RSU

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di Alessandro Basso

In questi giorni in cui si sta tenendo la tornata elettorale per rinnovare la rappresentanza sindacale unitaria della scuola, alcune considerazioni tracciando la dimensione storica e politico scolastica della materia.

Imomento per la scuola è un momento di riforma o meglio di riformismo ma non c’è nessun commentatore di settore che potrà dire di non trovare nella scuola un periodo di riforma e di cambiamento negli ultimi vent’anni o anche più. 

Per comprendere bene il ruolo della rappresentanza sindacale unitaria dobbiamo andare indietro nel tempo, alla contrattualizzazione del rapporto di impiego nella pubblica amministrazione, avvenuta con il decreto legislativo 29/93, in attuazione della riforma della pubblica amministrazione delineata dalla Legge 421 del 92.

L’introduzione del contratto di lavoro negoziato tra le parti,all’interno della scuola che si apprestava nel tempo a diventare istituzione scolastica autonomainsignita di personalità giuridica con a capo un dirigente proveniente dalla carriera degli ex presidi ed ex direttori didattici,  ha delineato, per ispirazione e per conseguenza, l’istituzione di una rappresentanza proveniente dai lavoratori in sostituzione delle rappresentanze accreditate dalle organizzazioni sindacali.

Per la definizione di questa nuova figura, le allora organizzazioni sindacali, attraverso un Accordo Quadro datato 7 agosto 1998,hanno stabilito concettualmente di che cosa si trattava, andando anche a rispolverare diritti dei lavoratori e agibilità sindacali direttamente discendenti dallo Statuto dei Lavoratori(L.300/1970).

Anche a quel tempo si parlava di riforma della Pubblica Amministrazione, proprio per questo motivo, l’istituzione della RSU nasceva come l’innesto di un profilo che andasse acontribuire al miglioramento della P.A. stessa, certo non pensando che la trattativa sindacale potesse in qualche modo e in qualche momento diventare “così difficile”.

Negli ultimi anni poi si è dovuto spesso ragionare di nuovi contenuti per la rappresentanza sindacalecosì configurata a seguito del decreto Brunetta che, di fatto, ha sottratto alla trattativa sindacale, al tavolo negoziale, l’organizzazione del lavoro.

Quanti dovessero leggere questo contributo, operando nel settore privato, sicuramente si domanderanno il motivo del contendere, in quanto è palese che l’organizzazione del lavoro spetti al datore di lavoro .

Può sembrare un interrogativo scontato, ma è uno dei punti cruciali dell’agire sindacale degli ultimi anni all’interno della scuolaquesta diatriba non ha forse sottratto alla rappresentanza il prezioso compito di supporto ai colleghi nella creazione di una buona scuola? Perché aspettiamo che la buona scuola la costruisca il vertice politico e di indirizzo e non si produce, invece, come co costruzione proveniente dalla basedove sinergie di intenti politichedi idee, di pensiero e di intenzioni si reifichino per creare un ambiente di lavoro positivo propositivo e allo stesso tempo dove si sta bene?

Non è forse la rappresentanza sindacale utile al raggiungimento di quegli obiettivi del sistema che  sono finalizzati al successo formativo degli alunni, al quale dobbiamo tendere tutti noi per mandato? 

Questo sarà un momento di misurazione della forza sindacale, un momento cruciale per le organizzazioni di rappresentanza che vedono culminare la loro attività dopo il Congresso : un’ ondata di democrazia scolastica che sarebbe auspicabile trovasse, al termine del voto, tutte le componenti unite, perché il momento è di quelli che bisogna stare tutti insieme perché sono cambiate le prerogative di ciascuno ma c’è ancora tanto spazio per fare bene dentro le strutture,  in una rinnovata collaborazione in orizzontale.

Sarebbe proficui che cessasse la contrapposizione fondata sugli obiettivi minimi perché si rischia di far sfuggire le cose essenziali. 

L‘esercizio della libertà sindacale non sia solo una dialettica ma un momento di confronto e di impegno, di democrazia finalizzato al buon funzionamento: i tempi ce lo richiedono,  sono maturi.

Non è più pensabile di poter sedere ad un tavolo contrattuale per puntare al ribasso, la forza della contrattazione deve essere il momento più alto della costruzione dell’offerta formativa, il compimento tecnico del POF, accettando le specificità di ciascun ruolo, le prerogative di ciascuno che sono ormai ben definite.

Non lasciamoci scappare questo momento di costruzione della buona scuola per inseguire dietrologie e sillogismi politici che ormai sono superati. Indietro non si può più tornare, non c’è più la forza del settore per voltarsi indietro, bisogna guardare avanti e accettare le nuove sfide dell’apprendimento e della conoscenza.

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p class=”s4″ style=”text-align: start; margin-bottom: 0px;”>Solo in questo modo potremo ripristinare serenità all’interno della scuola e solo in questo modo il sindacato potrà, a mio avviso, sedersi al tavolo del Ministro e poter contare . In questo modo fare scuola diventerà più facile per gli operatori e la dirigenza potrà essere il vero catalizzatore del successo formativo che non avverrà su piani isolati e su competenze suddivisema su competenze distribuite, su obiettivi di crescita comuni che sono gli obiettivi di crescita del sistema Paese e del sistema Europa.