L’Ocse fotografa i docenti italiani: sono i più anziani ma ancora motivati. E tra i presidi sorpasso delle donne

da la Repubblica

L’Ocse fotografa i docenti italiani:  sono i più anziani ma ancora motivati.  E tra i presidi sorpasso delle donne

Con una età media di 49 anni siamo nettamente in testa, ma abbiamo anche la maggior pattuglia femminile. E il calcolo è che il loro impegno ammonta ad almeno 30 ore a settimana. Ma soffrono per calo di considerazione e stipendi

di Salvo Intravaia

L’Ocse scatta una fotografia agli insegnanti di mezzo mondo e l’Italia ne esce con le ossa rotte. Il corpo docente del nostro Paese appare, al confronto con quello dei principali sistemi educativi industrializzati, vecchio e precario. Ma, stranamente, non troppo demotivato come sarebbe lecito pensare. Insomma, nonostante le tante batoste subite negli ultimi anni, gli insegnanti italiani resistono. Il rapporto Talis  –  l’Indagine internazionale sull’insegnamento e l’apprendimento  –  delinea un quadro chiaro del corpo docente e delle modalità di insegnamento di 35 nazioni sparse in tutti e cinque i continenti. Fornendo un patrimonio di dati che consentono interessanti.

Quanto si lavora nelle scuole italiane? Le 18 ore che il governo Monti voleva innalzare a 24 o già il carico di lavoro dei prof  –  compreso quello sommerso  –  supera le 18 ore di lezione della scuola media e superiore? E i nostri capi d’istituto, hanno l’età “giusta” per garantire il traghettamento della scuola italiana nel terzo millennio, oppure sono troppo vecchi? E in termini di presenza femminile tra insegnanti e dirigenti scolastici, come sono messi negli altri paesi? E ancora: maestri e professori sono soddisfatti del proprio lavoro? Quanto “ci credono”? E che tipo di percezione hanno del lavoro che svolgono quotidianamente?

Il Talis consente di rispondere, con le dovute distinzioni che i diversi sistemi educativi impongono, a queste e ad altre domande. Consentendo anche di delineare la direzione che il nostro sistema scolastico ha preso negli ultimi anni. Che l’Italia avesse il corpo docente più vecchio al mondo è cosa ormai risaputa. E i quasi 49 anni di età media ci collocano al primo posto in assoluto. Per avere un termine di paragone, si potrebbe andare a guardare in Finlandia che, stando ai risultati ottenuti dai quindicenni, vanta uno dei migliori sistemi scolastici al mondo. Nel paese scandinavo i docenti sono decisamente più giovani  –  età media di 44 anni  –  e in Francia, con 42,6 anni, ancora di più.

Un trend, quello italiano, destinato ad accentuarsi. Basta riportare il dato dei docenti over 60 che in appena cinque anni in Italia è quasi raddoppiato. Andamento che segue la stessa tendenza anche per la presenza femminile dietro la cattedra. Con il 78,6 per cento siamo uno dei paesi al mondo col maggior numero di donne dedite all’insegnamento. E dal 2013 anche i posti di comando a scuola sono saldamente nelle mani delle donne. Nel 2008, le presidenze della scuola media italiana erano ancora a maggioranza maschile: il 54,2 per cento. Ma nel 2013 il sorpasso si è già realizzato: le donne che occupano la poltrona più importante delle scuole italiane rappresentano il 55,2 per cento.

Quello che potrebbe apparire come un ostacolo alla modernizzazione della scuola italiana è l’età media dei dirigenti scolastici, che con 57 anni è una delle più alte al mondo. In Finlandia, i capi d’istituto  –  51 anni in media  –  sono decisamente meno âgé. Stesso discorso in  Francia, in Spagna e negli Stati Uniti. E se passiamo al carico di lavoro, si scopre che i docenti del Belpaese lavorano meno della maggior parte dei loro colleghi europei e non. Ma non le 18 ore settimanali che sono nell’immaginario collettivo degli italiani. Secondo i calcoli effettuati dagli esperti dell’istituto di Parigi, sono quasi 30 le ore settimanali che i docenti nostrani dedicano alla scuola. Oltre alle lezioni in classe, occorre conteggiare le riunioni, la preparazione delle lezioni e tutte le attività funzionali all’insegnamento.

In Francia le ore di impegno settimanale sono 36,5, ma le retribuzioni sono di gran lunga più alte rispetto a quelle italiane. Forse perché oltralpe ci sono pochissimi precari tra le mura scolastiche: appena il 3,8 per cento. Un valore quasi cinque volte più basso della presenza di supplenti nelle scuole italiane: il 18,5 per cento. Uno dei valori più alti al mondo, anche se in Finlandia si arriva al 19,2 per cento. C’è poi tutto il capitolo sulla soddisfazione e la percezione del proprio lavoro. E qui arrivano le sorprese. L’87 per cento dei prof di scuola media italiani ritiene di saper motivare gli studenti che hanno scarso interesse per le attività scolastiche e quasi tutti  –  il 98 per cento  –  sente di saper portare gli studenti a credere nelle loro capacità di raggiungere buoni risultati.

E, forse, è anche per questa ragione che il 94 per cento degli insegnanti affermano che tutto sommato sono soddisfatti del proprio lavoro. Gli insoddisfatti tra i paesi Talis sono di più: arrivano al 9 per cento. Ma è anche vero che l’88 per cento degli stessi insegnanti percepisce che l’insegnamento è scarsamente valorizzato nella società. Scarsa considerazione che nei paesi Ocse viene percepita dal 69 per cento dei docenti. In Italia, evidentemente, è socialmente più accreditato un calciatore o un politico. A patto che non si scivoli in una cocente sconfitta, come quella brasiliana, o in qualche inchiesta della magistratura.