, la richiesta è di riattivare intanto il solo CNPI  nonché di utilizzare questa emergenza per una riforma in tempi rapidi del sistema della rappresentanza nella scuola con la  revisione degli organi collegiali, dichiarati “inadeguati” all’autonomia scolastica, sebbene non si esplicitino chiaramente le ragioni di tale inadeguatezza.

 

Quale modello di governance

La manifestata esigenza di apertura di un dibattito che in realtà dura da oltre un decennio conferma  che ad oggi manca una condivisa idea sull’argomento.

Certamente non può essere considerata una proposta accettabile (ed un buon inizio) quella dei DDL S3542 e S933, i quali non risolvono il problema del governo nei diversi ambiti territoriali, pur ritenuto necessario dal Ministro. Infatti  si limitano entrambi a differire a futuro regolamento le modalità di costituzione e di funzionamento dell’organo nazionale, mentre a livello regionale prevedono la possibilità per le Regioni di istituire conferenze regionali e definire ulteriori ambiti. A tanto si aggiunga che l’autonomia statutaria finisce per creare un sistema scollegato, un non-sistema inefficace a combattere problemi nazionali che richiedono azioni necessariamente coordinate.

La partecipazione nei vari ambiti non può che essere questione di interesse nazionale. Peraltro la proposta riforma del Titolo V della Costituzione, con la prevista ridefinizione delle competenze “esclusive” dello Stato nel senso di un loro ampliamento, può costituire opportunità per superare qualsiasi supposta incompatibilità.

Ci si augura non si voglia ricorrere alla decretazione d’urgenza per sanare vuoti che non sarebbero comunque colmati dai disegni di legge oggi sul tavolo e che la “snellezza” non si intenda realizzata riducendo la composizione numerica di un organo di indirizzo dove i rappresentanti sono eletti con modalità da definirsi e che delibera prevalentemente “previa necessaria proposta del dirigente” il quale magari anche lo presiede. Si perderebbe il senso stesso della partecipazione.

E certo non è soluzione l’autonomia statutaria in una realtà scolastica che ha già difficoltà a condividere ed applicare i regolamenti interni.

Questo modello organizzativo, ispirato a quello trentino e recepito nel testo unificato del DDL S3542 era contemplato non nel famoso “disegno di legge Aprea” (Pdl 953) ma nella pdl 1262 De Torre e non tiene conto né delle caratteristiche del contesto in cui andrebbe ad applicarsi né delle successive evoluzioni ed esigenze della legge provinciale trentina del 2006 che ha richiesto un numero considerevole di decreti applicativi.

Diversa è invece la struttura partecipativa adottata dalla Provincia di Bolzano

Il nostro Testo Unico è del 1994; la Legge Provinciale n. 20 è del 1995. Il nostro regolamento dell’autonomia è del 1999; l’equivalente Legge Provinciale sull’autonomia di Bolzano n. 12 è del 2000.  Noi non abbiamo più territorialità. A Bolzano la Legge provinciale del 1996  disciplina il consiglio scolastico provinciale che è operativo ed attivo. Il sistema – che ha molteplici affinità con il nostro – è equilibrato ed armonico. Sono previste interazioni e collegamenti tra tutti gli organi che nel nostro sistema mancano nonché le consulte provinciali dei genitori (arto mancante del nostro corpo partecipativo).

Non si può pensare, in una scuola che investe sempre più le risorse delle famiglie, di tenerle escluse dai processi decisionali per timore di interferenze con le competenze contabili del dirigente. Piuttosto sarebbe il caso di ripensare una Costituente coinvolgendo quella rappresentanza che si vuole escludere per garantire la “snellezza” degli organismi.

 

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(1) Governance scolastica e “nuovi” poteri del dirigente
(2) Dalla legge delega alla Costituente sulla scuola … quale partecipazione?
(3) Governance ed autonomia. Il DDL S933. E’ davvero necessaria una riforma?
(4) dal sito http://www.flcgil.it/: Cnpi: il MIUR sconfitto anche in appello. Il Consiglio di Stato dà ragione alla FLC
in InformazioneScuola.it Il Pasticciaccio Del Cnpi Rischia Di Bloccare Le Attività Del Miur
in LaTecnicaDellaScuola.it Illegittima la mancata proroga del CNPI, in attesa del nuovo organismo di Andrea Toscano
(5) dal sito http://www.flcgil.it/ Riordino degli organi collegiali e riattivazione del CNPI: i sindacati sollecitano il MIUR

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