Il sostegno senza gli insegnanti di sostegno

Il sostegno senza gli insegnanti di sostegno

di Cosimo De Nitto

Il dibattito e le immancabili polemiche sulla sperimentazione del Trentino guidata da D. Ianes in cui si prevede l’eliminazione degli insegnanti di sostegno in quanto figure specialistiche dimostra quanto è sentito il problema del sostegno e quanto sia distante la nostra cultura dell’inclusione e dell’integrazione (LL. 517 e 104) da quelle esperienze europee che sbrigativamente hanno risolto il problema per una via opposta alla nostra, quella dell’isolamento, della separatezza, e delle classi differenziali considerando l’handicap una “malattia”, una diversità da “curare” altrove, intralcio e anomalia che “disturba” la “normale” didattica.
La scelta del sostegno integrato nella classe e nella didattica curricolare (per quanto possibile a seconda delle difficoltà specifiche dei soggetti) si regge su due pilastri essenziali, imprescindibili e sulle relazioni tra loro:
1) l’insegnante curricolare che prende in carico pedagogico e didattico tutti gli alunni nessuno escluso;
2) l’insegnante di sostegno che favorisce e media il raggiungimento degli obiettivi specifici e personali dell’allievo all’interno degli obiettivi generali della classe.
Questo binomio è inscindibile, altrimenti si fa altro e non hanno più ragioni di essere le leggi 104 e 517, altrimenti cambia la natura stessa di questa via italiana all’integrazione/inclusione che invece è stata ed è condivisa da tutti, anzi si vorrebbe fare ancora di più e meglio.
Ci sono tre modi di distorcere e stravolgere questa linea, questa strategia che ha reso il nostro Paese all’avanguardia nel campo internazionale (finalmente!):
1) ritornare alle classi differenziali, e/o alla delega in toto agli insegnanti di sostegno o figure specialistiche;
2) gestire male tutta la partita come fanno le politiche governative. Organici sottodimensionati rispetto ai bisogni. La politica dei tagli ha penalizzato gli insegnanti di sostegno al cui organico manca circa un terzo. Genitori costretti a ricorrere ai TAR per vedere riconosciuto il diritto al sostegno. Organici mal distribuiti e mal gestiti per cui gli insegnanti sono assegnati per punteggio in graduatoria anziché per specifiche competenze richieste rispetto alla disabilità particolare. Poca o nessuna attenzione alla continuità, essenziale per questo tipo di allievi;
3) eliminare la specificità di figure e competenze di sostegno con l’idea di “distribuire” le une e le altre sulle spalle degli insegnanti curricolari, aumentati in un “organico funzionale” che allo stato delle cose è un guscio vuoto in cui nessuno sa chi-fa-che-cosa, privi di uno status giuridico che ne fissi compiti, funzioni, relazioni. Questa mi pare essere in pratica la proposta di Ianes.

Fermiamoci a riflettere un attimo. Che cos’è l’organico funzionale, qualcuno lo sa? La “buona scuola di Renzi”, per esempio, demanda ad esso il compito di eliminare il problema del supplentato e del precariato. Qualcuno ha provato a dire chi-fa-che-cosa, come normare i compiti e le responsabilità specifiche di ciascun insegnante rispetto a tutti i compiti della didattica? L’insegnante curricolare fa il sostegno come pratica didattica specifica? E’ preparato per questo compito? Dall’altro lato, l’insegnante di sostegno fa il curricolare, insegna a tutti? Con quali competenze disciplinari? Quanti anni ci vorrebbero affinché gli uni imparino il mestiere degli altri? Per fare le stesse cose poi? Non è più semplice, “economico” funzionale, praticabile che gli uni e gli altri si specializzino sempre più e facciano meglio ciò che già oggi sono chiamati a fare? E con quali criteri sarebbe assegnato questo organico funzionale? E nella secondaria cosa facciamo? Specializziamo tutto il consiglio di classe sul sostegno? E se spostiamo tutti e 110 mila insegnanti di sostegno sul curricolare e dovranno imparare discipline e didattica disciplinare cosa facciamo fare all’esercito di precari ormai super specializzati per conoscenze esperienze e competenze già pronti all’utilizzo per un inquadramento stabile? E ogni anno che arrivano in classe una o più disabilità (non vedenti, sordastri, tetraplegici, autistici, ritardi mentali ecc.) cosa facciamo? Tutti gli insegnanti si specializzano in ognuna di queste disabilità?
Lasciamo stare poi la configurazione della cabina di regia organizzativa, i poteri e le attribuzioni rispetto al territorio, alla scuola, alla singola classe, al singolo alunno, al super dirigente di istituto.
Lasciamo stare la task force dei super esperti, super visori, super presenti su tutto il territorio, che sanno tutto, ai quali sarebbe demandato, secondo il pensiero di Ianes, di dettare le linee tecniche della didattica dell’inclusione, cioè di tutta la didattica a questo punto.

