Scuola, attuazione in 9 deleghe e 24 decreti

da Il Sole 24 Ore

Scuola, attuazione in 9 deleghe e 24 decreti

di Claudio Tucci

L’inizio di un percorso di valutazione degli insegnanti? Per ora sarà poco più di una sperimentazione: al termine infatti del triennio 2016-2018 gli Uffici scolastici regionali dovranno inviare al Miur una relazione sui criteri adottati dalle scuole per premiare i docenti meritevoli; poi dovrà essere istituito un apposito tavolo tecnico ministeriale per arrivare (chissà quando, e comunque «previo confronto con parti sociali e rappresentanze professionali») a stilare linee guida nazionali per la valutazione dei docenti (rivedibili annualmente). Anche il voucher di 500 euro all’anno per la formazione continua dei professori, sulla carta dovrebbe partire subito, ma la sua attuazione concreta richiede l’emanazione di un Dpcm, di concerto con Miur e Mef, che dovrà definire criteri e modalità di assegnazione e utilizzo della somma. Senza contare che pure le prime semplificazioni di alcune norme regolatorie degli Its, per essere realizzate, debbono attendere l’emanazione di un decreto interministeriale. Polemiche e ricorsi a parte (su cui si veda altro articolo qui sotto) l’attuazione della riforma della scuola si presenta come una strada in salita: serviranno almeno 24 provvedimenti amministrativi per rendere operative alcune norme del provvedimento, oltre a ben 9 deleghe con le quali il governo intende riscrivere ampie parti della normativa scolastica, a partire dall’accesso all’insegnamento nella scuola secondaria, al riordino delle classi di concorso (fondamentale prima di bandire il nuovo concorso a cattedre per circa 60mila posti il 1° dicembre), al nuovo sistema di istruzione 0-6 anni, alla revisione dei percorsi dell’istruzione professionale.

E se per il potenziamento di arte, musica, lingue, diritto ed economia, saranno essenzialmente le scuole, nella loro autonomia, a decidere, per il decollo del «curriculum dello studente», con la possibilità cioè per i ragazzi dal terzo anno delle superiori di individuare materie opzionali di studio, servirà accanto al Dm – da emanare sentito il garante per la privacy, per disciplinare le modalità di trattamento dei dati inseriti nel curriculum – una direttiva ministeriale.

Anche la valutazione dei dirigenti scolastici e il collegamento con la retribuzione di risultato per “entrare in vigore” dovranno passare attraverso il confronto sindacale, e in ogni caso sarà il Miur a dover dettare le linee d’indirizzo. Sono state attenuate, direttamente nella legge Renzi-Giannini, le conseguenze del mancato superamento del periodo di formazione di prova per i docenti neo assunti. In caso di pagella negativa, non scatterà subito il licenziamento, ma gli insegnanti avranno una seconda chance: dovranno sottoporsi a un secondo periodo di formazione e di prova, non rinnovabile. Per i docenti di ruolo la formazione in servizio diventa obbligatoria, ma le attività formative devono essere definite dalle scuola sulla base di indicazioni nazionali adottate ogni tre anni con un decreto Miur.

Una delle nove deleghe contenute nella riforma si riferisce all’istruzione professionale. Ma anche l’istruzione tecnica, riformata cinque anni fa sempre da Mariastella Gelmini, ha bisogno di un check-up attento. Se non altro perché tutta la filiera tecnico-professionale deve essere più legata al mondo produttivo: quando usciremo dalla crisi, ci sarà bisogno di personale specializzato che le scuole devono saper formare secondo quello che serve alle imprese.

In questo senso il potenziamento, e l’obbligatorietà, dell’alternanza scuola-lavoro è un passo positivo. Tuttavia a settembre ci sarà un sistema “misto”. Le novità della riforma (l’innalzamento ad almeno 400 ore nei tecnici e professionali, e ad almeno 200 ore nei licei) si applicheranno solo ai ragazzi delle classi terze. E poi nei successivi due anni si estenderà a quarte e quinte. Per i ragazzi di quarta e quinta, quindi, a settembre varrà “la vecchia alternanza”: e cioè circa 70 ore l’anno, non obbligatorie.

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