Educazione permanente flop

da ItaliaOggi

Educazione permanente flop

Enunciati i principi, le azioni concrete non ci sono

Giorgio CAndeloro

Firmato nella Conferenza Stato-Regioni l’accordo tra Governo, Regioni ed enti locali che approva le linee di intervento sull’apprendimento permanente e sull’organizzazione delle relative reti territoriali. Si tratta, in sostanza, di un insieme di indicazioni per realizzare percorsi di apprendimento basati della sinergia tra soggetti pubblici e privati di istruzione, formazione e lavoro.

Nello specifico l’accordo definisce ruolo e tipologia degli enti che comporranno le reti : servizi pubblici e privati di istruzione e formazione, centri provinciali per l’istruzione degli adulti, poli tecnico-professionali, centri per l’Alta formazione artistica e musicale, organismi con finalità di istruzione, formazione e lavoro, inclusi quelli del Terzo Settore, servizi di orientamento professionale, camere di industria, commercio, artigianato e agricoltura, organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro.

La modalità organizzativa per fornire l’apprendimento permanente sarà appunto quella delle reti territoriali, le cui leve strategiche di funzionamento saranno i centri per l’impiego e i servizi per il lavoro accreditati dalle Regioni.

Questi dovrebbero essere in grado di offrire i servizi di orientamento, rilevazione dei fabbisogni e messa in trasparenza delle competenze, così da rendere davvero integrato il sistema.

Tutto questo, però in teoria. Nella pratica l’accordo resta poco più che una dichiarazione di intenti e una individuazione di criteri generali sull’educazione degli adulti e dei giovani adulti: per il momento infatti l’accordo demanda ad un successivo atto normativo l’individuazione degli standard minimi di servizio per la realizzazione delle reti, la cui creazione resta ancora nelle mani delle Regioni e non degli enti territoriali, in barba allo sbandierato principio strategico della costruzione dal basso dei percorsi di apprendimento permanente e della cosiddetta governance multilivello. Insomma l’accordo si limita ad indicare chi dovrà mettere in moto l’operazione, ma le concrete modalità di coordinamento fra i vari enti risultano ancora piuttosto nebulose. Quello che è certo è che le reti dovranno partire mantenendo inalterati gli attuali assetti istituzionali e servendosi delle (scarse) risorse finanziarie e umane disponibili. Anche i continui richiami, presenti nel testo dell’accordo, alla necessità di certificare rigorosamente le competenze rischiano di rimanere lettera morta, visto che i vari enti che dovranno comporre il macro-sistema dell’apprendimento permanente o non dispongono ancora di sistemi di rilevazione e di autovalutazione, o ne hanno d sensibilmente diversi da regione a regione.

Un altro problema significativo può essere rappresentato dall’insistenza sulla parificazione tra apprendimento formale, non formale e informale, il primo istituzionalizzato e certificato gli altri due di natura più “sociale”, ma i cui percorsi potranno essere inseriti nel libretto formativo del cittadino. Come integrarli e armonizzarli nel nuovo sistema e nella difficile coesistenza tra apprendimento come diritto e apprendimento come formazione al lavoro?

L’accordo insomma tenta, anche coraggiosamente, di indicare una direzione di marcia verso un ampliamento della platea dei soggetti destinatari di apprendimento permanente e verso un’idea di educazione e formazione come servizio alla persona per tutta la durata della vita, ma le azioni concrete per realizzare questi obiettivi restano ancora sostanzialmente sulla carta.