Addio al maestro unico, così Mattarella cambiò la scuola

da Corriere della sera

AL DICASTERO DI VIA TRASTEVERE DAL LUGLIO 1989 AL LUGLIO 1990

Addio al maestro unico, così Mattarella cambiò la scuola

Un anno da ministro: riforma delle elementari, maxiconcorso, nuovi programmi alle superiori. Ai giovani: «La scuola invita a impiegare bene le proprie energie»

di Antonella De Gregorio

Figlio di un potente notabile del partito di maggior consenso in Italia, cresciuto a pane e politica, il candidato proposto dal Pd per la corsa al Colle è stato anche ministro dell’Istruzione. Per un periodo breve (dal luglio 1989 al luglio ‘90), ma denso di ipotesi di riforma. Sergio Mattarella entrò a Viale Trastevere con il VI Governo Andreotti, raccogliendo l’eredità di Giovanni Galloni, alla guida del dicastero nei due anni precedenti. Si trovò, nel gennaio 1990, a gestire la prima Conferenza nazionale sulla Scuola (voluta dal Parlamento e preparata lungamente) in cui si discuteva di rinnovamento e riforme e si affrontava – introdotto da Sabino Cassese – il tema dell’autonomia delle istituzioni scolastiche; si esploravano le idee del patto sociale, della gestione strategica, della partecipazione educativa.

La scuola a «moduli»

Nell’anno in cui guidò il ministero, vide la luce la più importante riforma della scuola elementare (L. 148/1990), col superamento della figura del docente unico. Un’autentica rivoluzione: pedagogica, metodologica e didattica, che archiviava l’era della maestra-mamma che accudisce e insegna tutto, dalle tabelline alla ginnastica, e introduceva i «moduli» (tre insegnanti che ruotano su due classi), aprendo a una suddivisione degli ambiti disciplinari fra i docenti e insieme a pratiche di condivisione e collegialità nell’insegnamento e nella gestione della classe.
Educazione alla salute

Quarantotto anni al momento della nomina, docente di diritto parlamentare all’Università di Palermo, Mattarella si occupò anche del riordino dei programmi del biennio delle superiori: che peso dare agli autori nello studio della letteratura italiana, per esempio. O come cadenzare lo studio della storia antica e di quella contemporanea. Lui ministro, venne approvata anche la legge 162 (poi dpr 309/90, la legge antidroga), che affida alla scuola il compito di coordinare le attività di educazione alla salute nelle scuole di ogni ordine e grado. Alle nuove emergenze della droga e dell’Aids, ma anche della dispersione scolastica, dell’immigrazione, dell’inquinamento, si cercò di rispondere con la prevenzione, tradotta in pedagogia scolastica, in obiettivi educativi.
Protesta

Nel breve arco di tempo che trascorse a viale Trastevere, legò il suo nome al maxiconcorso a cattedre per la scuola secondaria (marzo ‘90) e prese parte anche alle discussioni della legge che (nel 2007) innalzò l’obbligo scolastico a sedici anni.
Nella sua agenda figuravano interventi radicali per «potenziare l’aggiornamento dei docenti», raccontava in un’intervista al Corriere del settembre 1989. E diverse iniziative «per aiutare i giovani che finiscono gli studi non soltanto per la scelta della facoltà universitaria, ma anche perché comprendano quello che c’è dopo il diploma». Un tema, quello dell’orientamento, che non ha ancora trovato una compiuta soluzione. E al quale Mattarella non fece in tempo a mettere mano: diede le dimissioni il 27 luglio 1990, per protesta contro il via libera del governo al disegno di legge Mammì, sul riassetto del sistema radiotelevisivo, visto dalla sinistra Dc come un regalo al gruppo Fininvest, di proprietà di Silvio Berlusconi.
«Schiena dritta»

«Uomo delle istituzioni, della legalità, conterraneo dalla schiena dritta. Mattarella è l’uomo giusto per essere presidente della Repubblica», ha scritto sul suo profilo Twitter il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, giovedì, appena aperta la corsa al Colle. Uomo dai principi e dai valori inattaccabili, in un’intervista che si può vedere su Youtube – una delle poche che circolano in rete – Sergio Mattarella parla ai giovani cattolici del valore della cultura («antidoto al conformismo e a modelli di vita trasmessi per motivi commerciali») e difende gli studi: «che sviluppano capacità critica e di giudizio, difendono la libertà di ciascuno e quella comune». La scuola, conclude, «chiama i giovani a impegnare bene le proprie energie. A spendere bene i propri talenti».