Lacrime e pianti

LACRIME E PIANTI MA CHI MAI CI RITORNERà

di Umberto Tenuta

CANTO 155 Or sono lacrime e pianti, altro che amore, filosofia, come pure l’etimologia della parola studium vorrebbe, e non è per chi fugge via.

 

Signore e Signori, lo spettacolo si ripete!

Negli atri delle scuole.

Dovete aspettare solo qualche altro giorno.

Poi, divisi come sempre, di qua saranno i premiati, i dotati, quasi tutti figli di genitori talentati, da Don Milani chiamati figli del dottore.

Dall’altra parte, l’angolo riservato al pianto, pianto non consolato dai genitori assenti per il pianto del lavoro che non hanno.

La scena non presenta novità, si ripete identica anno dopo anno, con ineluttabile cadenza.

Piangono gli studenti che si sono giocate le agognate vacanze dalle diuturne fatiche di nove dolorosi mesi di scuola, nei quali pure qualche assaggio di lacrime avevano goduto.

Spes ultima dea!

Ma anche la speranza, ultima dea, fugge coloro che sono destinati alla mortalità scolastica.

Altro loro non resta che il pianto.

O giovinezza di speranze patria, anche da te fugge la gioia!

No, voi lo sperimentate, voi lo vivete, voi lo piangete con lacrime amare che la scuola non è un gioco, anche se quel bugiardo di Platone lo predicava.

E solo in tempi lontani lontani Vittorino lo realizzava nella sua CA’ ZOIOSA.

Altri tempi, giovani!

Tempi passati.

Ora non c’è più tempo per il gioco.

Ora si lavora e ci si guadagna il pane col sudore della propria fronte.

Il gioco non ve lo lasciano nemmeno nei primissimi anni della vostra vita.

Ve lo avvelenano già!

Garzoncello scherzoso,

cotesta età fiorita

è come un giorno d’allegrezza pieno,

giorno chiaro, sereno,

che precorre alla festa di tua vita.

Godi, fanciullo mio; stato soave,

stagion lieta è cotesta.

Altro dirti non vo’; ma la tua festa

ch’anco tardi a venir non ti sia grave.

Non erano bugiardi i vostri genitori.

Essi ne avevano fatto diretta esperienza.

Il motto degli antichi mai fallì.

Lo sapevate, giovani.

Perchè non avete ascoltato, annotato, copiato, ripetuto, sera notte e mattino?

Uomo avvertito mezzo salvato.

Niente da fare. Ora piangete.

L’anno venturo ricorderete.

Non importa che lo studio sia amore, filosofia.

Ditelo a Platone dalle larghe spalle che per voi lo studio non è un gioco, non lo sarà nemmeno l’anno venturo.

Se la scuola non cambierà verso.

E se voi ci ritornerete!

 

POST SCRIPTUM

Troppi studiosi perdono i loro tempi preziosi a studiare il fenomeno della mortalità scolastica.

Eppure Carlo Lorenzini ne aveva già dato la spiegazione.

Forse la scuola faceva qualcosa per non farsi odiare dal burattino di legno?

Figurarsi se gli scolari sono di carne e ossa!

Se lo studio è pena, se lo studio è condanna, se lo studio è mortificazione quotidiana e finale, chi volete che non fugga via?

 

Pubblicato in

http://www.edscuola.it/dida.html