I prof denunciano: “Ecco gli imbrogli nei diplomifici”. E il ministro conferma: da settembre possiamo intervenire

da Repubblica.it

I prof denunciano: “Ecco gli imbrogli nei diplomifici”. E il ministro conferma: da settembre possiamo intervenire

Le testimonianze raccolte online da Unicobas. Racconti di falsi stipendi e contributi. Ma anche di falsi verbali per far comparire in aula studenti che non ci sono

di SALVO INTRAVAIA

Più controlli sulle scuole paritarie che sfruttano gli insegnanti con paghe irrisorie. Ma a partire dal prossimo mese di settembre. Per la maturità che sta per iniziare tutto andrà come è stato finora nei diplomifici: studenti fantasma, stipendi inesistenti e l’obbligo di dichiarare il falso. Veronica, Silvia, Marcella, Francesca, Marco sono nomi di fantasia ma le storie che raccontano sono terribilmente vere. Storie di ordinario sfruttamento, di umiliazioni professionali e di vessazioni di ogni genere patite all’interno di quelle scuole paritarie che  –  assieme alle scuole statali  –  dovrebbero costituire la seconda gamba del sistema pubblico di istruzione italiano. Prepotenze e soprusi che migliaia di malcapitati sopportano giornalmente in silenzio per ottenere i 12 punti all’anno che serviranno a scalare le graduatorie provinciali dei precari. Quelle che aprono le porte della scuola statale e consentiranno loro di lasciarsi alle spalle anni di maltrattamenti e mortificazioni.

Celandosi nell’anonimato che garantisce il web, hanno affidato i loro sfoghi a Paolo Latella, sindacalista degli Unicobas, che ha deciso di denunciare quelle scuole private che infrangono le regole tracciando la cartina della vergogna con le segnalazioni provenienti da tutte le regioni del Sud, ma anche da Lazio, Toscana, Lombardia, e Friuli Venezia-Giulia. E inviando un dossier all’ex ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, e al suo successore Stefania Giannini. Perché le scuole che non applicano la normativa vigente sulla parità scolastica possono essere sanzionate con la revoca della parità stessa. Basterebbe controllarle. Ma dal ministero a Paolo Latella non è arrivata neppure una telefonata. Telefonate che invece sono arrivate al sindacalista da chi lo ha minacciato di morte per la sua crociata contro le paritarie.

Eppure le storie raccontate dagli stessi protagonisti lasciano a bocca aperta. E viene perfino il dubbio che si possano verificare in un paese civile. “Siamo insegnanti in cerca di punteggio presso le scuole paritarie e la nostra è una denuncia che arriva dopo mesi di vessazioni e di ingiustizie patite presso una scuola paritaria” della provincia di Caserta. “I gestori per poter dare la possibilità di insegnare (dopo esser stati raccomandati vivamente da persone a loro vicine), obbligano noi precari a sottostare alle inique condizioni lavorative cui non è possibile sottrarsi. Già il primo giorno sono stati chiari: ci hanno detto che gli studenti non frequentano le lezioni e dobbiamo necessariamente attestare il falso, e cioè la presenza in aula di ragazzi che, invece, nella migliore delle ipotesi, sono altrove a lavorare”.

“Sul registro personale e quello di classe  –  continuano i prof  –  attestiamo falsamente la presenza degli studenti ma, in aula, se tutto va bene in una classe di 20 persone, ne sono presenti solo tre o quattro. Rischiamo di andare sotto processo, come già avvenuto in alcune scuole paritarie in quel di Santa Maria Capua Vetere, perché dobbiamo attestare presenze non veritiere. E badate bene che un alunno può anche fare una rapina, noi gli forniamo l’alibi della presenza in aula”. Ma non è tutto. “A fine mese, dichiariamo di aver ricevuto il compenso ordinario firmando la busta paga, ma, in realtà, non percepiamo alcuno stipendio. Siamo costretti a firmare e a dichiarare il falso perché questa finta retribuzione garantisce il pagamento dei contributi previdenziali, condizione necessaria per l’attribuzione dei 12 punti annuali in graduatoria”.

E i contributi? “Quelli, udite bene, ci costringono a pagarceli di tasca nostra! E già, non solo firmiamo la busta paga senza percepire stipendio, ma inoltre, dobbiamo necessariamente pagare i contributi di tasca nostra. Che vergogna. Per non dire del contributo extra di 200 euro che dobbiamo versare ai gestori, per le spese di manutenzione della scuola. Siamo stanchi di essere derisi, sfruttati. Lavorare gratuitamente nelle scuole paritarie può apparire uno scandalo ai più, ma qui in Campania è la regola”. Più fortunate le insegnanti di una scuola elementare e materna della provincia di Napoli che percepiscono sulla carta uno stipendio di 400 euro al mese per dieci ore di lavoro al giorno: dalle 7,30 alle 17,00 e per due volte a settimana fino alle 18,30.

Sono state assunte come volontari di un’associazione di cui è presidente la moglie del direttore e oltre all’insegnamento alle maestre viene richiesto di pulire le aule e i bagni. Vengono pagate due euro l’ora. Una situazione ricorrente al Sud. A Palermo, lo stipendio di Veronica era di 500 euro mensili per 12 ore settimanali. Lei però ne svolgeva 8/9 al giorno e la paga, un semplice acconto, arrivava ogni tre mesi. Per nove lunghissimi anni “ho subito mobbing, rimproveri, urla…. Mi è stato negato il permesso studio per prepararmi al concorso…. Lo scorso anno sono stata circa 5 mesi senza percepire un centesimo, ho attraversato un periodo di forte stress psicologico perché non riuscivo a sostentarmi…”, racconta Veronica.

E alcune volte anche il punteggio per cui i precari sono disposti a tutto se ne va in fumo. “Io ho insegnato dal 95 al 99  –  racconta Marcella  –  in una scuola religiosa a Cosenza che ritenevo legalmente riconosciuta. Lo ritenevo erroneamente, perché da poco ho scoperto che quel servizio vale zero. Ho insegnato per due lire, facendo affidamento sul punteggio. Punteggio che hanno dato a chi mi ha preceduto per anni e poi infine a me. Persino i sindacati mi dicevano che era tutto ok. Tre anni fa  –  prosegue  –  mi sono spostata a Roma sperando di lavorare di più, invece peggio. Beh qualche giorno fa mi scrivono dicendomi, che il mio punteggio riguardante quegli anni vale zero. Per vent’anni nessuno me lo ha contestato, ora scopro di colpo non fosse così. Mi è caduto il mondo addosso”.

Sfruttamento che dovrebbe cessare tra pochi mesi, stando a quanto dichiarato pochi minuti fa dal ministro dell’Istruzione Stefania Giannini che ha risposto ad una interrogazione parlamentare del M5S alla Camera. Il ministro ha dapprima rammentato che spetta agli Uffici scolastici regionali vigilare sugli istituti paritari. Ma ha sorvolato sul fatto che gli uffici periferici del ministero hanno una carenza cronica di ispettori. Per la verità, ricorda la Giannini, il ministero ha messo nero su bianco una specifica normativa che però è stata prontamente impugnata al Tar. Ma a settembre, quando partirà il sistema nazionale di valutazione che si regge su tre gambe  –  Invalsi, Indire e corpo ispettivo  –  i 55 neoispettori dell’ultimo concorso potranno mettere le mani tra le carte degli istituti paritari per controllare il trattamento riservato ai docenti o la presenza di altre eventuali irregolarità.