I docenti per il sostegno mediatori didattici dell’inclusione

I docenti per il sostegno mediatori didattici dell’inclusione

di Salvatore Nocera

 

Sono costretto a tornare a difendere le scelte operate dalla PdL A.C. n. 2444 predisposta da FISH e FAND sul miglioramento dell’inclusione scolastica.

Stavolta l’attacco, in vero non nuovo, ma molto efficace, viene dal prof. Ianes con l’articolo pubblicato su Superando in cui si afferma che la nostra PdL ha obiettivi condivisibili, ma mezzi sbagliati. Gli obiettivi condivisibili sono sostanzialmente la formazione iniziale ed obbligatoria in servizio dei docenti curricolari sulle didattiche inclusive, apprezzata anche dalla Fondazione Agnelli nella sua recente audizione alla Camera sul DdL sulla buona scuola A.C. n. 2994.

Il mezzo sbagliato è fondamentalmente costituito dalla scelta di una formazione e ruoli separati per i futuri docenti specializzati.

Il prof. Ianes, dopo aver riassunto le norme della PdL FISH-FAND concernenti il curricolo formativo dei futuri docenti specializzati, sostiene che tale separazione facilita la delega dei docenti curricolari a quelli per il sostegno. E qui non ci siamo.

Infatti la PdL propone una serie di misure che tendono a rafforzare sia le competenze degli insegnanti curricolari che di quelli specializzati per il sostegno. Non bisogna dimenticare che nell’articolato della proposta di legge – cosa che sembra già essere stata recepita nel disegno di legge sulla Buona scuola – sono previsti corsi di formazione obbligatoria in servizio, ad inizio d’anno, di almeno 25 ore, sulle disabilità o altri bisogni educativi specifici per tutti gli insegnanti. È questo, a nostro avviso, il miglior antidoto contro il processo di delega.

Quanto alla formazione iniziale, la PdL prevede che tutti i futuri insegnanti debbano seguire almeno un semestre accademico, ossia 30 CFU, sulle tematiche dell’inclusione. Questo già è previsto per i futuri docenti della scuola primaria e dell’infanzia, ma non per quelli delle superiori, i cui corsi abilitanti all’insegnamento prevedono solo 6 CFU dedicati a ciò.

Una volta rafforzate le competenze dei docenti curricolari, si propone un percorso specifico potenziato rivolto ai futuri docenti specializzati per il sostegno didattico. Nello specifico, si prevede un percorso unico o parallelo, di durata triennale, nei corsi di laurea in scienze della formazione primaria. Al terzo anno, gli studenti potranno scegliere se specializzarsi nel sostegno o proseguire nel percorso ordinario. Senza scendere in specifiche tecniche, è intuitivamente comprensibile come alcuni insegnamenti potranno costituire ulteriore approfondimento per i docenti curricolari, mentre altri serviranno a coloro che vorranno specializzarsi nel sostegno. Non è certo l’eliminazione dell’esame di “Letteratura italiana” – per fare un esempio, scorrendo i piani di studio attualmente in vigore – che può minare la formazione di un docente di sostegno, ma tale esame potrà continuare a costituire il bagaglio formativo del docente di scuola primaria o dell’infanzia, come oggi avviene. I docenti specializzati avranno invece approfondito una serie di aspetti che non è possibile affrontare in un corso di base generalista. Riscontriamo infatti l’inadeguatezza dell’attuale preparazione quando i docenti per il sostegno si trovano a fronteggiare alcune disabilità gravi e/o specifiche. Tale è infatti il caso delle disabilità sensoriali (cecità e sordità in particolare) per le quali occorrono preparazioni adeguate (conoscenza del Braille, ad esempio) che non possono essere approfondite in un solo anno di corso insieme a tante altre; oppure il caso dell’autismo o di altre disabilità intellettive, quali la sindrome di Down, ecc.. Si chiede insomma di approfondire la pedagogia e la didattica speciale (non gli aspetti clinici) in maniera adeguata, senza però tralasciare l’impostazione di base e quell’impianto generale di conoscenze che deve restare patrimonio di ciascun docente. Ciò sarà possibile dal momento che nei primi tre anni di studi universitari tutti studieranno   pedagogia generale e didattica delle singole discipline, lingua italiana, lingue straniere, storia e geografia, matematica e scienze, tecnologie etc. Nei due anni di specializzazione dovrebbero studiare didattiche speciali con particolare attenzione a saper rispondere ai bisogni educativi speciali derivanti da diverse situazioni di disabilità: ciechi, sordi oralisti e segnanti, alunni con sindrome di Down, con autismo, con disabilità intellettive complesse o con disabilità motorie, etc. e saper collaborare coi colleghi curricolari per la realizzazione di strategie didattiche inclusive, come insegnamento cooperativo, lavoro per piccoli gruppi, “ classe capovolta “ (flipped classroom), ricerca-azione, etc., mentre nell’ultimo anno abilitante svolgerebbero tirocinio diretto ed indiretto su singoli casi. Lo stesso dovrebbe accadere anche per i corsi abilitanti all’insegnamento per la scuola superiore. Dopo la laurea triennale – che fornisce i requisiti di conoscenza della disciplina – seguirà un biennio di specializzazione sulla pedagogia e didattica speciale, per poi proseguire con l’anno di tirocinio formativo attivo da svolgere in contesti inclusivi. Ciò permetterà a questi professionisti di mantenere una cultura professionale di docenti e di acquisire un linguaggio ed una mentalità che permetterà loro di dialogare coi colleghi curricolari per saper mediare l’insegnamento delle discipline curricolari e l’apprendimento delle stesse da parte degli alunni con disabilità e tra questi ed i loro compagni. I docenti specializzati dovranno insomma anche essere i mediatori   a livello didattico dell’inclusione tra i docenti curricolari e gli alunni con e senza disabilità.

