Contro la Buona Scuola verso lo sciopero del 5 maggio

CONTRO LA BUONA SCUOLA VERSO LO SCIOPERO DEL 5 MAGGIO: PER CHI SARA’ FATALE?

di Francesco G. Nuzzaci

 

Com’è stato rimarcato da pregevoli giuristi e da studiosi delle organizzazioni pubbliche, che hanno ripreso, sviluppandole, le teorie del compianto Piero Romei, l’architettura del disegno di legge delega 2994 si propone di riallineare il sistema scolastico al modello autonomistico della risalente, e a tutt’oggi inattuata, legge Bassanini del secolo scorso.

E lo fa opportunamente caratterizzandosi per la consustanziale compresenza degli essenziali elementi portanti, quali: programmazione triennale dell’offerta formativa, organico funzionale alla predetta programmazione, responsabilità primaria del dirigente scolastico – se e in quanto dirigente pleno iure e non più dimidiato – rispetto agli obiettivi della programmazione; valutazione dei docenti e del personale preposto a funzioni di supporto.

Giustamente, i principi paiono inconfutabili, nel mentre è la loro combinazione che in certi snodi sembra funzionare poco. Ovvero – per riproporre termini da noi non infrequentemente usati – sono le aporie in esso presenti che andrebbero risolte e, non meno, andrebbero sanate le persistenti omissioni, che pure avevano fatto capolino in una precedente, fugace, bozza apocrifa: con la creazione di potenziate e specializzate strutture territoriali per la gestione di tutte quelle incombenze seriali e ultronee che oggi sovraccaricano, e ora ancor più sembrano dover sovraccaricare, le istituzioni scolastiche (competenze in materia di cessazione dal servizio, pratiche pensionistiche, trattamento di quiescenza e di previdenza, progressioni e ricostruzioni di carriera, liquidazione del trattamento di fine rapporto, aggiornamento delle varie graduatorie d’istituto, gestione del contenzioso…e tutta una serie di infiniti monitoraggi e adempimenti resi ancor più faticosi da un sistema informatico che non brilla di certo per efficienza); con l’incardinamento istituzionale di un duplice middle management, della docenza e del personale tecnico-amministrativo in funzione strumentale, in grado di supportare – in modo obbligatorio e non eventuale, con competenze specifiche e inerenti dirette responsabilità – l’azione altrimenti solitaria, o semplicemente implausibile, di un dirigente dotato di presunti pieni poteri, ma in fatto intasato o ingolfato, paradossalmente spinto alla parossistica e burocratica messa a posto delle carte (perché, alla fine, solo di queste risponde); non ultimo, con una seria, vera e radicale riforma dell’apparato ministeriale, fortemente alleggerito e ri-professionalizzato, ad occuparsi solo delle funzioni di indirizzo, coordinamento, verifica, redistribuzione delle risorse, per lasciare alle autonomie scolastiche, in sinergia con i territori di riferimento, l’elaborazione, la gestione e le conseguenti responsabilità del proprio progetto formativo.

Naturalmente non se ne farà nulla. Perché è ben vero – almeno a nostro giudizio – che La buona scuola, veicolata dall’irrefrenabile facondia del nostro volitivo premier, aduso a parlar per metafore e a sunteggiare in slogan anche quel che non sembra essere in grado di padroneggiare compiutamente, necessita di correttivi e di solide integrazioni, incluse quelle poc’anzi evidenziate.

Ma i sindacati rappresentativi del comparto scuola, ed appendici, hanno realizzato quell’autentico capolavoro nell’aver deciso, finalmente uniti dopo sette anni, di proclamare lo sciopero contro il disegno di legge del Governo Renzi, facendo probabilmente schiattare d’invidia postuma il duo Berlusconi-Gelmini, che tanto onore non era riuscito a meritarsi.

La data, più che per evocare un celebre fatto storico che pure si vorrebbe replicato, nel suo esito fatale, per un interlocutore politico che da’ mostra di voler tirar dritto, sembra essere stata scientemente decisa perché coincidente con l’inizio delle mai digerite prove INVALSI, nell’evidente scopo di mettergli pressione. Non ci vorrà molto tempo per capire se l’azzardo sarà stato premiato o sarà rubricato come una scelta suicida.

Il punto è che, oggi come oggi, il risultato sembrerebbe quello di aver reso il controverso disegno di legge praticamente inemendabile.

Perché il prezzo politico da corrispondere per far rientrare lo sciopero di chi – a memoria dell’attempato sessantenne che qui scrive – dice sempre no e solo no è altissimo: stralcio delle assunzioni di un precariato che sembra quotidianamente proliferare come i funghi in un’umida giornata autunnale, oggetto di un apposito decreto legge, e ritiro – senza se e senza ma – di tutte le altre disposizioni all’esame del Parlamento, perché di esclusiva pertinenza del contratto, cioè di quella deleteria pratica consociativa che ha trasformato la scuola – e intende mantenerla – in un impieghificio e il suo personale in anonimi, piatti, indifferenziati e fungibili lavoratori, sia pure della conoscenza (sic!), con stipendi da morti di fame, ridicoli o quasi, se ricordiamo le parole del Presidente del Consiglio, in cambio protetti da una fitta maglia di garanzie e dal rischio di dover dar conto delle loro prestazioni; e lo stesso è a dirsi dei dirigenti scolastici, cioè aggettivati siccome dirigenti diversi dagli altri dirigenti veri, quindi surrettiziamente astretti nel comparto scuola, reclusi e tenuti sotto scacco in un’apposita area a contemplare la loro sublime specificità, perciò non valutati – fino a quando, presumibilmente a fine millennio, non sarà finalmente definito un Sistema ritenuto idoneo a coglierne la loro ineffabile complessità –, e naturalmente pagati da dirigenti pezzenti per l’unico mercato, inesorabilmente segnato dallo stigma di minorità, per cui li si vuole – o si sentono essi per primi? – disponibili.

