4 agosto Riorganizzazione Amministrazioni pubbliche al Senato

Il 4 agosto l’Aula del Senato approva definitivamente il DdL sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.

Il 27, 29, 30 e 31 luglio la 1a Commissione del Senato esamina il DdL sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.

Il 17 luglio la Camera approva, con modifiche, il Disegno di Legge recante Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (già approvato dal Senato). Il provvedimento torna ora all’esame dell’altro ramo del Parlamento.

Il 9, 13, 14, 15 e 16 luglio l’Aula della Camera esamina il DdL sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.

Il 12, 13, 14, 20, 21 maggio, 3, 4, 16, 17, 18, 23, 24, 25, 30 giugno, 1, 2, 7, 8 e 9 luglio la 1a Commissione della Camera esamina il DdL sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.

Il 16 e 17 giugno la 7a Commissione della Camera esamina il DdL sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.

Il 30 aprile l’Aula del Senato approva, con 144 voti favorevoli e un’astensione il DdL sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.

L’esame in Aula si avvia nella seduta dell’1 aprile e prosegue l’8, 21, 22, 28 e 29 aprile.

SENATO DELLA REPUBBLICA
Ordine del Giorno n. G9.304 al DDL n. 1577
G9.304 (testo 2)
TORRISI, PAGANO
Non posto in votazione (*)

Il Senato della Repubblica,
in sede di esame del disegno di legge n. 1577-A, recante norme di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche,
premesso che:
nel riordino della dirigenza pubblica di cui all’articolo 9 del richiamato provvedimento, è prevista l’istituzione di ruoli unici della dirigenza;
da tali ruoli unici si prevede l’espressa esclusione della dirigenza scolastica senza assegnarle alcuna altra collocazione nell’ambito della dirigenza pubblica,
rilevato che:
in un altro importante provvedimento varato dal Governo ed attualmente in esame alla Camera dei Deputati recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» (DDL «BUONA SCUOLA»; AC 2994) si prevede in diversi articoli e in maniera diffusa un accrescimento delle responsabilità gestionali e di governance della dirigenza scolastica per portare a compimento gli obiettivi di riforma;
entrambi i disegni di legge delega di riforma vanno ad incidere dunque sullo status dei dirigenti delle scuole, secondo tuttavia logiche diverse e in parte fra loro contraddittorie col risultato che quello che si delinea da una parte, ovvero una dirigenza «piena» quanto a compiti, funzioni e responsabilità viene marginalizzato dall’altra con l’esclusione dal ruolo unico della dirigenza dello Stato,
considerato che:
il persistere della espressa previsione di esclusione della dirigenza scolastica dalla disciplina che inquadra tutti i rimanenti dirigenti pubblici creerebbe un vulnus alla capacità di agire efficacemente nello svolgimento delle proprie funzioni della stessa dirigenza dal momento che a tale esclusione non si accompagna l’individuazione di una destinazione diversa, di livello almeno corrispondente,
impegna il Governo a valutare l’opportunità di:
adottare quindi le opportune iniziative, anche in sede di decretazione attuativa, volte a definire una disciplina chiara e omogenea che garantisca la coerenza dell’indirizzo politico del Governo provvedendo con riferimento al profilo, alla condizione e all’inquadramento della dirigenza scolastica, a ricondurre ad una logica unitaria i due provvedimenti citati nel senso del pieno riconoscimento della funzione gestionale e amministrativa del dirigente scolastico e pertanto valutare la sua progressiva confluenza all’interno dei ruoli unici dello Stato;
valutare anche una classificazione dei ruoli dei dirigenti, nel senso di due sole distinte «classi», uno relativo a ruoli professionali (medici, dirigenti tecnici, ricercatori) e l’altro a ruoli gestionali (dirigenti amministrativi e scolastici) caratterizzati quest’ultimi dalla responsabilità della gestione delle risorse umane e strumentali, oltre che da autonomi poteri connessi allo svolgimento delle varie funzioni affidate.
________________
(*) Accolto dal Governo

L’8 gennaio, il 17, 18, 24, 25, 26, 31 marzo e 1 aprile la Commissione Affari costituzionali del Senato esamina il DdL sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.

