La scuola di fronte a una sfida di civiltà

La scuola di fronte a una sfida di civiltà

di Maurizio Tiriticco

Sto intercettando su FB centinaia di messaggi contro il rogo del povero pilota giordano caduto nelle mani dei miliziani dell’Isis. Non mi meraviglierei più di tanto. Roghi, squartamenti, tagli di teste, mazzolature, tutte pene più che legali – ripeto, legaliii – sono tipiche di ogni fondamentalismo religioso. Nello Stato pontificio la pena di morte fu praticata fino al 1870. Ed è rimasta legale fino al 2001. Pomponio de Algerio, studente protestante, fu arso vivo in un pentolone di olio bollente il 19 agosto 1556 in Piazza Navona nella Roma pontificia: un gran divertimentooo!!! E solo una delle decine di migliaia di efferate uccisioni! Nell’Ottocento Mastro Titta ha giustiziato – si fa per dire – più di 500 condannati, e sempre con la benedizione pontificia! E sotto ogni regime questi spettacoli erano una gran festa. Non c’erano né cinema né TV e neppure le partite di calcio! E, dopo la messa, obbligatoria, ovviamente, una bella esecuzione in una piazza della città, Piazza del Popolo, Campo di Fiori, il Velabro, era uno spettacolo atteso: e le teste mozzate appese nei crocevia facevano sempre bella mostra di sé! Se poi si trattava di una strega, ancora meglio! Centinaia di migliaia di donne per secoli in Europa e in America sono state bruciate vive. Un bel rogo purifica, uccide la strega e ne libera l’anima per il Cielo! Insomma, le si fa un bel regalino!
Se non ci fossero stati Bruno, Campanella (tra le altre imputazioni, aveva anche scritto “De tribus impostori bus”, cioè Mosè, Gesù e Maometto, contro le tre religioni monoteiste), Galilei, Beccaria, Bacone, gli Illuministi, se lo Stato della chiesa non fosse stato abbattuto, le nostre piazze continuerebbero a colare sangue! Galileo è stato riabilitato dalla Chiesa, obtorto collo, solo nel 1992! E torturare poi non era una eccezione, era la pratica principe di ogni interrogatorio, perfettamente legale. Se il condannato resisteva, era salvo; in effetti non resisteva mai: quindi era segno che dio non lo aiutava e che era colpevole! Per non dire degli ammazzamenti degli Indios! Prima li battezzavano e poi li ammazzavano! E gli strumenti di tortura che si sono inventati nei secoli erano i più raffinati, e tutti legali, ovviamente per volontà di dio (lo scrivo sempre con la lettera minuscola per ovvi motivi! Dio è o sarebbe un’altra cosa).
Finché dal mondo mussulmano non emergerà un Voltaire, di sgozzamenti e di roghi ne vedremo ancora, chissà quanti e chissà per quanto tempo! Nella “civilissima” Abu Dhabi, splendida capitale degli Emirati arabi, città dagli alberghi più che avveniristici, omosessuali, apostati, adultere sono ammazzati per strada a colpi di pietre e di frustale, a volta con grande gioia dei presenti. Per non dire che uccidere un “non credente” è regola per un regime teocratico. E ciò valeva anche per la chiesa cattolica. Gli eccidi compiuti dai crociati, quando nel 1099 “liberarono” Gerusalemme, erano auspicati, autorizzati, santificati: ogni morto ammazzato valeva un posto guadagnato in paradiso. Bernardo di Chiaravalle scriveva: “Un soldato di Cristo, quando uccide un malvagio, non è un omicida, ma, per così dire, un uccisore del male e viene stimato vendicatore di Cristo nei confronti di coloro che fanno il male e difensore dei Cristiani. Occorre eliminare questi gentili che vogliono la guerra, eliminare questi operatori di iniquità che vagheggiano di strappare al popolo cristiano le ricchezze racchiuse in Gerusalemme: ecco la più nobile delle missioni”.
Per concludere, la laicità è stato un germe che a poco a poco ha logorato l’infausto assolutismo della religione cattolica di Costantino e di Tedosio: quand’è che il germe della laicità comincerà a logorare l’assolutismo mussulmano? Forse mai!? Ho sempre considerato “La Rabbia e l’Orgoglio” di Oriana Fallaci un testo eccessivo e pericoloso ai fini del dialogo che noi occidentali, di mille diverse culture e religioni, ci siamo proposti di intrattenere con tutte le credenze “altre” del mondo. Ma il recente eccidio degli amici di Charlie Hebdo e le efferate sentenze di morte dei soldati dell’Isis non possono non sollecitare riflessioni e ripensamenti.
Anche perché noi, uomini e donne di scuola, abbiamo responsabilità precise per quanto riguarda quella Educazione del cittadino, che sia nato o giunto qui, rispettoso di ogni cultura, di ogni etnia, di ogni religione. E’ la stessa responsabilità della scuola che cambia e cresce. Se, dopo l’Unità nazionale ci siamo impegnati a far sì che tutti sapessero leggere, scrivere e far di conto, oggi a più di 150 anni di distanza, l’impegno è più gravoso: che tutti, di lingue e culture diverse, sappiano anche e soprattutto convivere per costruire un mondo migliore. Ed è una sfida di civiltà, in primo luogo!