Per un riordino complessivo del sistema educativo di istruzione

Per un riordino complessivo del sistema educativo di istruzione

Relazione tenuta al convegno sulla “Buona scuola”organizzato in Bologna il 3 novembre 2014
dall’ANDiS – Sezione Emilia Romagna

di Maurizio Tiriticco

tiriticco

Nelle 135 pagine della “Buona scuola” non ho letto nulla di ciò che veramente sarebbe opportuno fare, ovviamente secondo cadenze temporali da definire, per un rinnovamento sostanziale del nostro “SISTEMA EDUCATIVO DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE”. Con tale espressione, infatti, ministri di sinistra e di destra (leggi 30/2000 e 53/2003) hanno voluto ridefinire unitariamente i percorsi di istruzione cosiddetta “generalista”, di competenza dello Stato, e quelli dell’“istruzione e formazione professionale”, di competenza delle Regioni (come si evince dal Titolo V della Costituzione). Quindi, parlare oggi semplicemente di scuola, buona o cattiva che sia, è riduttivo e rinvia esclusivamente a quelle attività che tradizionalmente riguardano solo i soggetti in età evolutiva. Oggi, invece, tutti noi, indipendentemente dall’età, siamo impegnati in processi di apprendimento che ci accompagnano per tutta la vita. Non c’è attività produttiva, oggi, che non richieda conoscenze e competenze sempre nuove, perché processi e tecniche di lavorazione sono in costante evoluzione.
Sono tematiche che oggi trascendono i confini nazionali e concorrono con quanto avviene in materia di istruzione negli altri Paesi, soprattutto quelli dell’Unione europea. Si vedano al proposito la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, relativa alle competenze chiave di cittadinanza per l’apprendimento permanente, e quella del 23 aprile 2008, relativa all’European Qualifications Farmerwork. Ritengo inoltre estremamente necessario che, prima di avviare processi valutativi di sistema, di cui si parla sempre con grande insistenza, occorra invece adoperarsi prioritariamente perché il sistema stesso sia messo in grado di funzionare. E sono note a tutti le difficoltà in cui versa attualmente.
Riassumo in dieci punti quello che nella Buona scuola non ho letto e che, invece, propongo alla riflessione di tutti.
Punto zero). Dalla classe al gruppo. In via preliminare, ritengo che sarebbe opportuno superare, in tempi da definire, lo sviluppo dei percorsi di apprendimento, oggi scandito per classi di età, funzionali più al sistema di promozione/bocciatura, ovvero di premio/punizione, che ad una reale e progressiva promozione del soggetto in apprendimento. Occorrerebbe, invece, istituire gruppi di soggetti in apprendimento intercambiabili secondo tempi e modalità funzionali alle necessità di ciascun soggetto e avviare in parallelo un efficace sistema di recupero precoce, rinforzo e sostegno individualizzati e/o personalizzati. In altri termini – esemplificando con l’istruzione obbligatoria – l’istituzione scolastica autonoma si dovrebbe impegnare a garantire che nel decennio ciascun soggetto possa e debba raggiungere le competenze previste e il suo personale “successo formativo” (dpr 275/99). Ciò in forza sia dell’aggregazione di gruppi ora omogenei ora eterogenei, a seconda delle finalità e degli obiettivi da perseguire, che di interventi mirati alla persona.
1) La generalizzazione della scuola dell’infanzia. Sarebbe opportuna e necessaria una riscrittura di quegli Orientamenti del ’91 che i successivi aggiornamenti, dalla Moratti in poi, non hanno affatto innovato. E’ passata un’intera generazione e l’infanzia di oggi non è quella di ieri. In forza di questo ripensamento, sarebbe oltremodo opportuna un’ampia generalizzazione di questo primissimo grado di scuola su tutto il territorio nazionale e una riflessione sulle azioni da condurre. Tale grado di scuola, dopo i nidi e le classi primavera, dovrebbe avere la durata di due anni (3/4-4/5) in modo da consentire l’accesso a processi di scolarizzazione formalizzata al compimento dei 5 anni di età.