Quindi, lungi dal facilitare la delega a loro da parte dei docenti curricolari, e quindi l’isolamento degli   alunni con disabilità, divengono uno snodo indispensabile e fondamentale per l’inclusione.

La proposta da tempo sostenuta da Ianes circa la restituzione dell’80% dei docenti per il sostegno ai ruoli disciplinari, sembra poco realistica, sia perché, in tempi in cui il MIUR riduce il numero dei docenti, si avrebbe un aumento del 10% circa dei docenti curricolari, anche se specializzati (circa 80.000 docenti per il sostegno su circa 800.000 curricolari), sia perché il 90% dei docenti curricolari rimarrebbero del tutto impreparati a gestire direttamente alunni difficili che si erano abituati a delegare ai soli docenti per il sostegno. Solo dopo una generale e lunga formazione seria ed approfondita sulle didattiche inclusive dei docenti curricolari, questa ipotesi potrebbe essere presa in considerazione

Anche la parte complementare della proposta di Ianes di formare col restante 20% di docenti specializzati gruppi di consulenza itineranti sembra poco realistica, stante l’attuale assoluta impreparazione dei docenti curricolari sulle didattiche inclusive, dal momento che tali gruppi potrebbero incontrare le singole classi solo per un paio d’ore alla settimana, con costi discreti di spostamento e con possibili resistenze psicologiche da parte dei colleghi curricolari.

Anche l’ipotesi del Gruppo di docenti bis-valenti, cioè con mezza cattedra curricolare e mezza per il sostegno, rilanciata da Ianes, mi sembra in palese contrasto con l’ipotesi della nostra PdL, che vuole coi ruoli appositi per il sostegno realizzare la continuità didattica, che invece verrebbe resa difficoltosa o impossibile se gli alunni con disabilità avranno ciascuno più di un docente per il sostegno e per talune discipline curricolari. Ognun sa quanto la presenza di più docenti per il sostegno o curricolari per la stessa disciplina disorienti gli alunni, specie quelli con disabilità intellettive complesse; non per nulla si è riusciti a far abrogare dall’art 15 della l.n. 128/2013 le aree disciplinari per il sostegno nelle scuole superiori che comportavano talora la presenza di tre o quattro docenti per il sostegno con lo stesso alunno.

Giustamente osserva Ianes che bisogna guardare più ai risultati – alla buona qualità inclusiva – che ai mezzi – numero di ore di sostegno. I risultati nell’attuale sistema del sostegno sono in troppi casi negativi per discontinuità e totale delega dei docenti curricolari. Vedremo se la nostra ipotesi riuscirà a produrre risultati migliori per la qualità dell’inclusione, lavorando sugli indicatori di qualità concordati tra famiglia, docenti per il sostegno e docenti curricolari, che finalmente prenderanno in carico il progetto inclusivo, ovviamente pretendendo il rispetto dell’art. 5 comma 2 del DPR n. 81/09 che fissa a 20 il numero massimo di alunni nelle classi frequentate da alunni con disabilità, proprio per favorire, con un minor numero di alunni, tale presa in carico.

La figura di docente per il sostegno che emerge dalla nostra PdL mi pare pienamente in linea con lo stato giuridico e le funzioni per esso previste dalla normativa vigente.

Infatti, quanto allo stato giuridico, essa risponde pienamente al dettato dell’art 13 comma 6 della l.n. 104/92, secondo il quale il docente specializzato assume a tutti gli effetti la contitolarità della classe e partecipa a tutte le sue attività di programmazione e di verifica.  Quanto alle funzioni, specie quella valutativa, la proposta è in linea con gli artt. 2,4 e 6 del DPR n. 122/09 i quali stabiliscono che il docente per il sostegno valuta tutti gli alunni della classe sotto il profilo degli apprendimenti in generale, della crescita nella comunicazione reciproca, della socializzazione e delle relazioni.

A questo punto vorrei sperare che anche il professor Ianes – preso atto di quanto ho cercato di chiarire – ci aiuti a fugare leggende metropolitane come quella secondo la quale la nostra Pdl proporrebbe un futuro docente specializzato più in aree sanitarie o assistenziali che in quelle della didattica.

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