Gli scatti di anzianità verso la conferma

da La Tecnica della Scuola

Gli scatti di anzianità verso la conferma

Segnali di apertura anche dal ministro Giannini: è stato il punto più dibattuto durante la consultazione sulla Buona Scuola e a questo punto è sicuramente da discutere e negoziabile. I sindacati: lo avevamo detto, non si possono cancellare.

Sembra che la consultazione sulla “Buona Scuola” abbia fatto davvero ravvedere il Governosulla volontà di eliminare gli scatti di anzianità del personale scolastico. Una mezza conferma  su questa nuova linea è giunta dalle parole del ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, a conclusione di un’audizione tenuta il 18 dicembre su un affare assegnato alla Commissione Istruzione al Senato sul tema della scuola.

“L’idea di un azzeramento totale degli scatti di anzianità, da cui si parte volutamente nella Buona scuola per dare un messaggio forte in questa direzione, è un punto sicuramente da discutere e negoziabile”, ha detto Giannini. Che poi ha aggiunto: c’è anche “la ricaduta della valutazione delle carriere sui meccanismi stipendiali”, che “resterà in dibattito. Ma era già scritto nella nostra programmazione anche di negoziazione politica. E’ stato anche il punto più dibattuto nell’esito della consultazione” di due mesi sulla Buona scuola, ha sottolineato sempre il ministro.

Che in Commissione, ha aggiunto, “ho ribadito che è importante per me che il criterio del merito sia e rimanga dominante e concretamente trasferibile e quantificabile nell’avanzamento in carriera e negli aumenti stipendiali”. Ma “l’idea di un azzeramento totale degli scatti di anzianità è un punto sicuramente da discutere”.

L’uscita di Giannini sembra essere gradita dai sindacati: secondo Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola, “giungono ormai ogni giorno segnali di apertura alla discussione su un tema, quello delle progressioni economiche del personale scolastico, su cui il governo ha raccolto fino ad oggi più critiche che consensi. Noi avevamo da subito evidenziato i limiti di una proposta complessivamente penalizzante sul piano economico e soprattutto destinata ad accentuare gli elementi di impropria competitività all’interno di sistema, quello scolastico, in cui si dovrebbe favorire quanto più possibile l’attitudine alla cooperazione su obiettivi condivisi di efficacia e qualità. Opinione, quest’ultima, autorevolmente confermata – è la Giannini a dircelo – dalla Commissione Istruzione del Senato”.

Deciso anche l’intervento di Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, secondo cui “gli stipendi del personale della scuola si sono così sgonfiati da attestarsi oggi tra i 4 e 5 punti sotto l’inflazione: annullare gli scatti di anzianità significherebbe farli sprofondare ulteriormente”.

“Da parte nostra – continua Pacifico – non ci sono margini di trattativa. Non va infatti dimenticato che i vari Governi che si sono succeduti negli ultimi anni, prima quello del premier Mario Monti, poi di Enrico Letta e ora di Matteo Renzi, hanno tutti disposto delle norme ‘capestro’ per mantenere gli stipendi ai valori del 2009 prorogando il congelamento dell’indennità di vacanza contrattuale: tanto è vero che i nostri dipendenti della scuola, in linea con gli altri comparti pubblici, non potranno usufruirne sino al 2018. Si tratta, tra l’altro, di un danno economico tutt’altro che irrisorio: per la sola mancata assegnazione delle vacanza contrattuale, tra tre anni, lo Stato sarà debitore nei confronti degli insegnanti di quasi 9mila euro, derivanti dalla non assegnazione di 53 euro in media al mese”.

Per dare sostanza a quanto detto, il sindacato ricorda la retribuzione lorda di un insegnante della scuola secondaria di primo grado neo-assunto in Italia è di 24.141 euro (meno di 1.300 euro nette al mese), a fronte a media europea è di 26.852 euro. A fine carriera, già con gli attuali scatti stipendiali il gap diventa maggiore: 45.280 euro nella media dell’UE contro 36.157 in Italia, il 25 per cento in meno che arriva al 30 per cento nella secondaria di secondo grado. Con ritardi rispetto ad alcuni Paesi, come la Germania, che sfiorano il 50%. Figuriamoci dove potrà arrivare il divario se si cancellano pure gli aumenti automatici.