Presidi sul piede di guerra contro i tagli retroattivi Pronti ricorsi al giudice e mobilitazioni a gogò

da ItaliaOggi

Presidi sul piede di guerra contro i tagli retroattivi Pronti ricorsi al giudice e mobilitazioni a gogò

Un nuovo vertice domani al miur per trovare una soluzione tecnica

Giorgio Candeloro

Moderata soddisfazione – per essere stati ascoltati e per la promessa che le loro richieste verranno quanto meno valutate – mescolata ad una buona dose di diffidenza e al timore di aver ottenuto un risultato soltanto interlocutorio. Sembra questo il sentimento dei dirigenti scolastici in agitazione dopo l’incontro del 4 dicembre col sottosegretario Faraone, seguito alla la manifestazione di protesta sotto la sede del Miur.

Un’iniziativa che ha visto scendere in piazza moltissimi presidi, chiamati alla protesta da una mobilitazione unitaria di tutte le sigle sindacali della dirigenza, con in testa Anp, Snals e Cgil, Cisl e Uil. Un nuovo incontro ci sarà domani.

I dirigenti arrabbiati che hanno invaso in diverse centinaia la scalinata del palazzo del ministero rispondevano solo in parte alla tradizionale immagine del preside (o della preside) attempato e dai capelli grigi: tra i manifestanti giunti da tutta Italia erano tanti anche i giovani vincitori dell’ultimo concorso; quarantenni o poco più giunti alla dirigenza dopo procedure concorsuali complesse e martoriate da ricorsi e ritardi burocratici durati anni. In prevalenza una protesta motivata da ragioni economiche, determinate dalla mancata erogazione di una parte di retribuzione, il Fondo Unico Nazionale (in pratica il salario accessorio dei presidi), atteso da due anni e tagliato pesantemente dal Miur su indicazione del Mef per un importo di poco meno di 50 milioni di euro. Come se non bastasse i tagli sono stati estesi anche al passato, applicandoli pure al fondo 2012-13 e 2013-14, con il risultato che molti dirigenti si sono visti recapitare una richiesta di restituzione di somme già percepite per un ammontare oscillante tra i 5000 e i 10000 euro.

Una beffa dolorosa, originata da un errore dell’amministrazione, come sottolinea Giorgio Rembado, presidente dell’ANP: «Si tratta di somme che non sono a carico dell’erario ma derivano da accantonamenti della categoria. Non vengono assegnate perché il Mef e l’Ufficio centrale del bilancio hanno un’interpretazione diversa di una norma». Sul tappeto anche la questione del mancato rinnovo contrattuale, bloccato come tutti quelli del pubblico impiego, e fermo ormai da sei anni. In campo anche la vecchia questione della perequazione retributiva con gli altri dirigenti della pubblica amministrazione –ma da questo orecchio sembra proprio che il governo non voglia sentire- resa peraltro impossibile proprio dal mancato rinnovo del contratto.

Forse anche per questo sulle scale del Ministero campeggiava giovedì scorso uno striscione con lo slogan «Invisibili per il Governo»: i dirigenti scolastici italiani, insomma si sentono demotivati e poco rispettati, vittime di una doppia ingiustizia: il fatto di guadagnare molto meno della restante dirigenza pubblica, e l’ aggravio continuo di responsabilità e carichi di lavoro a fronte, addirittura, della riduzione stipendiale determinata dal taglio del Fondo.

Durante l’incontro, comunque, Faraone sembra aver rassicurato i rappresentanti della dirigenza, riconoscendo la legittimità delle loro richieste e assumendo l’impegno di affrontare le questioni poste attraverso un confronto con il Mef all’indomani dell’approvazione definitiva della legge di stabilità. Il sottosegretario ha anche riconosciuto che l’insieme delle richieste dei dirigenti richiederanno interventi legislativi e, nota dolente, la difficile individuazione di risorse aggiuntive.

Per ora è stato fissato un nuovo incontro per il 10 dicembre al ministero per iniziare l’indispensabile lavoro tecnico preparatorio ad ogni futura soluzione politica della questione. I dirigenti però, si fidano fino a un certo punto: pur considerando l’incontro un primo passo positivo, temono lungaggini e meline, soprattutto da parte dell Mef. E intanto affilano le armi non escludendo, se necessario, il ricorso ad azioni giudiziarie.