«Restituiteci 4000 euro», poi l’Inps fa marcia indietro

da Corriere.it

«Restituiteci 4000 euro», poi l’Inps fa marcia indietro

L’istituto aveva chiesto la restituzione dell’una tantum per la disoccupazione, ma dopo la denuncia della Cgil, il nuovo commissario Treu ha bloccato tutto

di Valentina Santarpia

Dai 4 mila ai 4500 euro: ecco la cifra che decine di ex co.co.co, collaboratori coordinati e continuativi, della scuola si sono visti richiedere indietro, a distanza di ben 4 anni. La cifra era quella elargita alla fine dei contratti stipulati, nel 2010, come «una tantum», non potendo usufruire dell’assegno di disoccupazione. Si tratta di decine di assegnisti di ricerca calabresi, di una sessantina di prof arruolati per le attività integrative ai progetti di diritto allo studio della Puglia, ma anche di decine di altri collaboratori sparsi – e nascosti – nelle scuole di tutta Italia. Peccato che a gennaio di quest’anno si siano visti recapitare a casa una lettera dell’Inps dai toni poco amichevoli che diceva più o meno così: «Spiacenti, la cifra è stata elargita ingiustamente, dovrete restituirla, perché in quanto dipendenti pubblici non ne avevate diritto: l’una tantum spetta solo ai lavoratori privati». Molti si sono arresi di fronte all’evidenza, e hanno pagato. Qualcuno ha chiesto la rateizzazione. E qualcun altro ancora ha protestato nelle stanze del sindacato, che ha sollevato il caso, prima in Parlamento, sollecitando ben due interrogazioni parlamentari, poi pubblicamente, annunciando una conferenza stampa. Colpito e affondato: a poche ore dalla denuncia l’Inps ha annunciato di aver bloccato la procedura.

Il governo dovrà intervenire

Il caso, rientrato quasi subito, rischiava di scoppiare come una bomba tra le mani del governo Renzi, proprio come successe al governo Letta, alle prese con le lettere del ministero dell’Economia che, a febbraio, chiedevano agli insegnanti di restituire le cifre «erroneamente percepite» per lo scatto stipendiale, che invece era stato bloccato. All’epoca, fu il ministro dell’Istruzione Carrozza a sollevare il problema, spingendo velocemente i tecnici del Mef e il suio collega Saccomanni a correre ai ripari per evitare lo scandalo. Stavolta, era la Cgil sul piede di guerra, pronta a portare la questione all’attenzione generale, anche con un flash mob, per evitare che le richieste di addebito andassero avanti, colpendo lavoratori che in molti casi sono ancora precari e impossibilitati a riscattare un debito che neanche sapevano di aver contratto. Si tratta soprattutto di borsisti e assegnisti presso le università, di persone impiegate in progetti scolastici o in attività tecnico amministrative sempre legate all’istruzione pubblica. La Cgil aveva bollato come «assurda» la faccenda, ovvero la restituzione di «un’indennità di disoccupazione già del tutto inadeguata». Ma l’Inps ha gettato immediatamente acqua sul fuoco. Anzi, di più, l’istituto appena passato sotto la guida di Tiziano Treu ha chiuso direttamente la pratica, comunicando in serata di aver deciso di sospendere tutte le note di addebito già inviate e di bloccare i nuovi invii, in attesa di un riesame complessivo della normativa sul tema, che sarà oggetto di un confronto con i ministeri competenti. Una scelta di cui la Cgil, fa sapere lo stesso sindacato, «prende atto con soddisfazione».

 Il buco degli invisibili co.co.co

Ma la denuncia ha scoperchiato un vaso di Pandora, quello del ricorso incredibile ai co.co.co nella scuola: non si tratta di poche eccezioni e di casi isolati a periodi e progetti limitati, rileva la Cgil. Le accademie e i conservatori hanno almeno seicento co.co.co fissi per sopperire alle proprie esigenze. E nelle segreterie scolastiche lavora un migliaio di impiegati con contratti simili, rinnovati di anno in anno, anche per vent’anni. Contratti chiaramente anomali, che tra l’altro non permettono a chi li ottine nessun diritto, nessuna partecipazione a graduatorie o concorsi, nessun punteggio. La Cgil per la prima volta lo ha scoperto quando scoppiò il caso dei contributi non versati da enti e istituzioni ai collaboratori: 12 di questi «datori di lavoro» erano scuole. E’ l’ultima frontiera del precariato, quella degli invisibili.