Tre mila docenti in meno nel 2018. E’ l’inizio dell’onda

da TuttoscuolaNews

Tre mila docenti in meno nel 2018.  E’ l’inizio dell’onda

Nei banchi di prima elementare tra cinque anni vi saranno quasi 50 mila scolari in meno di quelli che dal prossimo settembre entreranno per la prima volta in una classe dell’obbligo.

L’area geografica che per valori assoluti registrerà il maggior calo di alunni sarà il Nord Ovest (meno 14.307), mentre in termini percentuali sarà il Nord Est con un decremento del 10,8%.

In Lombardia nel 2018-19 vi saranno circa 9.500 alunni in meno, nel Veneto circa 6mila.

In una certa misura il calo di alunni sarà contenuto dal minor numero di alunni per classe (10-15%?), ma inevitabilmente il calo determinerà comunque una diminuzione del numero delle classi.

Se verranno mantenuti gli attuali parametri per la costituzione delle classi di scuola primaria, potrebbero essere circa 2mila le classi che non verranno riaperte per mancanza di alunni.

Il Nord Ovest potrebbe perdere circa 580 classi, il Sud 531, seguiti dal Nord Est con meno 437.

Il Centro e le Isole se la caverebbero rispettivamente con 242 e 209 classi in meno.

In Lombardia potrebbero chiudere 381 classi, in Campania 261, nel Veneto 241.

Chiusura delle classi significa anche riduzione dei posti di docente.

Considerato che nella scuola primaria attualmente il rapporto medio docenti/classi è di 1,5 docenti per classe, la chiusura di 2mila classi comporterebbe un decremento di organico di circa 3mila posti.

Come far fronte a questo trend di sensibile decremento del numero di alunni, cogliendo l’occasione per aumentare la qualità del servizio?

Le Amministrazioni interessate potrebbero prepararsi al nuovo fenomeno demografico, programmando per tempo un razionale impiego delle risorse umane e strumentali derivanti dal calo.

In particolare l’Amministrazione scolastica potrebbe istituire un organico funzionale d’istituto da utilizzare per attività di arricchimento dell’offerta formativa, mentre le Amministrazioni comunali, proprietarie degli edifici scolastici, potrebbero adattare le aule vuote per laboratori e per nuovi servizi formativi extrascolastici, destinando gli introiti alla manutenzione degli edifici.

La scuola italiana saprà cogliere l’opportunità che si affaccia guardando lontano, o nel 2030 ci ritroveremo una scuola uguale a quella di oggi nelle logiche di funzionamento e falcidiata negli organici?