La sentenza: anche i supplenti possono diventare presidi

da Corriere.it

il ricorso presentato nel 2011. Le due prof avevano superato le prove d’esame

La sentenza: anche i supplenti possono diventare presidi

Lo ha deciso il Tar del Lazio: il periodo di precariato equivale a quello svolto da colleghi di ruolo. Così due insegnanti precarie ora diventeranno dirigenti

di Redazione online

Il Tar del Lazio ha stabilito che anche i supplenti possono diventare presidi. Il Tribunale amministrativo ha infatti accolto un ricorso e deciso che per partecipare al concorso per presidi può essere ritenuto valido anche il periodo di precariato perché equivalente a quello svolto dai colleghi di ruolo: due insegnanti oggi ancora precarie, che nel 2011 avevano presentato ricorso e superato tutte le prove preselettive e d’esame, si sono così viste sciogliere la riserva d’accesso al concorso. E siccome le due prof hanno anche vinto il concorso, ora diventeranno a tutti gli effetti dirigenti scolastici. In pratica, per il Tar il servizio prestato da precario o post-ruolo va considerato allo stesso modo: esattamente come avviene con i titoli accademici di accesso. Come del resto indicato dall’Unione Europea, non esiste alcuna ragione giustificata per discriminare i precari della scuola.

«In linea con l’Europa»

Commenti positivi da parte dell’Anief: «Il tribunale regionale laziale dà ragione alla linea del sindacato – scrive in una nota Marcello Pacifico, presidente dell’associazione sindacale -. I giudici italiani non hanno fatto altro che prendere atto delle pronunce della Corte di Giustizia europea e così disapplicare la normativa nazionale. È la conferma che la precarietà lavorativa rimane un paradosso tutto italiano».

La vicenda

Questi i fatti, nella ricostruzione dell’Anief: Nell’estate del 2011 viene bandito il concorso per diventare dirigente scolastico attraverso il D.D.G. del 13 luglio 2011: sono 2.386 i posti messi a disposizione. Due i requisiti d’accesso: il possesso del diploma di laurea ed essere insegnante di ruolo da almeno cinque anni. Le insegnanti presentano comunque la domanda di ammissione al concorso. Nelle settimane successive ottengono un’ordinanza cautelare confermata dal Consiglio di Stato che autorizza l’accesso con riserva alle prove preselettive, agli scritti e agli orali. Il ricorso viene accolto e viene richiamata anche la giurisprudenza comunitaria della Corte di Giustizia. Con la sentenza 5011/2014, il Tar conferma che l’Italia non ha altra scelta che adeguarsi alle direttive UE: nel nostro ordinamento viene così accolto il principio comunitario di non discriminazione anche sui concorsi pubblici, finora richiamato nelle cause di lavoro sulla successione dei contratti a termine.