2) Occorre procedere ad una reale attuazione dell’obbligo di istruzione decennale, dai 5/6 anni di età ai 14/15, con relativa certificazione delle competenze di cittadinanza, come richiesto dalla citata Raccomandazione europea del 23/04/2008, e di quelle culturali, come indicate e definite dal dm 139/2007, in corrispondenza con il livello 2 del citato European Qualifications Framework, che il nostro Governo ha fatto proprio (Accordo del 20 dicembre 2012). Il che comporta una rivisitazione dell’intero percorso decennale con la conseguente istituzione di un curricolo verticale continuo e progressivo che vada oltre le attuali separatezze tra scuola primaria, scuola secondaria di primo grado, primo biennio della scuola secondaria di secondo grado: separatezze che discendono da sovrapposizioni normative che si sono realizzate in tempi successivi e che oggi non corrispondono più a quelle esigenze di EDUCAZIONE, FORMAZIONE e ISTRUZIONE, finalizzate a garantire a ciascuno il suo personale SUCCESSO FORMATIVO (dpr 275/99, art. 1). L’anticipo dell’istruzione primaria a 5 anni di età dovrebbe essere sostenuto comunque da iniziative che tengano debito conto dei livelli di maturazione di ogni singolo alunno in forza di una presenza attiva sia di insegnanti dell’infanzia che di insegnanti dell’attuale scuola primaria. L’obbligo di istruzione decennale si concluderebbe a 15 anni di età. Le discipline, offerte gradualmente in modo da tenere debito conto dei livelli di pluridisciplinarità che sono tipici delle prime età infantili, dovrebbero interessare le lingue (madre e straniera/e), i linguaggi non verbali, la progressiva costruzione delle coordinate dello spazio e del tempo (alias geografia e storia), il calcolo. Negli ultimi tre anni (12/13, 13/14, 14/15) dovranno essere attivate forti e incisive attività di orientamento, riorientamento e autoorientamento per consentire un ragionato proseguimento degli studi o l’accesso ad un apprendistato consapevole. Vale la considerazione che non devono più esistere scelte condizionate da situazioni familiari pregresse, in quanto ogni scelta presume l’acquisizione di conoscenze e competenze di alto profilo, pur se legate al livello di età dell’adolescente, necessarie anche per l’accesso all’apprendistato di primo livello (dlgs 167/2011).
3) Istituzione di un’istruzione secondaria triennale e la conclusione degli studi a 18 anni di età con conseguente rivisitazione dei curricoli, delle discipline di insegnamento e delle discipline che costituiranno materia della certificazione delle competenze conseguite dall’alunno, in corrispondenza con il livello 4 del citato Quadro Europeo delle Qualifiche. La riduzione di un anno dovrà comportare la rivisitazione e una ridistribuzione delle discipline di insegnamento dei tre anni del percorso nell’ottica di mirate attività elettive che costituiranno l’oggetto della certificazione finale.
4) Ne consegue un superamento dell’attuale separatezza culturale dei tre percorsi di istruzione secondaria di secondo grado, in forza della quale, com’è noto, le iscrizioni degli alunni avvengono più in forza della loro estrazione sociale che delle loro reali motivazioni e aspettative. Tutti i percorsi sono di pari dignità e si svolgono all’interno di istituti di istruzione comprensivi di secondo grado che offrono una pluralità di curricoli: ciascuno sarà costituito di poche discipline caratterizzanti opzionali ed elettive, in grado di essere effettivamente motivanti. L’esame terminale dovrà essere centrato sull’accertamento e sulla certificazione delle competenze da ciascun alunno conseguite nelle attività elettive. Tale certificazione consentirà sia l’accesso a studi ulteriori (università, istruzione tecnica superiore, altro) che al mondo del lavoro e all’apprendistato di secondo livello (dlgs 167/2011).
5) Generalizzazione di attività di alternanza scuola-lavoro in tutti i percorsi del triennio degli studi secondari.
