Sentenza Consiglio di Stato 12 aprile 2001, n. 2258

 

Il Consiglio di Stato

 

in sede giurisdizionale

 

(Sezione Quarta)


ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello n. 7295 del 1995 proposto dal Ministero della difesa in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliato ex lege, in Roma, (….);


contro


P. s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. L. Medugno, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, (….);


per l’annullamento


della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (sez. I bis) 7 agosto 1995, n. 1517, resa inter partes.

 


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto il ricorso incidentale della Soc. P.;
Vista la memoria prodotta dalla medesima società;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 6 febbraio 2001 il Consigliere Domenico LA MEDICA e uditi, altresì, l’avv. dello Stato Macaluso per l’appellante e l’avv. Medugno per l’appellata;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 


FATTO


La P. s.r.l., con distinti ricorsi proposti innanzi al T.A.R. del Lazio, ha impugnato rispettivamente: 1) il provvedimento di sospensione dei lavori di costruzione di alcune serre, emesse dal Capo dell’Ufficio Lavori Staccato dell’Aeronautica militare di Borgo Sabotino, nonché il provvedimento del Comandante della II Regione Aerea in data 10 aprile 1990, costitutivo di servitù militare (ric. n. 4010/91); 2) il provvedimento in data 21 novembre 1991, con cui il Comandante della II Regione Aerea ha negato l’autorizzazione in deroga alle limitazioni ostative al completamento dell’opera ed ha ingiunto la rimozione delle opere già realizzate, nonché l’ordinanza del Sindaco di Latina 1° ottobre 1991, n. 9719 (per questa ordinanza la ricorrente, nel giudizio di primo grado, ha dichiarato di non aver più interesse all’annullamento) (ric. n. 4328/91).


I predetti due ricorsi sono stati integrati, in corso di giudizio, dalla proposizione di motivi aggiunti.


Il Giudice adito, con sentenza della Sez. I bis, 7 agosto 1995, n. 1517, ha accolto, previa loro riunione, i suddetti ricorsi e, per l’effetto, ha annullato i provvedimenti impugnati.


Avverso la menzionata sentenza propone appello il Ministro della difesa, formulando il seguente motivo: insufficienza e illogicità di motivazione – omessa pronuncia sulle eccezioni sollevate in primo grado – violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di composizione e funzionamento degli organi collegiali.


Deduce l’Amministrazione appellante che il Giudice di primo grado è pervenuto alle suddette conclusioni avendo rilevato l’illegittimità del parere del Comitato Misto Paritetico sulla cui base è stato emesso il provvedimento costitutivo della servitù militare, per due distinte considerazioni: a) lo svolgimento delle funzioni di relatore da parte di un soggetto (il Ten .Col. Di L.) che non era membro del medesimo Comitato; b) il mancato allontanamento di quell’Ufficiale prima della deliberazione.


Ad avviso dell’Amministrazione, il T.A.R. non ha tenuto conto che l’intervento del Ten. Col. Di L. si è concretato in un’attività meramente servente rispetto a quella deliberativa dell’organo collegiale.


Inoltre, nella specie, non era configurabile il pericolo di introdurre interessi particolari tali da influenzare l’esito della deliberazione, in quanto l’apporto del Ten. Col. Di L. era meramente tecnico ed il Comitato stesso era costituito, per la maggioranza, da Ufficiali dell’Aeronautica militare, ossia di quel medesimo Corpo, cui appartiene il Di Lauro, che aveva interesse all’imposizione del vincolo.


La s.r.l. P., con ricorso incidentale, ha riproposto le censure formulate con il primo motivo del ricorso n. 4010/91 e con il terzo motivo aggiunto al medesimo ricorso, ritenute infondate dal T.A.R. sul rilievo che gli adempimenti prescritti dall’art. 3 della l. n. 898 del 1976 costituiscono “requisiti di conoscibilità dell’atto e non anche di validità o di efficacia dello stesso”.


In contrario l’appellante in via incidentale sostiene che gli adempimenti prescritti dalla lex specialis della procedura sono stabiliti anche a tutela del compiuto esercizio delle garanzie riconosciute ai proprietari.


Insiste, altresì, nel motivo della mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.


Con memoria depositata in data 13 novembre 1995, la medesima società eccepisce l’inammissibilità dell’appello, per assoluto difetto di interesse, essendo decorso il periodo massimo di cinque anni dall’efficacia della servitù militare.


Dopo la trattazione orale svoltasi all’udienza del 6 febbraio 2001, la causa è stata posta in decisione.

