Quel pasticciaccio brutto dei crediti e dei debiti… e le vacanze?
di Maurizio Tiriticco
E’ trascorso ormai un ventennio da quel Decreto Legge 28 giugno 1995, n. 253, convertito poi con la Legge 8 agosto 1995, n. 352, recante “Disposizioni urgenti concernenti abolizione degli esami di riparazione e di seconda sessione ed attivazione dei relativi interventi di sostegno e di recupero”. Il Ministro PI pro tempore era Francesco D’Onofrio (primo governo Berlusconi) e le speranze che riponevamo in quel decreto erano alte. Si trattava di un discorso che veniva da lontano, fin dagli impegni che avevamo assunto con l’innalzamento dell’obbligo di istruzione (L 1859/62) e quelli relativi alla abolizione degli esami di riparazione sia nella scuola elementare che nella media, alla soppressione delle classi differenziali e all’integrazione degli alunni portatori di handicap (L 517/77). Tutte iniziative normative che non discendevano da un buonismo lassista – come in molti credevano e tuttora credono – ma dalla necessità di un adempimento costituzionale, da una visione assolutamente nuova di quello che è l’impegno di uno Stato autenticamente democratico verso tutti i suoi cittadini.
La scuola della Repubblica non voleva più essere quella del passato, monarchico e fascista, aperta di fatto solo ai cosiddetti “migliori”, ma quella istituzione che per prima è tenuta a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (Cos. art. 3, c. 2). Anche perché “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità” (Cos. art. 2). E la prima costruzione della personalità si attua nella famiglia e nella scuola. Ancora non avevamo assunto l’impegno di garantire a ciascuno il suo personale “successo formativo”, uno degli obiettivi fondanti della scuola dell’autonomia (dpr 275/99, art. 1), ma l’intenzione di fare di un sistema di istruzione una forte e ineludibile occasione di crescita civile di tutti i cittadini era molto alta.
Va ricordato che il ’95 era anche l’anno della Carta dei servizi scolastici (dpcm 7 giugno 1995) e che per la prima volta la scuola venne disegnata proprio secondo i principi di cui agli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione. Che sono i seguenti: Uguaglianza; Imparzialità e regolarità; Accoglienza e integrazione; Diritto di scelta, obbligo scolastico e frequenza; Partecipazione, efficienza e trasparenza; Libertà di insegnamento e aggiornamento del personale; Programmazione didattica; Contratto formativo. Nel ’97 si giunse alla legge delega 59 con cui si avviarono le operazioni relative alla semplificazione delle procedure amministrative, al decentramento e al federalismo amministrativo, operazioni necessarie alla modernizzazione dello Stato e al suo avvicinamento alle istituzioni dei Paesi membri dell’Unione europea. Si è trattato di grandi spinte verso il miglioramento del nostro apparato burocratico e l’autonomia dei suoi diversi organi, tra cui la scuola. Se poi con il Terzo millennio, queste spinte sembrano essersi in parte perdute, questo apre un altro discorso, ben più complesso e fortemente critico.
Ma torniamo alle innovazioni di fine ‘900. Con la Carta dei servizi, venne introdotto, tra le altre innovazioni, il “contratto formativo”, quello che oggi è diventato il “patto di corresponsabilità”. Vi si afferma, tra l’altro, che “l’allievo deve conoscere gli obiettivi didattici ed educativi del suo curricolo, i percorsi per raggiungerli, le fasi del suo curricolo”. Da parte sua, “il docente deve esprimere la propria offerta formativa, motivare il proprio intervento didattico, esplicitare le strategie, gli strumenti di verifica, i criteri di valutazione”. Una innovazione non da poco! Oggi potremmo parlare di una flipped classroom. E fu nel contesto di tali innovazioni, di grande portata, ma di fatto in larga misura restate sulla carta, che si giunse anche ai concetti di credito e di debito: concetti e atti che non possono assolutamente essere disgiunti. In effetti la didattica del giorno dopo giorno la si volle sostituire con una didattica dai tempi lunghi e distesi. Alla dinamica della lezione, interrogazione voto, si volle sostituire la dinamica del lavoro cooperativo, in cui non c’è un insegnante che insegna, ma un esperto che, con una forte carica motivazionale, sollecita e promuove apprendimenti.
