Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 23

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Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 23

Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo  indeterminato
a tutele crescenti, in attuazione della legge 10  dicembre  2014,  n.
183. (15G00037) 

(GU n.54 del 6-3-2015)

 

 Vigente al: 7-3-2015

 

 
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
 
  Visti gli articoli 76, 87, quinto  comma,  e  117,  secondo  comma,
della Costituzione; 
  Visto l'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n.  183,
recante delega al Governo allo scopo di rafforzare le opportunita' di
ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di
occupazione, nonche' di riordinare i contratti di lavoro vigenti  per
renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze  del  contesto
occupazionale e produttivo e di rendere piu'  efficiente  l'attivita'
ispettiva; 
  Visto l'articolo 1, comma 7, lettera c), della  medesima  legge  n.
183 del 2014, recante il criterio di delega volto a prevedere, per le
nuove  assunzioni,  il  contratto  a  tempo  indeterminato  a  tutele
crescenti in relazione all'anzianita' di servizio, escludendo  per  i
licenziamenti economici  la  possibilita'  della  reintegrazione  del
lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo  un  indennizzo  economico
certo e crescente con l'anzianita' di servizio e limitando il diritto
alla reintegrazione ai  licenziamenti  nulli  e  discriminatori  e  a
specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare  ingiustificato,
nonche'   prevedendo   termini   certi   per    l'impugnazione    del
licenziamento; 
  Vista la preliminare  deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri,
adottata nella riunione del 24 dicembre 2014; 
  Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari  della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; 
  Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri,  adottata  nella
riunione del 20 febbraio 2015; 
  Sulla proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali; 
 
                              E m a n a 
 
                  il seguente decreto legislativo: 
 
                               Art. 1 
 
 
                        Campo di applicazione 
 
  1. Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati
o quadri,  assunti  con  contratto  di  lavoro  subordinato  a  tempo
indeterminato a  decorrere  dalla  data  di  entrata  in  vigore  del
presente decreto, il regime  di  tutela  nel  caso  di  licenziamento
illegittimo e' disciplinato dalle disposizioni  di  cui  al  presente
decreto. 
  2. Le disposizioni di cui al presente decreto  si  applicano  anche
nei  casi  di  conversione,  successiva  all'entrata  in  vigore  del
presente decreto, di contratto a tempo determinato o di apprendistato
in contratto a tempo indeterminato. 
  3. Nel  caso  in  cui  il  datore  di  lavoro,  in  conseguenza  di
assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all'entrata
in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale di
cui all'articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970,
n. 300, e successive modificazioni, il licenziamento dei  lavoratori,
anche se assunti precedentemente a tale data, e'  disciplinato  dalle
disposizioni del presente decreto. 
                               Art. 2 
 
 
                Licenziamento discriminatorio, nullo 
                      e intimato in forma orale 
 
  1. Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara  la  nullita'
del licenziamento perche' discriminatorio a  norma  dell'articolo  15
della legge 20 maggio  1970,  n.  300,  e  successive  modificazioni,
ovvero  perche'   riconducibile   agli   altri   casi   di   nullita'
espressamente previsti dalla  legge,  ordina  al  datore  di  lavoro,
imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel
posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto.  A
seguito dell'ordine di  reintegrazione,  il  rapporto  di  lavoro  si
intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro
trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in  cui
abbia richiesto l'indennita' di cui al comma 3. Il regime di  cui  al
presente  articolo  si  applica  anche  al  licenziamento  dichiarato
inefficace perche' intimato in forma orale. 
  2. Con la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna altresi'
il datore di lavoro al risarcimento del danno subito  dal  lavoratore
per il licenziamento  di  cui  sia  stata  accertata  la  nullita'  e
l'inefficacia,  stabilendo  a  tal  fine  un'indennita'   commisurata
all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento
di  fine  rapporto,  corrispondente  al  periodo   dal   giorno   del
licenziamento sino a quello  dell'effettiva  reintegrazione,  dedotto
quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di
altre attivita' lavorative. In ogni caso la misura  del  risarcimento
non  potra'  essere  inferiore  a   cinque   mensilita'   dell'ultima
retribuzione di riferimento per il calcolo del  trattamento  di  fine
rapporto. Il  datore  di  lavoro  e'  condannato,  altresi',  per  il
medesimo  periodo,  al  versamento  dei  contributi  previdenziali  e
assistenziali. 
  3. Fermo  restando  il  diritto  al  risarcimento  del  danno  come
previsto al comma 2, al lavoratore e' data la facolta' di chiedere al
datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel  posto  di
lavoro,  un'indennita'  pari  a   quindici   mensilita'   dell'ultima
retribuzione di riferimento per il calcolo del  trattamento  di  fine
rapporto, la cui richiesta determina la risoluzione del  rapporto  di
lavoro, e che non e' assoggettata a contribuzione  previdenziale.  La
richiesta dell'indennita' deve essere effettuata entro trenta  giorni
dalla comunicazione del deposito della pronuncia  o  dall'invito  del
datore di lavoro a riprendere servizio, se  anteriore  alla  predetta
comunicazione. 
  4. La disciplina di cui al  presente  articolo  trova  applicazione
anche  nelle  ipotesi  in  cui  il  giudice  accerta  il  difetto  di
giustificazione per motivo consistente  nella  disabilita'  fisica  o
psichica del lavoratore, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4,  e
10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68. 
                               Art. 3 
 