L’8, 14, 15 e 21 ottobre la 7a Commissione del Senato esamina ed approva a maggioranza uno schema di parere con condizioni e osservazioni sul DdL sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

            La Commissione, esaminato il disegno di legge in titolo,

premesso che il disegno di legge in titolo reca una complessiva riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche, impattando pertanto anche sui settori di riferimento;

quanto alle norme di carattere generale, tenuto conto che:

–          l’articolo 1 delega il Governo ad adottare decreti legislativi inerenti le modalità di erogazione dei servizi ai cittadini, in modo da assicurare la totale accessibilità delle informazioni e dei documenti in possesso presso le pubbliche Amministrazioni;

–          gli articoli 4, 5 e 6 riguardano, rispettivamente, la segnalazione certificata di inizio attività, l’autotutela e le disposizioni sull’anticorruzione;

–          l’articolo 7 concerne la riorganizzazione dell’Amministrazione dello Stato, a livello sia centrale che periferico, inclusi gli enti pubblici non economici nazionali;

–          l’articolo 11 è dedicato alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro nelle Amministrazioni pubbliche, anche attraverso la stipula di convenzioni tra le Amministrazioni e asili nido, nonché l’organizzazione di servizi di supporto alla genitorialità aperti nei periodi di chiusura scolastica;

–          l’articolo 12 delega il Governo ad adottare decreti legislativi in materia, fra l’altro, di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche, e l’articolo 13 detta principi e criteri direttivi specifici per l’attuazione della predetta delega;

esaminate le norme di più stretto interesse, tra cui l’articolo 3, in base al quale il termine generale per l’acquisizione di eventuale assenso, concerto o nulla osta è di trenta giorni, mentre nel caso in cui siano coinvolte Amministrazioni preposte, fra l’altro, alla tutela dei beni culturali, tale termine è di sessanta giorni, decorso il quale l’assenso, il concerto o il nulla osta si intende acquisito;

ritenuto che l’articolo 3 pare superare il principio dell’eccezione culturale previsto dall’articolo 20 della legge n. 241 del 1990, quantomeno nei rapporti fra Amministrazioni pubbliche;

valutato l’articolo 8, che reca le definizioni di pubblica Amministrazione, includendo tra le “amministrazioni di istruzione e cultura”: scuole statali di ogni ordine e grado; università statali; istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale; istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM); istituzioni educative pubbliche; enti pubblici nazionali di ricerca; archivi, musei, biblioteche dello Stato e delle amministrazioni territoriali;

osservato inoltre che, sempre all’articolo 8, tra gli “organismi privati di interesse pubblico”, per quanto di interesse, sono menzionati: scuole paritarie; università non statali; istituzioni non statali dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM); soggetti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria; federazioni sportive; consorzi cui aderiscono amministrazioni pubbliche e privati;

manifestate perplessità per le due categorie di “amministrazioni di istruzione e cultura” e di “organismi privati di interesse pubblico” sotto vari profili, quali:

–          l’esclusione della ricerca dalla definizione di “amministrazioni di istruzione e cultura”, che nei fatti connota invece l’attività delle università statali e degli enti pubblici nazionali di ricerca, espressamente menzionati;

–          la non coerente separazione tra istituti scolastici, universitari e dell’AFAM in ragione del loro finanziamento: da un lato si trovano quelli statali e dall’altro quelli non statali, mentre ormai essi vanno annoverati come autonomie funzionali, svolgenti tutti la medesima funzione. Sembrerebbe pertanto emergere la presunta volontà di creare un trattamento separato, che potrebbe preludere ad un diverso inquadramento giuridico, nonostante la legislazione vigente con riferimento sia alla scuola che all’università e all’AFAM si riferisca ad un unico sistema, indipendentemente dalla provenienza delle risorse;

