Ancora tempo di grandi scrittori
di Antonio Stanca
Della scrittrice di lingua inglese Francesca Kay si sa soltanto che è cresciuta tra il Sud-Est asiatico e l’India, che in seguito è stata in Giamaica, negli Stati Uniti, in Germania, in Irlanda e che attualmente vive con la famiglia, il marito e tre figli, ad Oxford.
La corsa del vento è stato il suo primo romanzo nel 2009. In Italia è stato pubblicato nel 2011 dalla casa editrice Bollati Boringhieri di Torino e a Gennaio del 2015 è stato ristampato dalla stessa casa editrice nella serie “Le Piccole Varianti”. La traduzione è di Giulio Lupieri. Altri romanzi ha scritto la Kay e come nel primo centrale risulterà in essi la figura femminile, la donna vista nel rapporto con l’uomo, l’amore, la famiglia, la religione, la vita, la storia in un periodo, il XX secolo, che tanti cambiamenti ha comportato, tanto ha significato per lei, per i suoi diritti, le sue esigenze, il suo riscatto dalla condizione di dipendenza dall’uomo che durava fin dall’antichità. Una donna libera, nuova, una donna animata da proprie aspirazioni, ambizioni, dagli entusiasmi che i tempi moderni avevano diffuso ovunque vorrebbe rappresentare la Kay nelle sue opere ma deve constatare che non ancora completata è quella liberazione, non ancora la donna, pur se giunta al XX secolo, può dirsi del tutto affrancata dai pesi che per tanto tempo sono gravati su di lei. Sospesa si trova tra antico e nuovo, dipendenza e libertà, obbedienza e rifiuto, secondo e primo piano e in questa condizione la scrittrice mostra le sue donne, intorno ad esse costruisce vicende articolate, complesse e le esprime con un linguaggio così sicuro, appropriato, aderente alle tante situazioni rappresentate, alle loro tante particolarità da farle apparire vere, naturali, farle scorrere con facilità, farle sentire vicine a chi legge, fargliele vivere.
Questo avviene pure ne La corsa del vento, anzi per la giovane protagonista inglese Jennet ancora più grave è lo stato di sospensione, di divisione tra vecchi e nuovi tempi, tra i richiami, i doveri di figlia, moglie, madre e il suo bisogno di evasione. Più delle altre donne della Kay soffre Jennet poiché fin da bambina si è istintivamente sentita incline a disegnare, dipingere, tradurre in colori, in immagini, in figure quanto le si offriva allo sguardo e fin da allora ha lottato per avere il tempo, il luogo, il modo necessario per farlo. Sposerà David già noto per la sua attività pittorica, già molto stimato per i suoi quadri negli ambienti culturali londinesi, avrà dei figli, vivrà con la famiglia a Londra e poi in altri posti della sua Inghilterra. Vi si trasferirà quando, diventata anche lei pittrice di successo, cercherà i luoghi, le condizioni ideali per dipingere . La sua pittura rifletterà i vari momenti, ambienti della sua vita, li rappresenterà, li tradurrà in immagini, colori che ne faranno dei simboli dal significato esteso, universale. Opere d’arte diventeranno i quadri di Jennet, le commissioni, le mostre si susseguiranno con un ritmo sempre crescente e in città sempre diverse. Diventerà famosa anche oltre i confini inglesi ma intanto si ripresenteranno i problemi della famiglia e le chiederanno tempo e applicazione nonostante i suoi impegni. In casa c’erano situazioni particolari, il marito era indifferente, estraneo ad ogni responsabilità e ormai vittima dell’alcol, una figlia cresceva male, i genitori erano invecchiati, ammalati e lontani. Ma anche se artista di fama mondiale, anche se sola Jennet non si sottrarrà a questi doveri, li svolgerà mostrando che l’amore per sé, per la sua arte, non superava quello per gli altri, per la vita. Continuerà ad amare anche il marito che tanto l’aveva delusa, negherà l’evidenza, crederà sempre possibile recuperare i loro vecchi tempi, i loro passati entusiasmi e ricostruire il loro rapporto, la loro famiglia. Un amore così vasto era simile a quello che Jennet aveva per la pittura, per i suoi paesaggi, per le luci, i colori dei suoi cieli, dei suoi mari, dei suoi fiumi, dei suoi laghi, dei suoi boschi, dei suoi monti, delle sue valli, delle sue albe, dei suoi tramonti. Questi spazi infiniti aveva sognato da bambina ed ora li aveva raggiunti non solo come artista ma anche come donna, non solo nei quadri ma anche nella vita. Senza limiti era diventato il suo amore, a nessuno lo voleva negare, di tutti voleva essere, nessuna divisione ammetteva, nessuna differenza poneva. E soltanto in nome di tanto amore si spiegano gli altri uomini che Jennet accoglierà nella sua vita, non saranno amanti perché solo amore lei cercherà.
Morirà dipingendo Jennet, morirà amando e con la sua fine la Kay concluderà il romanzo. Una biografia romanzata di Jennet risulterà questo, tutta la sua vita ha voluto percorrere la scrittrice senza tralasciare quella del suo tempo. Un’epoca intera, dalla prima alla seconda guerra mondiale agli anni ‘90, scorrerà nell’opera insieme alle vicende della protagonista. Uniche e multiple saranno queste, un’immensa costruzione sarà La corsa del vento, un’opera dalle alte qualità di contenuto e di forma quale poteva venire solo da una grande scrittrice, di quelle capaci di raggiungere effetti lirici, visivi, musicali pur nella prosa narrativa.
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