Hamsun, l’uomo primitivo
di Antonio Stanca
Nel 1949, quando terminò il romanzo Per i sentieri dove cresce l’erba, che ad Ottobre dell’anno scorso è stato pubblicato dall’Editore Fazi di Roma, nella serie “Le Strade” e con la traduzione di Maria Valeria D’Avino, il norvegese Knut Hamsun aveva novant’anni. Sarebbe morto tre anni dopo, nel 1952, dopo una vita dedicata quasi completamente all’attività letteraria. Aveva scritto di narrativa, di poesia, di teatro, di saggistica e molto aveva viaggiato.
Era nato a Lom, Gudbransdal, nel 1859 da una famiglia contadina, povera. Aveva sofferto questa condizione fino a giovane. Aveva svolto diversi mestieri sia in Norvegia sia in America. Dopo molti tentativi malriusciti era giunto al successo letterario nel 1890 col romanzo Fame. Si sposerà due volte e la seconda moglie, l’attrice Marie Andersen, rinuncerà alla sua carriera per rimanergli vicina anche quando si trasferiranno a Sud della Norvegia, a Larvik. Qui si stabilirono in una vecchia fattoria, acquistata e restaurata, dove Hamsun si dedicò alla sua attività di scrittore anche se amava scrivere negli altri luoghi e nelle altre città che raggiungeva con i suoi viaggi.
Dopo Fame sarebbero venute molte altre opere, narrative, teatrali, in versi. Hamsun sarebbe diventato un autore molto noto in patria e all’estero, nel 1917 avrebbe scritto Il risveglio della Terra, il romanzo che è considerato il suo capolavoro e che nel 1920 gli procurò l’assegnazione del Premio Nobel. Anche in quest’opera ritornano i temi che erano comparsi nei romanzi d’inizio e che segneranno l’intera produzione dello scrittore. I protagonisti delle sue narrazioni sono uomini che vivono da soli o insieme a una compagna e che ricavano da se stessi, dal proprio corpo, dalla propria mente le risorse necessarie per vivere, per affrontare i problemi, i pericoli della vita, per combatterli e vincerli. Nel loro animo scende lo scrittore e scopre quanto di segreto, di nascosto avviene, lo porta alla luce, oltre i limiti dell’evidenza egli procede sicuro che ci sia molto da sapere, nella vita dei sogni, nei misteri dello spirito penetra. Per questa sua maniera una novità rappresentò Hamsun già con Fame poiché già allora mostrò di volersi distinguere dalla tradizione letteraria norvegese che era di carattere realista. Con Hamsun l’opera diventò soggettiva, psicologico diventò il suo genere, la vita dello spirito formò il suo contenuto. E forte era questo spirito, capace di sopportare le avversità era l’uomo che lo possedeva, di resistere al male, di trovare nell’ambiente naturale quanto gli serviva, di scambiare, comunicare con esso poiché come lui era vero, autentico, non guastato dai problemi che con i tempi moderni, con la civiltà delle macchine si erano addensati ed avevano ridotto la vita ad una serie di convenzioni. Lontano dalla società dei consumi, libero dalla massificazione sceglie di vivere l’eroe di Hamsun, a contatto con i boschi, le foreste, le montagne, i fiumi, il mare, i ghiacciai di quella Norvegia tanto amata dallo scrittore e tanto descritta nelle sue opere. La forza del suo uomo trova completamento in quella della natura e insieme sono sicure di poter costituire la vera dimensione dell’esistenza. Quest’aspirazione il suo eroe realizzerà andando in giro, facendo il girovago, vagando tra le piccole comunità rurali della Norvegia, comparendo e scomparendo come la luce delle verità che reca con sé, trasformandosi egli stesso in un elemento della natura, in un aspetto della terra.
In questi tratti del suo personaggio, in questa ricerca di una vita primitiva può essere facilmente riconosciuto l’autore, in ogni sua opera possono essere riscontrati motivi autobiografici, sempre Hamsun vuol dire di sé, dei suoi pensieri, dei suoi bisogni, dei suoi ideali e lo farà fino all’ultimo, fin quando, a novant’anni, scriverà Per i sentieri dove cresce l’erba. In verità quest’opera voleva essere di carattere polemico, in essa l’autore voleva ripercorrere gli anni dal 1945 al 1948 quando aveva subìto un lungo processo poiché accusato di aver collaborato con i tedeschi di Hitler quando avevano occupato la Norvegia durante la Seconda Guerra Mondiale. Scrivendo voleva discolparsi dalle accuse che gli erano state attribuite e che lo avevano fatto rinchiudere prima in una casa di cura e poi in un ospedale psichiatrico. Il processo si sarebbe concluso dopo molto tempo, Hamsun sarebbe stato assolto e il pagamento di una pena pecuniaria sarebbe stata l’unica condanna. Scrisse, quindi, il romanzo per difendersi ma nonostante queste intenzioni lo scrittore finì col rientrare tra i suoi modi, col tornare sui propri passi. Stavolta è chiaramente lui l’eroe convinto di sé e capace di resistere a quanto di cattivo la vita gli ha riservato, è lui che entra in comunione con la natura dei luoghi dove viene tenuto, è lui che si trova spesso col girovago Martin, che s’identifica con i suoi pensieri, i suoi modi di essere, di fare, le sue parole, le sue verità. Anche quando vuole fare polemica Hamsun non rinuncia al suo spirito, alla vita che ha sempre sognato. Anche allora il suo stile, il suo linguaggio rimane semplice, chiaro tanto da procurare alla narrazione un’atmosfera di serenità, da farla assomigliare ad una favola sempre esistita.
Un maestro di scrittura è stato anche considerato Hamsun sia dai contemporanei sia dai posteri, una lezione è stata ritenuta la sua lingua.
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