–          l’incerta collocazione delle scuole paritarie pubbliche, come quelle di proprietà dei comuni, che non sono espressamente citate e difficilmente potrebbero essere inserite tra gli “organismi privati di interesse pubblico”, mentre più correttamente rientrerebbero nelle “amministrazioni di istruzione e cultura”;

considerato altresì che l’articolo 10 delega il Governo ad adottare decreti legislativi in materia di dirigenza pubblica, sotto molteplici profili, escludendo tuttavia la dirigenza scolastica dall’istituendo ruolo unico della dirigenza e dalla parte relativa all’accesso, che prevede il corso-concorso e il concorso gestiti dalla Scuola nazionale dell’amministrazione;

esprime, per quanto di competenza, parere favorevole con le seguenti condizioni:

a)      si chiede di riscrivere l’articolo 8 in modo che sia rispettata l’unitarietà del sistema integrato scolastico, come definito dalla legge n. 62 del 2000, nonché del sistema di istruzione universitaria e dell’AFAM,  evitando perciò di distinguere le scuole, le università e le istituzioni dell’AFAM in ragione del meccanismo di finanziamento;

b)      tra le modifiche necessarie all’articolo 8, si reputa necessario valorizzare la specificità del settore della ricerca pubblica, attraverso l’individuazione di un comparto separato dalla pubblica Amministrazione, in linea con gli impegni assunti dal Governo in occasione della risoluzione conclusiva dell’affare assegnato sugli enti pubblici di ricerca (Doc. XXIV, n. 36).

La Commissione formula altresì le seguenti osservazioni:

1.      in merito all’articolo 3, si ricorda il principio dell’eccezione culturale di cui all’articolo 20 della legge n. 241 del 1990, in virtù del quale le disposizioni del silenzio assenso non si applicano, fra l’altro, agli atti e ai procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico. Peraltro, va considerato che l’obiettivo di snellimento e di semplificazione sotteso al disegno di legge in titolo è in parte già soddisfatto, con riferimento all’autorizzazione paesaggistica, dall’articolo 12, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2014, come modificato dal decreto-legge n. 133 del 2014, in quanto si integrano le ipotesi di interventi di lieve entità che non richiedono l’autorizzazione paesaggistica o per i quali è prevista una procedura semplificata di rilascio. Inoltre, sul piano tecnico, si sottolinea l’esigenza di uniformare il termine di decorrenza “dal ricevimento del provvedimento, compiutamente istruito, da parte dell’Amministrazione procedente”;

2.      relativamente all’articolo 7, si invita la Commissione di merito a valutare l’opportunità di prevedere una governance unitaria del Sistema nazionale della ricerca, su cui del resto il Governo aveva assunto precisi impegni in occasione della risoluzione conclusiva dell’affare assegnato sugli enti pubblici di ricerca (Doc. XXIV, n. 36);

3.      con riferimento all’articolo 7, comma 1, lettera c), considerato che il Dicastero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha già provveduto alla sua riorganizzazione in virtù del decreto-legge n. 95 del 2012, si invita a valutare l’opportunità di escludere le strutture periferiche del predetto Ministero dalla confluenza nell’Ufficio territoriale dello Stato di tutti gli uffici periferici delle amministrazioni civili dello Stato, dati i compiti particolari attribuiti alle Sovrintendenze;

4.      quanto all’articolo 8:

a)      si invita a chiarire se le definizioni recate nella norma in questione sostituiscano, dalla data di entrata in vigore della legge, quella di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che inseriva tra le Amministrazioni pubbliche, per quanto di interesse della 7a Commissione, anche le scuole, le università e gli enti pubblici non economici;

b)      nella definizione di “amministrazioni di istruzione e cultura” sono comprese anche le istituzioni educative pubbliche: al riguardo si suggerisce di esplicitare se siano inclusi i nidi;

5.      in ordine all’articolo 10, si prende atto che la disciplina della dirigenza scolastica è già oggetto di provvedimenti specifici,che prevedono il corso-concorso gestito dalla Scuola nazionale dell’amministrazione per il reclutamento dei presidi;

6.      con riguardo agli articoli 12 e 13, si invita a chiarire se la relativa disciplina si applichi anche al personale della scuola.