6) Formazione continua in servizio degli insegnanti perché l’insegnamento/apprendimento sia fondato essenzialmente su attività laboratoriali che pongano al centro l’iniziativa attiva, motivata e consapevole dell’alunno.
7) Rivisitazione delle modalità di attuazione delle attività di insegnamento/apprendimento concorrenti tra istruzione generalista, di competenza dello Stato, e istruzione e formazione professionale, di competenza delle Regioni, in regime di sussidiarietà complementare e/o integrativa. Si tratta di rendere più efficaci e più produttivi quei percorsi che comportano il conseguimento sia delle qualifiche triennali (livello terzo dell’EQF) che dei diplomi di qualifica quadriennali (livello quarto dell’EQF).
8) Impegno per una estensione generalizzata dei Poli tecnico-professionali e degli Istituti Tecnici Superiori (ITS) che consentirebbero a tanti diplomati del secondo ciclo specializzazioni mirate, anche perché i corsi sono organizzati in stretto concorso con le attività produttive del territorio.
9) Impegno per una incentivazione e generalizzazione dei Corsi di istruzione per gli adulti (CPIA), nella consapevolezza che l’istruzione degli adulti costituisce momento attivo e permanente dello sviluppo e del consolidamento della cittadinanza attiva e che in tale materia il nostro Paese è la cenerentola dei Paesi industrializzati.
10) Impegno per giungere a un esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione con cui si certifichino le competenze acquisite dai candidati. Il che dovrà comportare una revisione profonda delle procedure d’esame in quanto accertare e certificare il raggiungimento di date competenze pluridisciplinari perseguite nel percorso triennale (15/16, 16/17, 17/18 anni di età) va oltre la consueta verifica e valutazione delle conoscenze acquisite. Occorrerà anche centrare l’esame su determinate discipline caratterizzanti e sulle quali si sia preventivamente esercitata l’opzione dello studente, come già avviene in altri Paesi europei. Il che consentirà di liquidare quell’enciclopedismo di maniera per cui un candidato è tenuto a rispondere su tutte le discipline dell’ultimo triennio senza che sia considerata una sua eventuale vocazione. Occorrerà anche considerare l’opportunità o meno di conservare il valore legale del titolo di studio.
Per quanto riguarda la prossima tornata di esame, ancora una volta la certificazione delle competenze non verrà effettuata. Ingenuamente pensavo che con gli esami del 2015, completandosi il riordino dell’intero secondo ciclo, avviato con l’anno scolastico 2010/11, l’obiettivo della certificazione delle competenze, che la stessa legge 425/97 sancisce, venisse finalmente proposto e raggiunto.
E un‘amministrazione avveduta avrebbe dovuto muoversi su questa strada! Ma ciò non è avvenuto! Così i risultati di apprendimento degli studi liceali, di cui all’allegato A del dpr 89/2010, relativo alle Indicazioni nazionali per i licei, non saranno affatto considerati. Né saranno testate le competenze terminali chiaramente indicate, definite e descritte nelle Linee guida degli istituti tecnici (dpr 88/2010) e in quelle degli istituti professionali (dpr 87/2010).
Ancora un volta un obiettivo di questo tipo, che dovrebbe riqualificare l’intero nostro sistema di istruzione, viene disatteso. E rinviato alle calende greche! Ancora una volta la nostra amministrazione non ha saputo prendere in carico questa questione. E nella nostra scuola le competenze chissà per quanto tempo ancora saranno un’araba fenice! Così i nostri studenti continueranno a non sapere che cosa veramente sanno fare! E il mondo del lavoro aspetta! E anche l’Europa, come si suol dire, aspetta! E aspetta anche il mondo intero, stante il fatto che i nostri giovani sempre più sono costretti a cercare lavoro all’estero! Ma è difficile che possano trovarlo agevolmente perché, ancora una volta, il titolo di studio che produrranno non certifica assolutamente nulla!

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