Chi governerà la formazione professionale dopo la riforma della Costituzione?

da Il Sole 24 Ore

Chi governerà la formazione professionale dopo la riforma della Costituzione?

di Giorgio Allulli

È passato praticamente sotto silenzio l’importante emendamento riguardante l’istruzione e formazione professionale introdotto il 27 gennaio dalla Camera dei deputati nel disegno di legge di revisione costituzionale. Eppure questo emendamento innova sensibilmente la ripartizione delle competenze in materia di formazione tra Stato e Regioni.

L’emendamento
Come è noto il Titolo V della Costituzione attribuisce competenza esclusiva alle Regioni sull’istruzione e formazione professionale. L’emendamento della Camera sottrae invece a questa competenza esclusiva l’«Istruzione e formazione professionale» in quanto assegna «le disposizioni generali e comuni sull’istruzione e formazione professionale» alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

L’innovazione
Si tratta di un’innovazione che recepisce le preoccupazioni e le critiche di quanti lamentano la debolezza della formazione professionale, vero perno strategico tra scuola e lavoro, a causa della divisione tra le Regioni che hanno legiferato e gestito questo settore in modo fortemente differenziato. Ne sono conseguiti 21 sistemi notevolmente diversi tra loro, sia sotto l’aspetto qualitativo, sia sotto l’aspetto degli obiettivi da conseguire; infatti ogni Regione stabilisce le proprie qualifiche professionali, creando paradossali problemi di riconoscibilità e spendibilità delle qualifiche conseguite tra una Regione e l’altra, mentre a livello europeo si persegue la spendibilità dei titoli tra i diversi Stati. Negli ultimi tempi si è cercato di superare questa frammentazione, ricomponendo 22 qualifiche a livello nazionale, ma la strada appare ancora lunga e faticosa. Questa diversificazione, unita ai ricorrenti episodi di malversazione, ha indebolito molto il ruolo e la credibilità del sistema di formazione professionale del nostro Paese, nonostante non manchino iniziative ed aree di assoluta eccellenza.

I nodi da sciogliere
Un’altra questione irrisolta riguarda il destino degli istituti professionali, ancora governati dal Miur, che sono rimasti in mezzo al guado tra la residua gestione dell’ordinamento statale (i corsi per il diploma di maturità professionale), e il crescente impegno per svolgere attività di ordinamento regionale (i corsi di Istruzione e formazione professionale).
Dunque l’emendamento della Camera dei deputati, che si prefigge l’obiettivo di ricompattare questo sistema, va nella giusta direzione, ma la formulazione adottata pone più di un interrogativo. Innanzitutto che cosa si intende per “Istruzione e formazione professionale”? Si fa forse esclusivo riferimento all’omonimo percorso recentemente introdotto nell’ordinamento italiano? Sarebbe discutibile che la legge costituzionale, il cui ruolo è regolamentare categorie e non singole attività, si rivolgesse in modo così preciso ad uno specifico percorso formativo. Probabilmente questo comma riformato si rivolge, oltre che all’Iefp propriamente detta, anche al più vasto comparto che sta a cavallo tra formazione e istruzione tecnica, comprendendo dunque Istruzione professionale, Istruzione e formazione tecnica superiore ed Istruzione tecnica superiore. Se è così a che cosa si ridurrebbe dunque la Formazione professionale, che viene lasciata all’esclusiva competenza regionale? Solo alla formazione breve per disoccupati e occupati? Ma in questo caso come è possibile tenerla distinta dalle politiche attive per l’occupazione, che la stessa riforma assegna invece alla competenza dello Stato? Purtroppo siamo in un’area nella quale i confini tra i diversi interventi sono molto labili e scivolosi.
Il secondo interrogativo riguarda l’ampiezza della competenza attribuita allo Stato: che si intende per disposizioni generali e comuni? Fino a che punto lo Stato potrà esercitare la sua azione regolamentare? Si estenderà anche alla gestione di queste attività oppure questa rimarrà di competenza regionale?

Ruoli e competenze da definire
Insomma, onde evitare incertezze interpretative, con i conseguenti conflitti di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, come è successo dopo la precedente riforma del Titolo V, è più che mai necessario essere precisi e rigorosi nelle definizioni adottate, ferma restando la necessità che l’intervento formativo in questo campo, a chiunque spetti, risponda a solidi requisiti di qualità e di omogeneità a livello nazionale, come avviene negli altri paesi europei. Ne va della dignità del nostro sistema formativo e della occupabilità di tutti coloro che transitano attraverso questo sistema.