 

(7a Senato, 8.10.14) La relatrice Elena FERRARA (PD) premette che il disegno di legge in titolo reca una complessiva riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche, impattando pertanto anche sui settori di riferimento. Riferisce peraltro che la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (DEF), attualmente all’esame della Commissione, qualifica il disegno di legge in titolo come un “collegato” alla imminente manovra di bilancio 2015-2017. Nel ritenere assai vasto l’ambito di azione, rende noto che la 1a Commissione ha avviato anche un’apposita indagine conoscitiva sull’istruttoria legislativa.

In via generale, segnala che l’articolo 1 delega il Governo ad adottare decreti legislativi inerenti le modalità di erogazione dei servizi ai cittadini, in modo da assicurare la totale accessibilità delle informazioni e dei documenti in possesso presso le pubbliche Amministrazioni. Dopo aver brevemente elencato i principi e criteri direttivi della delega, sottolinea che tutte le Amministrazioni, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, effettuano una ricognizione dei procedimenti amministrativi di propria competenza, indicandone le fasi, i responsabili, la durata e il livello di digitalizzazione. Parallelamente, le Amministrazioni elaborano, aggiornano e pubblicano, sui propri siti, manuali delle procedure che descrivono le modalità del relativo svolgimento. Segnala in merito che, ove esse non adempiano a tali prescrizioni (ricognizione e manuali delle procedure), non possono procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato. Fa notare del resto che tali previsioni sono in linea con gli obiettivi di digitalizzazione, semplificazione e snellimento annunciati dal ministro Stefania Giannini nelle Linee guida sulla scuola, in cui si annuncia la predisposizione di un unico provvedimento “sblocca scuola”, che dovrebbe anche portare all’adozione di un nuovo Testo unico sulla scuola. Ritiene pertanto che, sul fronte scolastico, il Dicastero stia già procedendo nella direzione enunciata dal disegno di legge in titolo, mentre analogo percorso non pare emergere con riguardo all’università e alla ricerca.

Illustra poi gli articoli 2 e 3, recanti modifiche in materia, rispettivamente, di conferenza di servizi e di silenzio assenso tra Amministrazioni. A tale ultimo riferimento, precisa che il termine generale per l’acquisizione di eventuale assenso, concerto o nulla osta è di trenta giorni, mentre nel caso in cui siano coinvolte Amministrazioni preposte, fra l’altro, alla tutela dei beni culturali, tale termine è di sessanta giorni, decorso il quale l’assenso, il concerto o il nulla osta si intende acquisito. Evidenzia però che in via ordinaria il termine decorre “dal ricevimento del provvedimento, compiutamente istruito, da parte dell’Amministrazione procedente”, mentre nel secondo caso il termine di sessanta giorni decorre “dal ricevimento della richiesta”. Domanda pertanto se tale diversa formulazione testimoni un volontà precisa o se si tratti di una fattispecie analoga: in tale ultima ipotesi, andrebbe a suo avviso allineata la terminologia impiegata.

Si sofferma indi anche sugli articoli 4, 5 e 6, che riguardano la segnalazione certificata di inizio attività, l’autotutela e le disposizioni sull’anticorruzione, nonchè sull’articolo 7 concernente la riorganizzazione dell’Amministrazione dello Stato, a livello sia centrale che periferico, inclusi gli enti pubblici non economici nazionali.

Invita poi a prestare particolare attenzione all’articolo 8, che reca le definizioni di pubblica Amministrazione, secondo una precisa diversificazione di livelli di governo e di funzioni. Si interroga preliminarmente se dette definizioni sostituiscano, dalla data di entrata in vigore della legge, quella di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che inseriva tra le Amministrazioni pubbliche, per quanto di interesse della 7a Commissione, anche le scuole, le università e gli enti pubblici non economici. La relatrice è dell’opinione per cui andrebbe anzitutto chiarito il rapporto con il decreto legislativo del 2001, tanto più che proprio la definizione di Amministrazioni pubbliche in esso prevista è usata quale parametro per individuare i soggetti di cui all’articolo 1, sottoposti – come si è detto – a precisi adempimenti. Ciò è ancor più necessario se si considera che il comma 4 dell’articolo 8 in commento mantiene espressamente ferme alcune definizioni di Amministrazioni pubbliche a fini contabili.

