Rigore, lavoro di squadra e verifiche: ecco come nasce un test Invalsi

da Corriere.it

Per prepararli, Due anni di lavoro

Rigore, lavoro di squadra e verifiche: ecco come nasce un test Invalsi

Un’autrice: «Non chiamateli quiz: sono strumenti affidabili, come quelli usati nelle scienze sperimentali». Il 19 giugno l’ultima rilevazione nazionale, per le terze medie

di Antonella De Gregorio

Ultimo match con le prove Invalsi 2014. Giovedì 19 giugno, in contemporanea con il secondo scritto della Maturità, si svolgeranno in tutta Italia le prove nazionali per i ragazzi di terza media: prima italiano, 75 minuti; poi una pausa di 10-15 minuti; infine matematica, altri 75 minuti. Ultima prova in calendario tra gli scritti, servirà a verificare – attraverso domande di comprensione e di grammatica e con quesiti di algebra, geometria, relazioni e funzioni, statistica e probabilità – a che punto sono gli studenti, in lettura e conoscenze matematiche, dalle Alpi a Lampedusa.

Non sono quiz

Ma attenzione a chiamarli «quiz», o «test a crocette». L’Invalsi somministra «prove articolate», che servono a verificare la capacità degli studenti di utilizzare le conoscenze acquisite sui banchi. Parlare di «quiz», secondo gli addetti ai lavori è fuorviante e riduttivo: fa pensare ai giochi a premi delle trasmissioni televisive. E invece, «nelle prove predisposte dall’Invalsi ci sono domande a risposta multipla, domande aperte, richieste di argomentazioni, dimostrazioni», spiega Daniela Notarbartolo, docente di italiano e latino in un liceo scientifico milanese, che da anni fa parte di un gruppo di lavoro che seleziona, verifica e confeziona i materiali prodotti dagli «autori» dei test. Si parla di una squadra di 250 docenti: «Insegnanti con grande esperienza didattica e disciplinare», dice.
Come nascono le prove?
«Con un gran lavoro interdisciplinare, che coinvolge esperti con formazione ed esperienze specifiche – spiega Notarbartolo -. E che per costruire una prova standardizzata lavorano per 15- 18 mesi, rispettando procedure articolate e rigorose».
Da dove si incomincia?
«Dalla formulazione di quesiti, facendo ricorso all’esperienza maturata e alle indicazioni dell’Invalsi. Le domande vengono poi selezionate e riconfezionate da un gruppo ristretto di docenti, che si confrontano nuovamente con gli autori per rivedere un’ultima volta il tutto. Infine, si preparano i fascicoli, che devono contenere tutti gli ambiti e le difficoltà previste».
Quanto tempo ci vuole?
«Un paio d’anni: le prove che “andranno in onda” nel 2016 vengono elaborate in questi giorni dagli autori. In settembre passeranno al “gruppo ristretto”. Intorno a maggio verranno testate su un campione statistico per verificare la validità delle scelte, poi torneranno al gruppo degli esperti sotto forma di dati numerici, che diranno se il test discrimina bene oppure no, se c’è il rischio che vengano date risposte a caso, quali abilità son messe in evidenza. A quel punto le domande vengono accettate, cancellate o corrette e si giunge all composizione della prova standardizzata».

I Quadri di riferimento

Per l’esame di terza media è previsto un secondo pre-test: la prova «fa media» nel voto finale, quindi le verifiche sono ancora più accurate.
Alla base delle analisi e delle verifiche c’è la rispondenza dei quesiti alle Indicazioni nazionali e ai Quadri di riferimento per la valutazione, che sono i parametri elaborati dall’Invalsi per definire gli ambiti (ad esempio «grammatica», «comprensione della lettura», «spazio e figure», ecc.), i processi cognitivi, e i compiti oggetto di rilevazione. «Un passaggio importante perché consente di eliminare gli elementi che non rispondono alle finalità della rilevazione, di circoscrivere le competenze, di adattare e misurare meglio le domande», dice Notarbartolo.

Processo scientifico

Nel complesso, un lungo processo scientifico, non noto ai non addetti ai lavori. «Chi paragona le prove Invalsi alle verifiche di classe sbaglia – prosegue la docente -: costruiamo strumenti di misurazione analoghi a quelli utilizzati nelle scienze sperimentali e misuriamo i risultati degli studenti all’interno di una scala di abilità e competenza molto lunga, dai livelli più bassi a quelli di eccellenza».
Quali sono i vantaggi per le scuole?
«Le prove Invalsi non vogliono sostituirsi alla valutazione dei docenti, ma possono fornire una solida base, comparativamente affidabile, per analizzare i frutti delle scelte autonome di ciascuna scuola su un piano comune a tutti».

Il rapporto

All’inizio di ciascun anno scolastico, l’Invalsi fornisce poi a ciascuna scuola, in forma riservata, analisi dettagliate, corredate da guide didattiche che legano la prova ai Quadri di Riferimento. In questo modo è possibile leggere gli esiti non solo in chiave di contenuti, ma anche rispetto ai processi cognitivi, ai compiti richiesti e così via. I dati vengono anche disaggregati – in base a regolarità del percorso scolastico degli allievi, in base al genere, all’origine – e confrontati con la Regione, l’area geografica, il Paese. Nel rapporto conclusivo, che disegna il quadro nazionale, vengono inseriti i dati delle classi campione, che sono i più affidabili, perché gli osservatori garantiscono la regolarità delle procedure. Se una classe ha barato, quindi, ha ingannato solo se stessa, non il sistema, e non avrà – per propria scelta – un’informazione valida».