 


DIRITTO


1. L’appello è infondato.


Il Giudice di primo grado ha esaurientemente enunciato le ragioni che l’hanno indotto a ritenere viziata la composizione del Comitato Misto Paritetico nella seduta dell’11 gennaio 1990, conclusasi con la formulazione del parere favorevole all’imposizione della servitù militare di cui si tratta.


Dal predetto verbale è emerso che alla riunione hanno partecipato, in aggiunto ai sette membri necessari per la validità della seduta, due soggetti estranei alla composizione dell’organo, nella persona dei Tenenti Colonnelli R. T. e M. Di L..


Costoro non si sono limitati a svolgere un’attività di mero supporto od informativo, come esperti in materia; hanno, invece, presenziato in tutte le fasi di svolgimento della riunione, appropriandosi di funzioni rispetto alle quali erano sforniti di qualsiasi titolo di legittimazione.


In particolare, relativamente al primo degli argomenti posti all’ordine del giorno, e che qui interessa, il Ten. Col. Di L. ha assunto perfino il compito di relatore, formulando le proposte sulle quali il Comitato ha, poi, deliberato.


Inoltre, una volta esaurita la discussione, allorché si è proceduto alla votazione, gli anzidetti ufficiali non risultano che si siano allontanati dall’aula; in mancanza, invero, di qualsiasi attestazione in tal senso nel verbale, deve ritenersi che i medesimi ufficiali siano stati presenti anche nella fase deliberativa.


Non si può, pertanto, condividere l’assunto dell’Amministrazione appellante secondo cui “l’intervento del Ten. Col. Di L. si è concretato in un’attività meramente servente rispetto a quella deliberativa”, quando invece risulta il ruolo attivo svolto dal medesimo ufficiale, addirittura come relatore.


Il T.A.R., dal canto suo, non si è limitato ad una generica pronuncia di illegittimità della partecipazione degli estranei, come afferma l’Amministrazione, ma ha valutato gli effetti vizianti di tale partecipazione, dopo aver attentamente verificato il ruolo svolto dai menzionati ufficiali in seno all’organo.


Deve, pertanto, ribadirsi, alla stregua di un rigoroso orientamento giurisprudenziale in materia (Cons. Stato, Sez. VI, 21 agosto 1993, n. 585; Sez. V, 19 dicembre 1980, n. 989; Sez. IV, 8 marzo 1967, n. 74), secondo cui la presenza di soggetti non legittimati in un organo collegiale vizia gli atti adottati tutte le volte che detta presenza superi la stretta necessaria esigenza del compimento di attività serventi al funzionamento dell’organo stesso, in quanto i soggetti non legittimati possono aver influenzato la formazione del convincimento dei componenti il collegio.


E’ il caso di aggiungere che la questione riguardante la partecipazione, alle sedute di un collegio, di soggetti non legittimati non attiene al problema del quorum necessario per la legittima adozione dei provvedimenti collegiali, ma il diverso problema della possibilità che i soggetti estranei, attraverso la discussione, siano in grado di influenzare la volontà del collegio, possibilità questa che è direttamente correlata alla partecipazione di soggetti estranei ai collegi, sia che si tratti di collegi perfetti, che di collegi imperfetti.


Sotto diverso profilo, ne consegue che la questione della illegittima partecipazione di soggetti estranei al collegio non può essere superata con la prova di resistenza, poiché l’illegittimità delle deliberazioni adottate discende dal semplice fatto della partecipazione alla seduta di soggetti non legittimati che possono, appunto, influenzare le stesse deliberazioni.


2. In base alle pregresse considerazioni, l’appello del Ministro della difesa deve essere respinto, restando assorbito l’esame delle eccezioni e motivi formulati dalla soc. P. nel ricorso incidentale per “doveroso scrupolo difensivo” e, quindi, evidentemente condizionati alla mancata reiezione dell’appello.


Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

 


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV) rigetta il ricorso in appello proposto dal Ministro della difesa come in epigrafe.


Condanna il medesimo Ministero alle spese del presente grado di giudizio nella misura di £. 5.000.000 (cinquemilioni) in favore dell’appellata P. s.r.l..


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, addì 6 febbraio 2001, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), in camera di consiglio, con l’intervento dei signori:
Gaetano TROTTA Presidente
Domenico LA MEDICA Consigliere
Dedi RULLI Consigliere
Maria Grazia CAPPUGI Consigliere
Ermanno DE FRANCISCO Consigliere