Dà indi conto della definizione ad hoc di “amministrazioni di istruzione e cultura”, prevista all’articolo 8, che include: scuole statali di ogni ordine e grado; università statali; istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale; istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM); istituzioni educative pubbliche (in proposito la relatrice si domanda se siano inclusi i nidi); enti pubblici nazionali di ricerca; archivi, musei, biblioteche dello Stato e delle amministrazioni territoriali.

Rileva che queste “amministrazioni di istruzione e cultura” rientrano più in generale nella categoria di “amministrazioni pubbliche”, mentre si distinguono dagli “organismi privati di interesse pubblico” i quali, per quanto di interesse, includono fra l’altro: scuole paritarie; università non statali; istituzioni non statali dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM); soggetti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria; federazioni sportive; consorzi cui aderiscono amministrazioni pubbliche e privati.

Da un confronto tra la definizione di “amministrazioni di istruzione e cultura” e quella di “organismi privati di interesse pubblico” emergono a suo giudizio alcune perplessità. Innanzitutto, ella osserva che nella prima definizione non è compresa la ricerca, che nei fatti connota invece l’attività delle università statali e degli enti pubblici nazionali di ricerca, espressamente menzionati. Ne deriva dunque una definizione non del tutto inclusiva delle fattispecie in essa previste.

Ritiene tuttavia che, a monte, non sia del tutto coerente la separazione tra istituti scolastici, universitari e dell’AFAM in ragione del loro finanziamento: da un lato si trovano quelli statali e dall’altro quelli non statali, mentre ormai essi vanno annoverati come autonomie funzionali, svolgenti tutti la medesima funzione. Non si spiega pertanto la presunta volontà di creare un trattamento separato, che potrebbe preludere ad un diverso inquadramento giuridico, tanto più che la legislazione vigente con riferimento sia alla scuola che all’università e all’AFAM parla di un unico sistema, indipendentemente dalla provenienza delle risorse. Per evitare il rischio di un trattamento differenziato, segnala che, in merito alle università, il Consiglio universitario nazionale (CUN), la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) e il Coordinamento delle università non statali, nelle audizioni svolte presso la 1a Commissione, hanno chiesto di assimilare le categorie. Afferma peraltro che, ove si mantenesse la distinzione, si dovrebbe quantomeno specificare che tra le prime rientrano le istituzioni dell’AFAM statali, analogamente a quanto precisato per le università. Pone inoltre un interrogativo circa la collocazione delle scuole paritarie pubbliche, come quelle di proprietà dei comuni, che difficilmente potrebbero essere inserite tra gli “organismi privati di interesse pubblico”, mentre più correttamente rientrerebbero a suo avviso nelle “amministrazioni di istruzione e cultura”. Se così fosse, reputa necessario colmare tale lacuna specificando eventualmente che tra gli “organismi privati di interesse pubblico” rientrano le scuole paritarie private, benché – ribadisce – tale distinzione non giova all’unitarietà del sistema. Si stabilisce comunque che con successivo regolamento è redatto un elenco per ciascuna delle definizioni suesposte, aggiornato annualmente.

Dà altresì conto dell’articolo 9, sulle camere di commercio, nonchè dell’articolo 10 che delega il Governo ad adottare decreti legislativi in materia di dirigenza pubblica, sotto molteplici profili. Per le competenze della 7a Commissione, segnala l’esclusione della dirigenza scolastica dall’istituendo ruolo unico della dirigenza; la dirigenza scolastica non viene neanche menzionata nella parte relativa all’accesso, che prevede il corso-concorso e il concorso gestiti dalla Scuola nazionale dell’amministrazione. Invita pertanto il Governo a chiarire se la disciplina della dirigenza scolastica sarà oggetto di un provvedimento ad hoc, tenuto conto che nelle Linee guida su “La buona scuola” il Ministero ha espressamente annunciato il corso-concorso gestito dalla Scuola nazionale dell’amministrazione per il reclutamento dei presidi, che lascerebbe presupporre un’uniformità di trattamento con il resto della dirigenza. Reputa in effetti che la dirigenza scolastica, benché assai tipizzata, rientri a pieno titolo nella dirigenza pubblica. Fa notare inoltre che tutti i dirigenti avranno obblighi formativi annuali che potranno essere adempiuti anche presso istituzioni universitarie.

