La valutazione e il paradosso italiano

da Corriere.it

radiografia della scuola media/ocse-Talis 2013

La valutazione e il paradosso italiano

di G. Fre. e O. R.

Dalla Finlandia all’Inghilterra, dalla Francia al Giappone esiste una forma di valutazione del lavoro degli insegnanti fatta a tappeto (93 per cento degli insegnanti in media dichiara di partecipare a programmi di valutazione): svolta a livello centrale sotto il controllo del ministero dell’Istruzione o, nei Paesi con maggiore autonomia delle scuole come la Finlandia, direttamente dai dirigenti scolastici, la valutazione è riconosciuta dagli insegnanti stessi come un valore e come una pratica che li può aiutare e sostenere nella loro crescita professionale.

Le resistenze di farsi valutare e le paure per lo stipendio o il contratto

In Italia la situazione è radicalmente differente: 7 insegnanti su 10 lavorano in scuole in cui non c’è alcuna forma di valutazione del loro lavoro (in Spagna succede solo nel 30 per cento delle scuole e in Finlandia nel 25 per cento – Guarda il Pdf). Ogni tentativo di discutere di valutazione si scontra con rischi professionali, rivolte sindacali e una diffidenza di categoria che finora ha impedito qualsiasi forma di monitoraggio sistematico. Sullo sfondo il rischio intravisto dagli insegnanti che un giudizio sul loro operato possa portare a differenze salariali e a carriere differenziate, quando non addirittura alla messa a rischio del posto di lavoro.

 

Per 4 su 10 è una faccenda amministrativa, ma più della metà degli insegnanti la giudicano positiva

Eppure, a leggere le risposte degli insegnanti che hanno partecipato alla ricerca Talis-Ocse 2013, sono proprio loro a riconoscere l’efficacia di una qualche forma di valutazione che consenta loro di avere un feedback del lavoro svolto in classe (Guarda il Pdf). Per più della metà degli insegnanti italiani (54,3 per cento) migliorerebbe la percezione pubblica del ruolo dell’insegnante, mentre 4 su 10 pensano che sia soltanto una faccenda burocratico-amministrativa. Per 7 su 10 sarebbe invece un modo per aumentare la fiducia in se stessi da parte dei prof e ben 8 su 10 ritengono che porterebbe ad un miglioramento anche delle performance degli studenti (nel 2008 lo pensava solo il 66 per cento).