La scuola digitale aumenta il gap di competenze tra prof e alunni

da tecnicadellascuola.it

La scuola digitale aumenta il gap di competenze tra prof e alunni

Alessandro Giuliani

A sostenerlo, ricordando anche che solo una scuola su cinque non è connessa a Internet e che un’aula su due non è cablata, è Glocus, il think tank presieduto da Linda Lanzillotta, attraverso lo studio “Scuola 2.0, innovazione dei modelli didattici e nuove tecnologie per la scuola del futuro” presentato in Senato il 12 giugno.

La scuola digitale incrementa il gap generazionale tra insegnanti e alunni. Perchè senza una adeguata formazione, i docenti sono i nuovi Peter Pan nell’era digitale, mentre gli studenti sono nativi digitali. A sostenerlo, ricordando anche che solo una scuola su cinque non è connessa a Internet e che un’aula su due non è cablata, è Glocus, il think tank presieduto da Linda Lanzillotta, attraverso lo studio “Scuola 2.0, innovazione dei modelli didattici e nuove tecnologie per la scuola del futuro”.

Lo studio è stato presentato e discusso il 12 giugno in Senato da un pool di esperti del settore e ha visto l’intervento del ministro della Pubblica istruzione, Stefania Giannini.
In particolare, lo studio evidenzia come il 45,8% delle aule scolastiche (130mila) non è cablato, il 18,5%, dei plessi (4.200) non sono connessi a internet, le lavagne interattive multimediali sono appena 69813 e i tablet per uso individuale nelle classi ancora meno, appena 13.650.

A rischiare di non crescere – avverte il rapporto Glocus – “è soprattutto il docente che non ha gli strumenti operativi per confrontarsi con i nativi digitali: ecco perché anche un turn-over qualificato nel corpo docente sarebbe auspicabile insieme ad una serie di policy per rimettere in moto la scuola digitale, come linee guida che prevedono la rivalutazione dell’insegnante incentivando il valore della formazione e della valutazione continua insieme ad un programma nazionale che rilanci davvero i poli formativi e l’utilizzo di internet nel metodo d’insegnamento”.
Così “gap infrastrutturali e ritardo culturale rendono in Italia la scuola digitale ancora un miraggio”. Ma – sottolinea lo studio – non è solo un problema di mancanza di strumenti digitali, occorre ripensare anche il metodo d’insegnamento nell’era digitale: “Un metodo che non tema più, ma che piuttosto valorizzi – si legge nello studio – la strumentazione tecnologica disponibile oggi, potenziando al tempo stesso l’autonomia nello studio e la formazione di un autonomo profilo culturale”.
Insegnando ai “ragazzi come muoversi nel complesso mondo digitale, come gestire proficuamente e scientificamente l’enorme flusso di informazioni presenti nella rete”.

Da una parte, come evidenziano i dati della Commissione europea, l’Italia ha la più bassa disponibilità di accesso alla rete a banda larga, indipendentemente dal grado dell’istituto. Anche se la stessa Europa mette a disposizione, con il programma Horizon, 2020 oltre 17 miliardi di euro sui 70 disponibili per sviluppare l’industrial leadership, ovvero sostenere maggiori investimenti in tecnologie chiave tra cui quelle promosse per l’istruzione.

“Se abbiamo i livelli di abbandono più alti d’Europa è anche perché la scuola si allontana sempre più dagli studenti, non parla il loro linguaggio”, ha sottolineato Linda Lanzillotta, presidente di Glocus, aggiungendo: “Dobbiamo mettere in atto una serie di politiche perché si sviluppi una consapevolezza nuova: e considerare finalmente gli strumenti digitali parte dei servizi essenziali della scuola, come l’acqua e la luce. Serve un salto di qualità nel metodo d’insegnamento, perché si sta allargando il gap tra docenti e nativi digitali”.