 
                Licenziamento per giustificato motivo 
                           e giusta causa 
 
  1. Salvo quanto disposto dal comma  2,  nei  casi  in  cui  risulta
accertato  che  non  ricorrono  gli  estremi  del  licenziamento  per
giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo  o
giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro  alla
data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di
un'indennita'  non  assoggettata  a  contribuzione  previdenziale  di
importo pari a due mensilita' dell'ultima retribuzione di riferimento
per il calcolo del trattamento di fine  rapporto  per  ogni  anno  di
servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non  superiore
a ventiquattro mensilita'. 
  2. Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento  per  giustificato
motivo  soggettivo  o  per  giusta  causa  in  cui  sia  direttamente
dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato
al lavoratore, rispetto alla quale resta  estranea  ogni  valutazione
circa la  sproporzione  del  licenziamento,  il  giudice  annulla  il
licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione  del
lavoratore nel posto  di  lavoro  e  al  pagamento  di  un'indennita'
risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione di  riferimento  per
il calcolo  del  trattamento  di  fine  rapporto,  corrispondente  al
periodo dal giorno del licenziamento  fino  a  quello  dell'effettiva
reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito  per  lo
svolgimento di altre attivita'  lavorative,  nonche'  quanto  avrebbe
potuto percepire accettando una congrua offerta di  lavoro  ai  sensi
dell'articolo 4, comma 1, lettera  c),  del  decreto  legislativo  21
aprile 2000, n. 181, e successive  modificazioni.  In  ogni  caso  la
misura dell'indennita' risarcitoria relativa al  periodo  antecedente
alla pronuncia di reintegrazione non puo' essere superiore  a  dodici
mensilita' dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del
trattamento di fine rapporto. Il  datore  di  lavoro  e'  condannato,
altresi', al versamento dei contributi previdenziali e  assistenziali
dal  giorno  del   licenziamento   fino   a   quello   dell'effettiva
reintegrazione,  senza  applicazione  di   sanzioni   per   omissione
contributiva.  Al  lavoratore  e'  attribuita  la  facolta'  di   cui
all'articolo 2, comma 3. 
  3. Al licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 1 non  trova
applicazione l'articolo 7 della legge  15  luglio  1966,  n.  604,  e
successive modificazioni. 
                               Art. 4 
 
 
                     Vizi formali e procedurali 
 
  1. Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione
del requisito di motivazione di cui all'articolo 2,  comma  2,  della
legge n. 604 del 1966 o della procedura di cui all'articolo  7  della
legge n. 300 del 1970, il giudice dichiara  estinto  il  rapporto  di
lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro  al
pagamento  di  un'indennita'   non   assoggettata   a   contribuzione
previdenziale  di  importo  pari   a   una   mensilita'   dell'ultima
retribuzione di riferimento per il calcolo del  trattamento  di  fine
rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non  inferiore
a due e non superiore a dodici mensilita', a  meno  che  il  giudice,
sulla base della domanda del lavoratore, accerti la  sussistenza  dei
presupposti per l'applicazione delle tutele di cui agli articoli 2  e
3 del presente decreto. 
                               Art. 5 
 
 
                      Revoca del licenziamento 
 
  1. Nell'ipotesi di revoca  del  licenziamento,  purche'  effettuata
entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore  di
lavoro dell'impugnazione del  medesimo,  il  rapporto  di  lavoro  si
intende ripristinato senza soluzione di continuita', con diritto  del
lavoratore alla retribuzione maturata  nel  periodo  precedente  alla
revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal
presente decreto. 
                               Art. 6 
 