E proprio i dirigenti scolastici, quale perno su cui ruota La buona scuola, sono diventati l’esclusivo bersaglio dei sindacati proclamanti lo sciopero, quattro dei quali parimenti rappresentativi della loro controparte, ieri datoriale e oggi padronale; sottoposti a sistematico dileggio e destinatari degli epiteti più vergognosi, in uno sbracato crescendo rossiniano.

Tal che i dirigenti scolastici non devono essere attributari delle ordinarie facoltà sancite dalla legge per tutti i dirigenti pubblici (D. Lgs 165/01, segnatamente artt. 4 e 17 come modificati e integrati dal D. Lgs 150/09, cd. Riforma Brunetta). Quindi non devono, perché è tutto di competenza del contratto?:

-adottare gli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa e di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo, con correlata responsabilità esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati;

-attuare i progetti e le gestioni assegnate, con l’adozione dei relativi atti e provvedimenti amministrativi ed esercitando i poteri di spesa e di acquisizione delle entrate;

-dirigere, coordinare e controllare l’attività dei dipendenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia;

-svolgere tutti gli altri compiti delegati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali;

-concorrere nell’individuazione delle risorse e dei profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti dell’ufficio, o struttura organizzativa, o istituzione, cui si è preposti, anche al fine dell’elaborazione del documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale;

-gestire il personale e le risorse finanziarie e strumentali assegnate ai propri uffici;

-delegare, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, alcune competenze proprie a dipendenti che ricoprono le posizioni funzionali più elevare nell’ambito degli uffici affidati;

-infine, valutare il personale assegnato ai propri uffici, nel rispetto del principio del merito, ai fini della progressione economica…nonché della corresponsione di indennità e premi incentivanti.

Perché, per l’appunto sono dirigenti specifici, ciò è a dire dirigenti per finta, e che tali devono restare.

Ovviamente – e peraltro i sindacati di comparto lo dichiarano apertis verbis – in quanto dirigenti finti non possono, e non devono, essere collocati nel ruolo unico della dirigenza statale, e neanche nelle sezioni speciali ivi prefigurate ma implicanti la previa ed obbligata inclusione in esso, al di fuori del quale ex lege (art. 10 del parallelo disegno di legge delega n. 1577, in discussione al Senato) semplicemente non vi è dirigenza, ancorché possa essere conservato il mero nomen iuris, e a qualcuno ciò sembri bastevole!

Cederà il nostro Presidente del Consiglio?

Ad oggi e in base a quel che si legge sulla stampa, nel mentre da un lato si appresta a scrivere al vasto popolo della scuola una lettera per spiegare e far condividere una riforma contro cui i sindacati fanno sciopero perché hanno paura che noi gli togliamo il diritto di fare quello che vogliono, dall’altro parrebbe voler concedere agli stessi non poco.

Provando a sintetizzare:

-Il Piano triennale sarebbe solo proposto dal dirigente, ma poi elaborato dal Collegio dei docenti e infine approvato dal Consiglio d’istituto. E andrebbe pure bene, perché conforme alla normativa figurante nel D.P.R. 275/99, Regolamento dell’autonomia;

-Sembrerebbe anche ragionevole assicurare l’assunzione degli idonei degli ultimi concorsi con precedenza sui futuri vincitori, così come riservare una quota di posti, sempre a carico dei futuri concorsi, agli abilitati dei vari percorsi, unitamente al loro esonero dalle prove preselettive;

-Prima della piena attivazione degli albi territoriali si dovrebbe assicurare una mobilità straordinaria ai docenti di ruolo, una volta inclusi nel piano di assunzioni. Ma ciò procrastinerebbe una misura ritenuta essenziale.

Decisamente indigeste, e discretamente confuse, si prospettano le altre notiziate modifiche:

-Togliere al dirigente le prerogative di attribuzione del bonus annuale ai docenti più meritevoli, per affidarle a un gruppo di valutazione, non si sa se esterno o formato dai cd. pari, in tal caso integrato o meno dalla presenza del dirigente. Ed, estensivamente, non luogo ad una generalizzata valutazione del dipendente personale;

-La chiamata dagli albi territoriali verrebbe affidata al Consiglio d’istituto, in cui il dirigente avrebbe, si presume, il solo potere di proposta;

-Resterebbe la facoltà del dirigente di scegliersi il suo staff, ma talune fonti la riattribuirebbero al Collegio dei docenti: e sarebbe un bel salto all’indietro, alla previsione pre-autonomistica del T.U. 297/94, prima dell’attribuzione della qualifica dirigenziale – farlocca – ai già capi d’istituto.

Se veramente Renzi cederà, la sua Strepitosa rivoluzione, dichiarata madre di tutte le riforme per rimodernare l’Italia, andrà a carte quarantotto.

E la scuola resterà impantanata nella sua attuale palude per almeno un’altra generazione.