Il ricambio generazionale si fa sempre più arduo

da ItaliaOggi

Il ricambio generazionale si fa sempre più arduo

Necessario soprattutto tra i docenti della scuola primaria e dell’infanzia, ma anche tra quelli della scuola secondaria di primo e secondo grado: l’età media è oggi tra i quarantacinque e i cinquanta anni, con una percentuale di sessantenni che si aggira tra il venti e il venticinque per cento.

Franco Bastianini

Nella scuola stavano forse per essere poste in essere le basi per consentire, nell’arco di un paio di anni, quel ricambio generazionale da molti auspicato e annunciato dallo stesso ministro della pa, Marianna Madia.

Necessario soprattutto tra i docenti della scuola primaria e dell’infanzia, ma anche tra quelli della scuola secondaria di primo e secondo grado: l’età media è oggi tra i quarantacinque e i cinquanta anni, con una percentuale di sessantenni che si aggira tra il venti e il venticinque per cento.

Una età media che è tra le più alte che si registra nelle istituzioni scolastiche europee.

A porle in essere concretamente avrebbero potuto contribuire, senza ombra di dubbio, alcune delle seguenti disposizioni contenute nel testo del decreto legge 24 giugno 2014, n.90 approvato in prima lettura dall’aula di Montecitorio.

Disposizioni su cui è scesa pensatissima la decisione del governo di fermare tutto causa carenza di copertura.

Le norme a cui il governo affidava il compito di realizzare un ricambio nella pa sono le suguenti:

1) l’articolo 1-bis: avrebbe consentito a quattromila dipendenti della scuola, che alla data del 31 agosto 2012 avevano maturato i requisiti per accedere al trattamento pensionistico previsti dalla normativa previgente l’entrata in vigore della riforma Fornero, di cessare dal servizio potendo fare valere una età anagrafica minima compresa tra i 62 e i 63 anni, unitamente ad una anzianità contributiva compresa tra i tra i 37 e i 38 anni;

2) il comma 1 dell’articolo 1: abroga ogni possibilità di permanenza in servizio oltre i limiti di età previsti per il collocamento a riposo d’ufficio;

3) il comma 5 dell’articolo 1: attribuisce ai dirigenti scolastici la facoltà di risolvere il rapporto di lavoro del personale docente ed Ata a decorrere dalla maturazione non solo dei limiti di età, ma anche del requisito dell’anzianità contributiva richiesta per l’accesso al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2012 dall’articolo 24 del decreto legge 201/2011.

Identica facoltà è attribuita ai dirigenti degli uffici scolastici regionali nei confronti dei dirigenti scolastici;

4) il comma 6-bis dell’articolo uno nella parte in cui dispone che non trovano applicazione le riduzioni in percentuale del trattamento pensionistico previste dal comma 10 del citato articolo 24, nei confronti dei soggetti che maturano entro il 31 dicembre 2017 il requisito di anzianità contributiva richiesta dalla normativa vigente anche se possono fare valere una età anagrafica inferiore a 62 anni.

La improvvisa decisione del governo di chiedere l’abrogazione delle disposizioni di cui al punto 1) rischia di annullare ogni possibilità, almeno ancora per qualche anno, di dare corso all’auspicato ricambio generazionale.