La proposta di Ianes non mi convince. Di più, mi sembra piuttosto campata in aria, distrofica e strabica, farraginosa e impraticabile per la scuola, i docenti (curricolari e di sostegno), e soprattutto dannosa per coloro ai cui interessi sarebbe destinata. Questa proposta appare priva di quel criterio principe che è la fattibilità su scala universale.

Quando si è aperta la partita dei BES molti insegnanti di sostegno e curricolari, ma anche molti esperti di scuola, l’hanno criticata a fondo perché vedevano in ciò un elemento di confusione che perde i confini della disabilità, includendo in essa ogni difficoltà di apprendimento e dimenticando che l’apprendimento e la capacità di stare in relazione con gli altri costituiscono sempre e comunque difficoltà che bisogna superare senza necessariamente essere affetti di una qualche forma di patologia. In particolare hanno visto i BES come l’anticamera della eliminazione del sostegno, quello vero e riconosciuto (sulla certificazione Ianes dice delle cose molto interessanti, condivisibili delle quali bisognerebbe studiare le condizioni di fattibilità. Sappiamo tutti, infatti, il calvario dei disabili e delle loro famiglie alle prese con le ASL, la burocrazia, con le visite estenuanti e ripetute), quindi l’eliminazione degli insegnanti di sostegno in quanto figure specialistiche. I timori erano più che fondati. Dopo i BES è arrivata puntuale la proposta di Ianes e la sperimentazione del Trentino che prevede l’eliminazione del sostegno, e degli insegnanti di sostegno, nel modo in cui si è configurato fino ad oggi. Una sperimentazione che dovrebbe servire da modello per tutta l’Italia, con tutti i limiti della significatività di un campione che, in fatto di politiche scolastiche ed economiche, ha molto poca somiglianza col resto del Paese.

La partita del sostegno deve essere governata meglio: occorrono risorse, innanzitutto, in termini di organici, di organizzazione scolastica, strutture e strumenti, supporti specifici, preparazione specialistica, ma anche didattica e “culturale” degli attori protagonisti, non solo, ma di tutto l’ambiente istituzionale, sociale, territoriale intorno alle persone disabili e alle loro famiglie. Per realizzare ciò non c’è bisogno dell’eliminazione/”evoluzione” degli insegnanti di sostegno, anzi, occorre sostenere loro e gli insegnanti curricolari ancora di più e meglio. Quanto più e meglio essi svolgeranno i loro compiti tanto più e meglio passerà nella scuola e nella società tutta la “cultura dell’inclusione”.

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“L’evoluzione dell’insegnante di sostegno” (D. Ianes) Erickson Ed.

“Insegnanti di sostegno: eliminazione no, evoluzione sì.” Videointervista a D. Ianes

“Addio insegnante di sostegno?” (Silvana La Porta)

“Eliminare i docenti di sostegno, adesso si sperimenta a Trento” Redazione OrizzonteScuola.it

“I giochi sono fatti” (M. Tiriticco)

“Gli insegnanti di sostegno, Dario Ianes, e la retorica caciara” (R. Iosa)

“Dei Bes e degli H” (M. Tiriticco)

“Dibattito aperto sull’evoluzione dell’insegnante di sostegno” (S. Nocera per Associazione Italiana
Persone Down)

“Il sostegno è un caos calmo e io non cambio mestiere” (M.G. Fiore) su SPECULMMAIUS .WORDPRESS.COM