Illustra poi l’articolo 11, dedicato alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro nelle Amministrazioni pubbliche, anche attraverso la stipula di convenzioni tra le amministrazioni e asili nido, nonché l’organizzazione di servizi di supporto alla genitorialità aperti nei periodi di chiusura scolastica.

In ultima analisi, segnala l’articolo 12, che delega il Governo ad adottare decreti legislativi in materia, fra l’altro, di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche, e l’articolo 13 che detta principi e criteri direttivi specifici per l’attuazione della predetta delega. A tale riguardo, appare a suo giudizio opportuno esplicitare meglio se tale disciplina comprende anche il personale della scuola.

Il 10 settembre l’Ufficio di Presidenza delibera di svolgere, previo consenso del Presidente del Senato, un’indagine conoscitiva nell’ambito della quale si potrà procedere, a partire dalla prossima settimana, alla audizione degli esperti e dei rappresentanti di istituzioni ed enti associativi indicati dai Gruppi parlamentari. Si è convenuto, inoltre, di invitare le associazioni e gli enti interessati che hanno già fatto pervenire richiesta di audizione a trasmettere propri contributi scritti.

Il 3 e 9 settembre la Commissione Affari Costituzionali del Senato esamina il DdL sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche

(1a Senato, 3.9.14) Il relatore PAGLIARI (PD) illustra il disegno di legge in titolo, diretto a semplificare l’organizzazione delle amministrazioni pubbliche, rendendo più agevoli e trasparenti le regole che ne disciplinano i rapporti con il privato cittadino, le imprese e i suoi dipendenti. In particolare, l’intervento normativo si propone di innovare la pubblica amministrazione attraverso la riorganizzazione dell’amministrazione dello Stato, la riforma della dirigenza, la definizione del perimetro pubblico, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, nonché la semplificazione delle norme e delle procedure amministrative.

L’articolo 1 delega il Governo, previa ricognizione dei procedimenti amministrativi  di competenza delle amministrazioni, ad adottare decreti legislativi per disciplinare le modalità di erogazione dei servizi ai cittadini, in modo da assicurare la piena accessibilità on line alle informazioni personali e ai documenti in possesso delle amministrazioni pubbliche, ai pagamenti nei confronti delle amministrazioni, nonché all’erogazione dei servizi da parte delle amministrazioni stesse, con invio dei documenti al domicilio fisico ove la natura degli stessi non consenta l’invio in modalità telematiche.

L’articolo 2 delega il Governo a razionalizzare e semplificare la disciplina in materia di conferenza dei servizi.

Al fine di accelerare la procedura per l’acquisizione dei concerti, degli assensi e dei nulla osta per l’adozione di provvedimenti normativi o atti amministrativi, l’articolo 3 introduce il meccanismo del silenzio assenso. In particolare, si prevede che le amministrazioni competenti comunichino il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento del provvedimento, compiutamente istruito, da parte dell’amministrazione procedente, decorsi i quali l’assenso, il concerto o il nulla osta si intendono acquisiti. Ai sensi del comma 4, sono escluse dall’ambito di applicazione della disposizione le ipotesi nelle quali il diritto europeo richiede l’emanazione di provvedimenti espressi.

Con l’articolo 4, si delega il Governo ad adottare un decreto legislativo per la precisa individuazione dei procedimenti oggetto di segnalazione certificata di inizio attività o di silenzio assenso, tenendo conto dei principi generali desumibili dagli articoli 19 e 20 della legge n. 241 del 1990, che disciplinano tali istituti, dei principi del diritto europeo e dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità.

L’articolo 5 delimita in modo più marcato, rispetto alla disciplina vigente, le possibilità di intervento in autotutela da parte della pubblica amministrazione. In particolare, per i provvedimenti di autorizzazione e di sovvenzione, si esclude la revoca per nuova valutazione dell’interesse pubblico originario. L’articolo 6, invece, contiene una delega al Governo per l’adozione di disposizioni integrative e correttive in materia di prevenzione della corruzione, al fine di precisarne l’ambito di applicazione, in particolare riguardo a trasparenza, inconferibilità e incompatibilità di cui, rispettivamente, ai decreti legislativi nn. 33 e 39 del 2013.