Così all’articolo 193 bis della legge 352/95 leggiamo: “Al fine di assicurare il diritto allo studio per tutti gli studenti, il collegio dei docenti e i consigli di classe, nell’ambito delle rispettive competenze, adottano le deliberazioni necessarie allo svolgimento di interventi didattici ed educativi integrativi, coerenti con l’autonoma programmazione d’istituto e con i piani di studio disciplinari ed interdisciplinari, da destinare a coloro il cui livello di apprendimento sia giudicato, nel corso dell’anno scolastico, non sufficiente in una o più materie. In funzione delle necessità degli studenti, il collegio dei docenti e i consigli di classe, nell’ambito delle rispettive competenze, deliberano che vengano svolte anche attività di orientamento, attività di approfondimento, attività didattiche volte a facilitare eventuali passaggi di indirizzo…”.In effetti la scuola, invece di sanzionare un alunno alla fine di un percorso, si fa carico di sostenerlo nel percorso stesso o al suo inizio, E il debito, invece di essere “riscosso” alla fine dell’anno, a settembre, è riscosso in itinere, o all’inizio stesso delle lezioni, caso mai i livelli di ingresso di un dato alunno si dimostrino insufficienti rispetto a quanto il percorso stesso esige.
Negli stessi anni prendevano corpo e forma anche il concetto e la pratica dei crediti. In effetti, debito e credito sono le due facce di una stessa medaglia. Con la legge 425/97, che ha riformato l’esame di Stato conclusivo dell’istruzione secondaria di secondo grado, sono stati introdotti i crediti scolastici (acquisiti nel percorso scolastico degli ultimi tre anni), e con il Regolamento applicativo, dpr 323/98, sono stati introdotti i crediti formativi. Rinvio alla normativa, per quanto riguarda definizione e casistica, ma…
Il “ma” indica un appunto fortemente critico. Il fatto è che innovazioni così importanti, che avrebbero dovuto modificare – non dico scardinare – la routine centenaria del nostro tempo scuola, del giorno dopo giorno, dell’ora dopo ora… 9/10 matematica, 10/11, scienze motorie e sportive, 11/12, filosofia… sono rimaste parole parole parole. Quella giornata di scuola che avrebbe dovuto guardare con grande apertura temporale indietro e avanti, con una gestione accurata e programmata del “gioco” debiti/crediti, è rimasta ancorata rigidamente alle lezioni del giorno. E, in un simile contesto, i debiti sono solo un gran noia per pagarli – e male e non si sa quando – e i crediti una gran furbata per acquisirli. I crediti scolastici sono legati ai voti degli ultimi tre anni e inducono la corsa al voto più “benevolo”. I crediti formativi riconducono a esperienze acquisite “in ambiti e settori della società civile legati alla formazione della persona ed alla crescita umana, civile e culturale quali quelli relativi, in particolare, alle attività culturali, artistiche e ricreative, alla formazione professionale, al lavoro, all’ambiente, al volontariato, alla solidarietà, alla cooperazione, allo sport” (dm34/99, art. 1). Si tratta di una indicazione che permette la presentazione di mille esperienze, tra le quali molte ci azzeccano ben poco con un reale progresso formativo! Ma è l’indicazione normativa che è generica.
Insomma la partita del “gioco” crediti/debiti, che avrebbe dovuto portare una ventata di novità in questo immobilismo temporale della nostra scuola, ha dato frutti molto scarsi. I debiti si pagano in tempi mai certi! Altro che “recupero precoce”! In taluni casi funziona il “recupero in itinere”, soldi permettendo, ma in moltissimi casi il recupero è sempre tardivo! Magari a pochi giorni dalla fine delle lezioni! Le vacanze sono vacanze! Oppure a settembre! Con le lezioni private sotto il sole di ferragosto! Che strano Paese il nostro! Prima cancelliamo gli esami di settembre perché… non sto a ripetere le mille sane ragioni, e poi li riesumiamo, per altrettante mille serie ragioni! Il fatto è che non siamo capaci di gestire le innovazioni!
Insomma, la questione del tempo della scuola e del tempo della vacanza è ancora tutta sul tappeto. Siamo alle solite! Avviamo innovazioni cartacee! Che ne è di una scuola organizzata in modo da garantire veramente a ciascuno il suo personale “successo formativo”? Che ne è di un curricolo verticale decennale che superi la separatezza di tre ordini di scuola? Che ne è della certificazione dell’obbligo di istruzione? Che ne è di un esame di Stato centrato sulla certificazione delle competenze? Con la tornata del 2015 riusciremo una buona volta a certificarle? E che dichiarino veramente che cosa un giovane sa fare? E saranno ancorate veramente al quarto livello dell’EQF? Come potranno i nostri giovani affrontare nuovi processi lavorativi se un sistema di istruzione e formazione non è in grado di rilasciare certificazioni credibili?
E a settembre ricominceremo con i problemi di sempre? Temo di sì!