 
                      Offerta di conciliazione 
 
  1. In caso di licenziamento dei lavoratori di cui  all'articolo  1,
al fine di evitare il giudizio e ferma restando la  possibilita'  per
le parti di  addivenire  a  ogni  altra  modalita'  di  conciliazione
prevista dalla legge, il datore di lavoro puo' offrire al lavoratore,
entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento,  in
una delle sedi di cui all'articolo 2113,  quarto  comma,  del  codice
civile, e all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre  2003,
n. 276, e successive modificazioni, un importo  che  non  costituisce
reddito imponibile ai fini dell'imposta  sul  reddito  delle  persone
fisiche e non  e'  assoggettato  a  contribuzione  previdenziale,  di
ammontare pari a una mensilita' della retribuzione di riferimento per
il calcolo  del  trattamento  di  fine  rapporto  per  ogni  anno  di
servizio, in misura comunque non inferiore a due e  non  superiore  a
diciotto mensilita', mediante consegna al lavoratore  di  un  assegno
circolare. L'accettazione dell'assegno in  tale  sede  da  parte  del
lavoratore  comporta  l'estinzione  del  rapporto   alla   data   del
licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche
qualora il lavoratore l'abbia gia' proposta. Le  eventuali  ulteriori
somme pattuite nella stessa sede  conciliativa  a  chiusura  di  ogni
altra pendenza derivante dal rapporto  di  lavoro  sono  soggette  al
regime fiscale ordinario. 
  2. Alle minori entrate derivanti dal comma 1 valutate in 2  milioni
di euro per l'anno 2015, 7,9 milioni di euro per  l'anno  2016,  13,8
milioni di euro per l'anno 2017, 17,5  milioni  di  euro  per  l'anno
2018, 21,2 milioni di euro per l'anno 2019, 24,4 milioni di euro  per
l'anno 2020, 27,6 milioni di euro per l'anno 2021,  30,8  milioni  di
euro per l'anno 2022, 34,0 milioni di euro per  l'anno  2023  e  37,2
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024 si provvede mediante
corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma  107,
della legge 23 dicembre 2014, n. 190. 
  3. Il sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito  a
norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno  2012,  n.  92,
assicura il monitoraggio sull'attuazione della presente disposizione.
A tal fine la comunicazione obbligatoria telematica di cessazione del
rapporto di cui all'articolo 4-bis del decreto legislativo 21  aprile
2000, n.  181,  e  successive  modificazioni,  e'  integrata  da  una
ulteriore comunicazione, da effettuarsi da parte del datore di lavoro
entro 65 giorni dalla  cessazione  del  rapporto,  nella  quale  deve
essere indicata l'avvenuta ovvero la non  avvenuta  conciliazione  di
cui al comma 1 e la  cui  omissione  e'  assoggettata  alla  medesima
sanzione prevista per  l'omissione  della  comunicazione  di  cui  al
predetto  articolo  4-bis.   Il   modello   di   trasmissione   della
comunicazione  obbligatoria  e'  conseguentemente  riformulato.  Alle
attivita' di cui al presente comma si provvede con le risorse  umane,
strumentali e  finanziarie  disponibili  a  legislazione  vigente  e,
comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 
                               Art. 7 
 
 
                Computo dell'anzianita' negli appalti 
 
  1. Ai fini del calcolo  delle  indennita'  e  dell'importo  di  cui
all'articolo  3,  comma  1,  all'articolo  4,   e   all'articolo   6,
l'anzianita' di servizio del lavoratore  che  passa  alle  dipendenze
dell'impresa subentrante nell'appalto si computa tenendosi  conto  di
tutto il periodo durante il quale il lavoratore  e'  stato  impiegato
nell'attivita' appaltata. 
                               Art. 8 
 
 
                  Computo e misura delle indennita' 
                        per frazioni di anno 
 
  1. Per le frazioni di anno d'anzianita' di servizio, le  indennita'
e l'importo di  cui  all'articolo  3,  comma  1,  all'articolo  4,  e
all'articolo 6, sono riproporzionati e le frazioni di mese  uguali  o
superiori a quindici giorni si computano come mese intero. 
                               Art. 9 
 
 
            Piccole imprese e organizzazioni di tendenza 
 
  1. Ove il datore di lavoro non raggiunga i  requisiti  dimensionali
di cui all'articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n.  300  del
1970, non si applica l'articolo  3,  comma  2,  e  l'ammontare  delle
indennita'  e  dell'importo  previsti  dall'articolo  3,   comma   1,
dall'articolo 4, comma 1 e dall'articolo 6, comma 1, e'  dimezzato  e
non puo' in ogni caso superare il limite di sei mensilita'. 
  2. Ai datori di lavoro non imprenditori, che svolgono senza fine di
lucro  attivita'  di  natura  politica,  sindacale,   culturale,   di
istruzione ovvero di religione o di culto, si applica  la  disciplina
di cui al presente decreto. 
                               Art. 10 
 
 
                      Licenziamento collettivo 
 
  1. In caso di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4  e
24 della legge 23 luglio 1991, n. 223,  intimato  senza  l'osservanza
della forma scritta,  si  applica  il  regime  sanzionatorio  di  cui
all'articolo 2 del presente decreto.  In  caso  di  violazione  delle
procedure richiamate all'articolo 4,  comma  12,  o  dei  criteri  di
scelta di cui all'articolo 5, comma 1, della legge n. 223  del  1991,
si applica il regime di cui all'articolo 3, comma 1. 
                               Art. 11 
 
 
                          Rito applicabile 
 
  1. Ai licenziamenti di cui al presente decreto non si applicano  le
disposizioni dei commi da 48 a 68  dell'articolo  1  della  legge  28
giugno 2012, n. 92. 
                               Art. 12 
 
 
                          Entrata in vigore 
 
  1. Il presente decreto entra  in  vigore  il  giorno  successivo  a
quello  della  sua  pubblicazione  nella  Gazzetta  Ufficiale   della
Repubblica italiana. 
  Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare. 
    Dato a Roma, addi' 4 marzo 2015 
 
                             MATTARELLA 
 
 
                Renzi, Presidente del Consiglio dei ministri          
 
               Poletti, Ministro del lavoro e delle politiche sociali 
 
Visto, il Guardasigilli: Orlando