La paura degli attentati condiziona le scelte per i viaggi d’istruzione

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da Il Sole 24 Ore

La paura degli attentati condiziona le scelte per i viaggi d’istruzione

di Maria Piera Ceci

I recenti attentanti terroristici e l’incidente aereo della Germanwings stanno cambiando le abitudini di viaggio delle nostre scuole. Aumenta la paura e dirigenti scolastici, insegnanti e gli stessi studenti rinunciano a partire o preferiscono mete e mezzi di trasporto considerati più sicuri. Rispondendo ad un sondaggio di Skuola.net, realizzato su un campione di 6.200 studenti fra gli 11 e i 20 anni, un ragazzo su cinque ammette di scegliere la meta condizionato dagli ultimi fatti di attualità.

Italia prima scelta
Il 70 per cento degli studenti opta per una meta considerata poco pericolosa come l’Italia. Il nostro Paese raddoppia le preferenze rispetto ai mesi scorsi. Scende drasticamente al 28 per cento la percentuale di chi continua a scegliere mete europee, con un crollo verticale all’1 per cento di Parigi come meta, dopo la strage di Charlie Hebdo. Invariata, invece, la percentuale di chi preferisce mete internazionali: attestata sul 2 per cento.
Anche il disastro della Germanwings ha fortemente colpito i ragazzi, tanto più che a bordo dell’aereo precipitato sulle Alpi francesi viaggiavano 16 studenti e due insegnanti di una classe tedesca di ritorno dalla Spagna, dove avevano partecipato a un programma di scambio culturale.

Paura di volare
A partire con l’aereo è solo il 14% dei ragazzi e oltre il 31% degli intervistati confessa di avere più paura di volare dopo i fatti che hanno visto protagonista il pilota Andreas Lubitz. Questo 31% è composto da un 17% che continuerà a prendere l’aereo, ma non con una compagnia low cost, e un 14% che se aveva paura di prendere un volo prima, ora ne ha ancora di più.
La paura del terrorismo ha portato a non partire affatto solo nell’8 per cento dei casi. In particolare nella metà dei casi sono stati gli studenti a decidere di rinunciare alla gita, nell’altra metà è stata invece una decisione della scuola che non ha nemmeno voluto optare per mete più vicine e considerate più sicure.
«La gita scolastica dovrebbe essere obbligatoria, perchè rappresenta un ampliamento dell’offerta formativa» – spiega Daniele Grassucci, di Skuola.net. «Però in tempo di crisi o di paura sicuramente ha senso la proposta della gita a chilometro zero, contenuta anche nel documento della #buonascuola. Se non si può fare un viaggio lungo, è bene andare a riscoprire le tante bellezze artistiche e culturali che ci sono nei dintorni e in Italia per fortuna non mancano queste opportunità».

Invariati gli scambi di lunga durata
Meno influenzati dal timore di attentati sembrano essere gli studenti che partecipano a scambi di lunga durata. Secondo Intercultura, ente che si occupa di organizzare scambi fra i ragazzi di vari Paesi, non c’è un calo delle domande, anzi, durante l’estate ormai vicina partiranno per programmi di studio all’estero 1.800 studenti, un numero record per l’organizzazione. Che pure nel corso degli anni ha dovuto modificare le proprie mete sulla spinta dei fatti d’attualità. 60 al momento i Paesi con i quali vengono effettuati gli scambi, fra cui Israele, Russia, Serbia, India e Cina. Fra le nuove mete spiccano invece quest’anno Indonesia, Perù e Bolivia. Ma nei casi più complessi è stato necessario far rientrare gli studenti, come avvenuto nel periodo delle primavere arabe in Egitto e Tunisia. I ragazzi, in collaborazione con le ambasciate italiane, hanno dovuto interrompere il loro soggiorno-studio e tuttora i programmi con questi due Paesi sono interrotti, perchè considerati non capaci di assicurare i livelli di sicurezza richiesti. Un altro esempio di programma che è stato sospeso per quest’anno è stato quello di sei settimane in Kenya. Le zone dove il programma si è svolto negli ultimi anni non sono state coinvolte in nessun particolare problema, ma l’intera regione ha avuto dei problemi sia sanitari che relativi alla stabilità politica.

Valutazione dei rischi
Per decidere se e dove interrompere la collaborazione, Intercultura si avvale della collaborazione dei volontari che vivono nei Paesi interessati e, nei casi più complessi, ricorre anche all’opinione di apposite agenzie internazionali in grado di valutare il rischio. Eppure i ragazzi sembrano non avere paura. Nelle rare occasioni in cui è capitato di dover mettere fine anticipatamente ad un programma di soggiorno all’estero, gli studenti sono stati quasi sempre contrari a tale decisione, quasi come se vivessero come un piccolo tradimento l’idea di abbandonare il Paese che li aveva ospitati.