L’articolo 7 delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per modificare la disciplina degli uffici centrali e territoriali dei Ministeri e degli enti pubblici non economici nazionali, per la riorganizzazione e la riduzione degli stessi e del relativo personale adibito ad attività strumentali. È prevista, inoltre, la razionalizzazione della rete organizzativa delle prefetture-uffici territoriali del Governo, con revisione delle relative competenze e funzioni, anche attraverso la riduzione del loro numero, nonché la revisione dei Corpi di polizia, ai fini dell’eliminazione delle duplicazioni e del coordinamento delle funzioni.

Con l’articolo 8 si specificano le diverse nozioni di pubbliche amministrazioni, al fine di superare i dubbi interpretativi derivanti dalla non univocità di richiami normativi nel corpo della legislazione, che rendono incerta l’individuazione dei destinatari delle norme. In particolare, il comma 3 stabilisce che, con decreto del Presidente della Repubblica, è redatto un elenco – da aggiornarsi annualmente – per ciascuna delle seguenti categorie di amministrazioni individuate dal comma 1: amministrazioni statali, amministrazioni nazionali, amministrazioni territoriali, amministrazioni di istruzione e cultura e amministrazioni pubbliche. Ai sensi del comma 4, l’elenco ISTAT continua a costituire il riferimento per le disposizioni in materia di finanza pubblica.

L’articolo 9 prevede una delega legislativa per la riforma delle camere di commercio, volta a delimitarne le funzioni e a riformarne il sistema di finanziamento, eliminando il contributo obbligatorio delle imprese.

L’articolo 10 reca una delega al Governo per la revisione della disciplina in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici. I principi ed i criteri direttivi per l’esercizio della delega prevedono, in particolare, l’istituzione del sistema della dirigenza pubblica, articolato in ruoli unificati e coordinati, attraverso requisiti omogenei di accesso e procedure analoghe di reclutamento, basati sul principio del merito e della formazione continua nonché su quello della piena mobilità tra i ruoli. Sono quindi istituiti tre ruoli generali della dirigenza, rispettivamente, dello Stato, delle Regioni e degli enti locali, a cui si accede per concorso e per corso-concorso. È soppressa la categoria delle figure dei segretari comunali e provinciali.

L’articolo 11 mira a garantire la conciliazione delle esigenze di vita e di lavoro dei pubblici dipendenti, favorendo il ricorso alle molteplici forme di lavoro part-time, nonché il ricorso al telelavoro, tramite l’utilizzazione delle nuove possibilità offerte dall’innovazione tecnologica, la stipula di convenzioni con asili nido e l’organizzazione di servi di supporto alla genitorialità.

L’articolo 12 prevede la delega a emanare decreti legislativi in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, di partecipazioni azionarie delle amministrazioni pubbliche e di servizi pubblici locali secondo i seguenti criteri generali: elaborazione di un testo unico delle disposizioni in ciascuna materia; coordinamento del testo delle disposizioni legislative vigenti; risoluzione delle antinomie in base ai principi dell’ordinamento e alle discipline generali che regolano la materia; indicazione esplicita delle norme abrogate e aggiornamento delle procedure, attraverso un’ottimale utilizzazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

L’articolo 13 integra le disposizioni relative all’esercizio della delega sul riordino e la semplificazione della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, mentre l’articolo 14 prevede una delega al Governo in materia di partecipazioni azionarie delle pubbliche amministrazioni, al fine di semplificarle e renderle trasparenti.

L’articolo 15 è volto a riordinare la disciplina dei servizi pubblici locali secondo criteri direttivi specificamente individuati, diretti anche a razionalizzarne la gestione.

Infine, l’articolo 16 prevede l’invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica, ad eccezione della norma di cui all’articolo 11, comma 4, per i cui oneri è prevista una specifica copertura.

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